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Ucraina, dal Papa critiche più nette a Mosca dopo una mediazione tutta in salita

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di Massimo FrancoUno degli uomini più vicini a Francesco: «La Santa Sede ha deciso di schivare l’abbraccio strumentale delle destre cristiane schierate in modo più o meno larvato con Vladimir Putin» «Il Papa negli ultimi giorni ha rafforzato molto la condanna dell’aggressione russa all’Ucraina. In questo modo ha reso più netta la posizione vaticana, che non è mai stata equidistante ma si preoccupava di offrire una mediazione. L’offerta è stata lasciata cadere un po’ da tutti, anche perché il Vaticano può facilitare un negoziato solo se esiste la volontà di aprirlo davvero. E alla fine la Santa Sede ha deciso di schivare l’abbraccio strumentale delle destre cristiane schierate in modo più o meno larvato con Vladimir Putin». L’analisi arriva da uno degli uomini più vicini a Francesco. E racconta come in quattro settimane di conflitto la posizione vaticana abbia virato verso un giudizio più duro sulla guerra decisa unilateralmente da Mosca: sebbene la volontà di mediare rimanga, caldeggiata dall’Ucraina. Il primo segnale che qualcosa stava cambiando è arrivato il 18 marzo quando il cardinale Pietro Parolin, «primo ministro» della Santa Sede, ha affermato che il diritto «a difendere la propria vita, il proprio popolo e il proprio Paese comporta talvolta il triste ricorso alle armi». Indirettamente, la sua presa di posizione è parsa giustificare anche i rifornimenti militari che il governo dell’Ucraina riceve. La decisione ha trovato forti resistenze nelle file del pacifismo religioso, amplificate dalla stampa cattolica: al punto da delineare in Italia un’inedita convergenza di Matteo Salvini con Francesco, lodato dal leader leghista per i suoi appelli alla pace. Dopo la telefonata di ieri di Francesco al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, Salvini, accusato dagli avversari di ambiguità verso Putin, ha ribadito il suo plauso al pontefice. Eppure, quella chiamata ha confermato un approccio diverso: tanto che Zelensky ha invitato il Papa a Kiev. Col passare del tempo si sono intravisti i rischi di una posizione che si limitava alla tesi di un «alt alla guerra», dando l’impressione di un conflitto nel quale Russia e Ucraina venivano messe quasi sullo stesso piano. A frustrare la voglia di mediazione di Francesco sono state inoltre le affermazioni del patriarca ortodosso di Mosca, Kirill, «braccio religioso» del putinismo. La sua legittimazione dell’attacco russo come «guerra giusta» contro l’Occidente che proteggerebbe «i Gay Pride» anticristiani, ha reso chiara la difficoltà di qualunque dialogo. E il «colloquio telematico» avuto con Francesco il 16 marzo lo ha confermato, allungando un’ombra tra cattolici e ortodossi: proprio quella che il Vaticano cerca di evitare. E pensare che il 18 febbraio, quattro giorni prima dell’attacco russo, l’uomo del Cremlino presso la Santa Sede, l’ambasciatore Aleksandr Avdeev, aveva annunciato a Genova, durante un seminario italo-russo, un incontro tra Francesco e Kirill. E alla vigilia dell’invasione sembrava confermato. «A giugno o luglio», aveva detto Avdeev: il secondo dopo quello storico del 2016 a Cuba. Ma ora la previsione è che slitterà di mesi. L’arretramento del dialogo ha dato corpo a uno degli incubi del Papa argentino: che il conflitto della Russia contro l’Ucraina si trasferisca sul piano religioso; non solo tra cattolici e ortodossi, ma dentro le stesse comunità religiose. Gli ortodossi ucraini e quelli russi sono spaccati tra di loro. E il capo dei greco-cattolici ucraini, monsignor Sviatoslav Shevchuk, ha chiesto subito al popolo di «difendere la patria» contro gli invasori russi. Francesco in queste settimane non ha mai nominato Putin. Ha negato che possa esistere una «guerra giusta». Ma i riferimenti sempre più insistiti alla «violenta aggressione contro l’Ucraina, un massacro insensato dove ogni giorno si ripetono scempi e atrocità», evocano responsabilità additate in modo inequivocabile. D’altronde, il 10 marzo anche il presidente delle conferenze episcopali europee, il cardinale lussemburghese Jean-Claude Hollerich, aveva scritto una lettera aperta a Kirill perché fermasse Putin: messaggio che sembrava rivolto anche a Roma. Sono state queste pressioni concentriche, abbinate alle notizie e alle immagini dei bombardamenti contro i civili, a suggerire parole più nette contro la guerra di Putin. Per ora prevale giustamente l’aspetto umanitario. La Chiesa cattolica insiste sull’accoglienza dei profughi ucraini e sulle perdite sui due fronti. Ma sullo sfondo si affaccia il tema di come saranno ridisegnati i rapporti tra Santa Sede e Russia, alleata del Papa argentino nella difesa delle minoranze cristiane in Siria e Medio Oriente; e se e come il conflitto cambierà lo schema bergogliano dell’equidistanza da qualsiasi blocco o alleanza internazionali. Nella nuova Guerra fredda che si va delineando dopo queste settimane sanguinose, il ruolo della Santa Sede potrebbe rivelarsi più prezioso ma più complicato. Almeno all’inizio, la diplomazia vaticana è apparsa spiazzata: tanto da far ritenere che dovrà essere ripensata a fondo per non apparire sbilanciata o, peggio, velleitaria. 22 marzo 2022 (modifica il 22 marzo 2022 | 23:04) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-03-22 22:04:00, Uno degli uomini più vicini a Francesco: «La Santa Sede ha deciso di schivare l’abbraccio strumentale delle destre cristiane schierate in modo più o meno larvato con Vladimir Putin», Massimo Franco

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