Da Covid Zero a mortalità (quasi) zero: così Xi pensa di cambiare la strategia della Cina sulla pandemia

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Dopo le proteste, Xi Jinping inizia ad allentare le restrizioni legate alla pandemia: si è convinto che la variante Omicron sia meno pericolosa

Immagini e affermazioni nuove sull’allentamento della linea Covid Zero arrivano dalla Cina e corrono sui social.

Si vedono cabine per i tamponi ritirate dalle strade di Pechino, aeroporti che tolgono i cartelloni con l’ordine di test negativo per entrare; addirittura vigilanti in tuta bianca che si sono scritti sulla schiena, a pennarello: «Fine».

Il fatto più significativo è che Xi Jinping si è convinto che Omicron è meno pericolosa e che gli studenti cinesi hanno protestato perché sono frustrati per i tre anni di vita sospesa, prigioniera nella gabbia delle restrizioni sanitarie. Si potrebbe anche ipotizzare che al momento Xi ritenga più pericoloso il virus delle proteste nelle università rispetto al coronavirus.

Non ha parlato in pubblico Xi Jinping, maha riferito le sue considerazioni a Charles Michel , il presidente del Consiglio europeo che gli ha fatto visita giovedì a Pechino (qui l’intervista).

Funzionari di Bruxelles riferiscono che il leader cinese ha detto proprio questo: «La variante Omicron è risultata meno letale e dunque permette maggior flessibilità nelle restrizioni sanitarie». E poi avrebbe osservato che le proteste scoppiate lo scorso fine settimana a Shanghai, Pechino, in altre decine di città e campus universitari sono il segno che «la gente è frustrata» dopo tre anni di pandemia, «soprattutto i giovani».

Debbono aver causato un forte allarme tra i compagni del Politburo comunista le immagini delle manifestazioni (e i rapporti della sicurezza statale sul sentimento della gente). C’è stata una virata, se non proprio un’inversione di rotta.

La stampa statale e la vicepremier Sun Chunlan, finora inflessibile zarina del Covid Zero hanno preparato il terreno annunciando «la scoperta degli scienziati cinesi sulla patogenicità di Omicron geometricamente calata». La Cina può entrare in «una fase nuova» , ha detto Sun.

Le autorità di diverse metropoli hanno cominciato a comunicare misure per l’allentamento della pressione: a Pechino nel distretto centrale di Chaoyang, abitato dalla classe media, i positivi asintomatici e i loro contatti stretti potranno fare la quarantena a casa (non più in centri di controllo simili a lazzaretti); da lunedì ritirato l’obbligo di tampone negativo nelle 48 ore precedenti per prendere i mezzi pubblici ed entrare in centri commerciali e parchi pubblici.

Disposizioni simili a Tianjin, Guangzhou, dove martedì scorso c’era stata guerriglia urbana; a Chengdu, a Shenzhen.

Non c’è da credere che Xi dichiari pubblicamente la fine del tentativo di azzerare il coronavirus dal territorio nazionale: sarebbe ammettere di aver sbagliato i calcoli e la politica sanitaria e sociale. Ma le parole apparentemente pronunciate da Xi nel colloquio con Michel e quelle dette in pubblico dalla vicepremier Sun fanno pensare che il Partito sia pronto finalmente a ritirarsi dalla trincea insostenibile del Covid Zero per attestarsi su quella della «mortalità zero».

Impossibile anche questa, come sappiamo (in Italia ci sono ancora 500 morti a settimana). Ma le autorità cinesi si sarebbero convinte che una forte ripresa della campagna di vaccinazione possa limitare il costo umano dell’operazione. E sta preparando l’opinione pubblica a sopportare un certo numero di morti, nella fascia più anziana della popolazione: la settimana scorsa Pechino ha dichiarato tre decessi di pazienti tra gli 87 e i 91 anni, aggiungendo che soffrivano di patologie pregresse e che il Covid ha dato solo il colpo di grazia.

La Commissione sanitaria centrale ha comunicato che nelle ultime 24 ore sono stati rilevati 33.018 casi di positività, dei quali 29.085 asintomatici (più o meno lo stesso numero dell’Italia, ma su 1,4 miliardi di cittadini, non meno di 60 milioni come da noi). Il dato fa pensare che il picco di contagi in Cina sia vicino, dicono le autorità.

«Scoperto» che con i vaccini si può evitare nella stragrande maggiorana dei casi la malattia grave e il ricovero, la Cina forse è pronta a convivere con gli strascichi della pandemia.

Il dubbio più grave riguarda l’esperienza dei Paesi che già da molti mesi hanno scelto la «strategia di uscita» dall’emergenza permanente: a Taiwan, ci sono stati 11 mila decessi in sei mesi e l’isola ha un sistema sanitario migliore di quello cinese e una diffusione della vaccinazione più alta. Se si fa la proporzione tra quel dato e la popolazione della Cina si arriva a 620 mila morti. Ma ci sono studi che portano il numero dei morti nella nuova fase a due milioni.

L’Organizzazione mondiale della sanità, da Ginevra si dice «compiaciuta» nel vedere l’allentamento di alcune restrizioni in Cina. «È davvero importante che i governi ascoltino le loro popolazioni quando esprimono sofferenza», ha detto il dottor Michael Ryan che dirige il Dipartimento Emergenze dell’Oms. Il direttore dell’Organizzazione, il dottor Tedros Adhanom Ghebreyesus, però avverte che una nuova variante capace di causare «mortalità significativa» è sempre possibile. La Cina è in stato confusionale, ma anche il governo sanitario del pianeta è sempre ostaggio dei dubbi.

3 dicembre 2022 (modifica il 3 dicembre 2022 | 14:32)

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, 2022-12-03 15:16:00, Dopo le proteste, Xi Jinping inizia ad allentare le restrizioni legate alla pandemia: si è convinto che la variante Omicron sia meno pericolosa , Guido Santevecchi

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