Di Maio-Conte, le due visioni inconciliabili su governo e futuro del M5S. Con l’ombra di una scissione

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di Emanuele BuzziIl ministro degli Esteri teme che il Movimento finisca in un vicolo cieco Quello di ieri è solo il gong: è l’inizio di un duello che potrebbe protrarsi a lungo (e che ha radici antiche, che partono dal governo gialloverde). Giuseppe Conte e Luigi Di Maio sono metaforicamente come due pugili pronti a darsele di santa ragione, tutti e due in nome del Movimento. Stavolta il ministro degli Esteri ha atteso, non ha agito d’impulso come fu a gennaio per il Quirinale: ha soppesato le parole del presidente. Ha guardato i risultati elettorali, ipotizzato l’andamento dei Cinque Stelle, sentito le giustificazioni del leader (comprese le interferenze dovute alle tensioni interne), ascoltato i parlamentari a lui vicini. E si è mosso. I vertici sono rimasti «sorpresi» dalla tempistica, visto che le dichiarazioni del ministro sono state rilasciate in un «giorno importante» per la politica estera e sottolineano anche come siano sembrate inappropriate le frasi sulla democrazia interna. Secondo l’inner circle che guida il M5S a spingere il titolare della Farnesina sono le votazioni sul tetto dei due mandati (la norma che vincola gli stellati a fare solo due legislature da politici di professione, limite che molti M5S hanno raggiunto) e il fatto che Conte non abbia voluto esprimersi in difesa dei big. I dimaiani fanno spallucce: sorridono all’idea che Di Maio possa essere spaventato dai due mandati. E aprono una questione politica: c’è chi parla di visione del Paese, chi di mancata inclusività, chi di «progettualità assente». La sensazione che circola nel Movimento è che ci siano due idee radicalmente diverse, inconciliabili, della rifondazione stellata (voluta anche da Di Maio). «Luigi ha detto cose giuste, ma nel modo sbagliato», dicono alcuni insospettabili. Di sicuro il tema dei due mandati infiamma anche chi si è schierato con Conte ed è alla seconda legislatura. Diversi sono i big a rischio. Il presidente è deciso ad andare avanti: vuole un partito compatto con volti nuovi e una nuova identità. Il ministro, invece, teme che gli stellati si stiano infilando in un vicolo cieco, con una identità indefinita e con un blocco monolitico ai vertici miope nei confronti delle altre sensibilità. Cosa accadrà ora? Le espulsioni non sono una carta sul tavolo. E poi, viste le controversie legali in atto che indirettamente limitano l’azione dei probiviri, al momento la sanzione più probabile potrebbe essere una sospensione per eventuali dissidenti. La scissione è una carta che va tenuta in considerazione, ma non con tempi rapidi. Ciò che è certo è che una scissione spaccherebbe in modo irrimediabile il Movimento. Ci saranno altri round. Il primo, che potrebbe far precipitare la situazione, è tra soli quattro giorni. La risoluzione sull’Ucraina del 21 giugno potrebbe essere uno spartiacque. Le frasi sull’antiatlantismo contiano sono solo l’antipasto. Le due visioni si scontreranno e potrebbero nascere polarizzazioni con percorsi opposti. «L’Italia ha bisogno di un sistema politico che sappia mettersi in discussione per dar vita a una fase costituente e affrontare le riforme di cui il Paese ha bisogno. Il leaderismo ha fallito», dice Vincenzo Presutto. Per il senatore «il Movimento è morto, quello che sta nascendo è qualcosa di anacronistico». Il round successivo potrebbe arrivare una settimana dopo proprio con la votazione sul limite dei due mandati. Al momento, secondo le indiscrezioni, l’ipotesi più probabile è che agli attivisti venga prospettata una possibilità di inserire eventuali deroghe per meriti. «Una lista di nomi ancora non c’è», assicurano nel partito. 16 giugno 2022 (modifica il 16 giugno 2022 | 23:10) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-06-16 21:11:00, Il ministro degli Esteri teme che il Movimento finisca in un vicolo cieco, Emanuele Buzzi

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