Cosa ci insegna il ritorno dei giapponesi  al nucleare (nonostante Fukushima)

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Che cos’ha capito il 70% dei giapponesi sul nucleare, che noi continuiamo a non voler capire? Nonostante la sua memoria storica traumatizzata dall’Olocausto nucleare di Hiroshima e Nagasaki nel 1945, nonostante la più recente tragedia di Fukushimanel 2011, ora il Giappone torna all’energia atomica.

Lentamente, cautamente, ma con determinazione. È una delle «conseguenze economiche di Vladimir Putin». Prima dell’invasione dell’Ucraina, la Russia forniva al Giappone l’11% delle sue importazioni di carbone, il 9% dei suoi acquisti di gas naturale, il 4% delle sue importazioni di petrolio. Sono percentuali di dipendenza inferiori mediamente a quelle europee (soprattutto per il gas) ma comunque eccessive agli occhi di Tokyo nel nuovo contesto geopolitico. Di qui la rivalutazione del nucleare. Fino allo tsunami che provocò l’incidente nella centrale di Fukushima undici anni fa, questa fonte forniva quasi un terzo dell’elettricità consumata dai giapponesi. Lo shock di Fukushima portò alla chiusura di tutti i 54 reattori del paese. Anche se va ricordato che il bilancio certo di quell’incidente è limitato: un morto e 16 feriti, cioè meno vittime rispetto a tanti tragici ma “banali” incidenti sul lavoro che affliggono i cantieri italiani.

Solo una valutazione estremamente larga e prudenziale delle vittime indirette – una stima controversa, che non raccoglie un consenso unanime nella comunità scientifica, per l’attribuzione a Fukushima di malattie non necessariamente collegate (inclusi traumi psichici, depressioni e suicidi) – è arrivata ad alzare il bilancio fino a quota 570. In ogni caso l’effetto immediato dell’incidente di Fukushima spostò l’opinione pubblica: all’epoca il 70% dei giapponesi erano favorevoli a dare l’addio al nucleare.

Oggi la situazione si è esattamente capovolta: il 70% sono d’accordo per tornare a dipendere dall’energia atomica. Questo rovesciamento del sentimento pubblico consente al premier Kishida Fumio di passare all’azione: il 24 agosto ha annunciato la riapertura delle centrali inattive ed anche la costruzione di una nuova generazione di reattori.



Al momento sono tornati in attività 10 reattori, sui 17 che hanno già superato tutti i test di sicurezza
resi più rigorosi dopo Fukushima. Sono in tutto 33 i reattori destinati a tornare a generare elettricità; in attesa che vengano costruiti quelli di nuova generazione.

Dunque, cos’hanno capito i giapponesi? Che il nucleare è sicuro, malgrado il forte impatto emotivo legato ai tragici incidenti che ricordiamo. Questa affermazione fa sobbalzare alcuni lettori del Corriere, che mi hanno chiesto spiegazioni su un passaggio del mio editoriale di oggi, lì dove scrivo: «La mortalità provocata dalle centrali (incluse le vittime di Cernobyl e Fukushima) è la stessa del solare». Ma i dati dicono proprio questo. Le fonti possono essere verificate qui. Come si arriva a questa conclusione? Ogni forma di generazione di energia elettrica – come ogni attività umana, purtroppo – ha un bilancio di vittime. Ci sono gli incidenti di lavoro, che accadono nei vari passaggi: dalla fabbricazione dei macchinari e delle infrastrutture fino al funzionamento delle centrali stesse. Ci sono le malattie – soprattutto cardiache e respiratorie – provocate dall’inquinamento.

Non esistono fonti “pulite” al 100%. Per fabbricare un pannello fotovoltaico si estraggono silicio e altri minerali, in miniere dove accadono incidenti, e dove si generano emissioni carboniche, particelle tossiche, ecc. Per trasportare una pala eolica si usano camion che vanno ancora a diesel. Chi calcola la mortalità associata ad una particolare fonte di energia, quindi, fa una stima di tutte le vittime dirette e indirette. È così che si arriva alla conclusione che appare “contro-intuitiva” a molti lettori, non necessariamente militanti dell’anti-nucleare, ma preoccupati per la sua presunta pericolosità.

Includendo i due più gravi incidenti nucleari della storia – i quattromila morti di Cernobyl e le 570 vittime “indirette” che vengono attribuite a Fukushima – l’energia atomica resta tra le più sicure che abbiamo, come potete controllare nelle tabelle e nei dati, è alla pari con vento e sole. La mortalità misurata in proporzione all’energia generata, vede in testa il carbone con 24,6 decessi per terawatt-ora (soprattutto malattie da inquinamento), seguito da petrolio, biomasse, gas naturale, idroelettrico. Il numero di vittime del nucleare per terawatt-ora è 0,03 cioè paragonabile a eolico e solare.

L’insicurezza del nucleare fa presa sull’immaginario collettivo. All’origine il movimento anti-nucleare mise insieme in un amalgama anti-scientifico le campagne contro le armi di distruzione di massa e l’energia atomica a scopi civili. Qualcuno ci prova ancora, di fronte alle minacce russe contro la centrale di Zaporizhzhia, a sostenere che ogni reattore atomico è l’equivalente di un arsenale di bombe nucleari. Va anche ricordato che l’origine storica più antica del movimento anti-nucleare riale alla campagna di Stalin contro le atomiche americane lanciate su Hiroshima e Nagasaki; poi fu messa in sordina non appena l’Unione sovietica riuscì a sua volta a dotarsi di quell’arma.

Negli ultimi tempi gli anti-nucleari hanno quasi smesso di parlare di sicurezza e hanno puntato su un’obiezione nuova, quella sui costi: i reattori atomici sarebbero un salasso per il contribuente. Ma il nucleare costa troppo perché abbiamo smesso di investire, quindi sono venute meno le economie di scala (i guadagni di produttività e di efficienza derivanti dall’aumento di costruzioni di nuovi reattori) ed è stato rallentato il progresso tecnologico. Non a caso sono diventati più competitivi i reattori nucleari fabbricati dalla Cina e dalla Russia, due paesi che hanno continuato a scommettere su questa energia. Infine resta l’ultima obiezione, quella sulle scorie. Me ne sono già occupato in passato, voglio rimandare a due risposte. La prima è la nuova tecnologia di seppellimento delle scorie su cui lavora la Finlandia. L’altra è la frontiera della fusione nucleare – che non genera scorie radioattive – su cui investono diverse aziende e molti Paesi.

2 settembre 2022, 12:19 – modifica il 2 settembre 2022 | 15:15

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, 2022-09-02 13:30:00, Dopo l’invasione dell’Ucraina, Tokyo ha capito che il nucleare è sicuro. Malgrado l’impatto emotivo degli incidenti. Le vittime sono paragonabili a quelle dell’eolico o del solare: ecco i dati che lo dimostrano, Federico Rampini

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