Ucraina-Russia, Lavrov: «Armi a lunga gittata? Reagiremo avanzando di più»

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di Marco ImarisioTre Stati chiudono lo spazio aereo, salta la visita in Serbia del ministro degli Esteri. Che attacca: «Grave atto di protervia». Gli Usa: «Il dialogo resti aperto» Parlare, si parla ancora. Per dirsi le cose peggiori. In questo continuo scrutare ogni minimo segnale per capire se esistono spiragli per un dialogo, ieri la scelta del ministero degli Esteri russo di fare una conferenza stampa online aperta ai media americani era sembrata un piccolo passo in avanti. Ma Serghey Lavrov, reduce dall’annullamento del suo viaggio in Serbia a causa della decisione congiunta di Macedonia del nord, Bulgaria e Romania di chiudere il loro spazio aereo per impedire il passaggio del suo volo, non ha fatto alcuna concessione. Anzi. Parole dure, all’insegna dell’occhio per occhio e di un certo ottimismo sull’andamento favorevole dell’Operazione militare speciale. «Quanto più a lunga gittata saranno i sistemi missilistici forniti al regime di Kiev, tanto più lontano sposteremo i nazisti da quella linea da dove provengono le minacce alla popolazione russa dell’Ucraina e della Federazione russa». Un concetto ribadito due volte, quasi a sottolinearlo, e renderlo più fruibile. «Se l’Occidente fornirà armamenti che con tutta evidenza saranno capaci di raggiungere non solo le zone confinanti ma anche quelle più profonde della Federazione russa, noi reagiremo avanzando». All’interno del territorio ucraino, per il momento. Alla naturale obiezione di un giornalista su questa logica che sembra ignorare l’esistenza di un conflitto deciso dal Cremlino, Lavrov ha replicato come sempre, citando il passato recente, e i presunti torti subiti dal suo Paese. «Ridurre la situazione alla formula “se non ci fosse stata l’Operazione speciale non ci sarebbero state forniture di armi” è scorretto e semplicistico. Si tratta piuttosto del fatto che per venti anni la Gran Bretagna, gli Usa e altri membri della Nato sono stati avvertiti: cari amici, avete sottoscritto un trattato nel 1999 dove dicevate che nessuno avrebbe rafforzato la propria sicurezza a scapito della sicurezza altrui. Perché non lo potete fare? Perché ciò si è rivelato una menzogna? Infatti, ora dite che accettate chi volete, che lasciate fare, e per cinque volte vi siete espansi, avvicinandovi sempre più alle nostre frontiere». Muro contro muro, al momento non c’è nient’altro che questo. Ogni decisione contraria viene letta come un affronto. A cominciare dal blocco della missione presso la Serbia, uno dei pochi Paesi amici rimasti alla Russia in Occidente. «L’impensabile è accaduto» ha detto Lavrov. «Si è trattato di un grave atto di protervia, della privazione del diritto di uno Stato a svolgere la propria politica estera. Ci saranno conseguenze». Amen. Ieri mattina la Tass aveva diffuso il testo di una interessante intervista all’ambasciatore americano a Mosca John Sullivan, che sembrava lasciare una porta aperta al dialogo tra Usa e Russia. «Per raccogliere e riparare quello che è stato frantumato dagli eventi di quest’anno, ci vorranno tanti sforzi. Mi chiedo sempre da dove cominciare. Intanto le nostre ambasciate a Mosca e Washington restano aperte, anche se ora abbiamo pochi temi da discutere. I nostri cosmonauti ed astronauti rimangono a bordo della ISS, le nostre agenzie spaziali sono interdipendenti, gli stessi astronauti nello spazio sono tutti fratelli e sorelle. Ci sono state telefonate tra i ministri delle Difesa e tra i capi degli Stati Maggiori. E si tratta di un bene. Bisogna tenere aperti questi canali di comunicazione. Dobbiamo mantenere la capacità di parlare l’uno all’altro. C’è poco altro da aggiungere a questo». Poi è arrivato Lavrov. In una intervista del 1983, Andrey Gromyko, che fu ministro degli Esteri dell’Urss per 28 anni, disse che spesso in diplomazia le giornate che cominciano bene finiscono male. Ieri ne abbiamo avuto l’ennesima prova. 6 giugno 2022 (modifica il 6 giugno 2022 | 22:30) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-06-06 19:45:00, Tre Stati chiudono lo spazio aereo, salta la visita in Serbia del ministro degli Esteri. Che attacca: «Grave atto di protervia». Gli Usa: «Il dialogo resti aperto», Marco Imarisio

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