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Truffa all’Inps di Cisl e Uil, assunzioni fantasma  “La dipendente? Mai vista”

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di Luigi Ferrarella

Milano, assunzioni fittizie di lavoratori (poi in distacco) in aziende compiacenti: così funzionava il sistema dei sindacati per non pagare i contributi. Sequestro da mezzo milione di euro a una decina di sigle di Cisl e Uil. «Il posto di lavoro? Ho messo piede in ufficio tre volte e solo per firmare il contratto»

Dopo la Cisl, anche la Uil scopre – dalla Procura di Milano – quantomeno di non avere avuto anticorpi per impedire che proprie sigle territoriali o di settore, come già quelle «pizzicate» dalla Gdf e dal pm Paolo Storari tre mesi fa, partecipassero a quello che gli investigatori ritengono un sistema di «indebita fruizione» delle aspettative sindacali non retribuite. I sequestri operati per più di mezzo milione di euro a carico di dieci sigle di Cisl (già coinvolta in gennaio, ma stavolta anche proprio con la nazionale Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori) e di Uil (novità appunto di ieri) sono la seconda puntata di un film mortificante per il prestigio del fare sindacato, e che anzi lo fa paradossalmente sempre più somigliare a quelle disinvolte imprese sempre a caccia di modi per procurarsi manodopera a basso costo.

Il meccanismo della truffa

Qui, infatti, alcune sigle sindacali avrebbero a volte fatto qualcosa del genere sfruttando in maniera illecita una facoltà ammessa dallo Statuto dei Lavoratori: e cioè ricorrendo all’istituto dell’«aspettativa sindacale non retribuita», ma con fittizie assunzioni di lavoratori (poi in distacco sindacale) presso aziende compiacenti, senza quindi che venisse svolta alcuna attività lavorativa nei 6 mesi precedenti (condizione imposta dalla legge) e dunque lucrando il risparmio dei contributi previdenziali figurativi versati per legge ai lavoratori dall’Inps. I dipendenti assunti per almeno 6 mesi nelle imprese, ma mai davvero al lavoro nelle aziende perché distaccati a prestare servizio presso i sindacati, ricevevano lo stipendio dalle imprese (invece di essere, se mai, pagati dal sindacato che si giovava del loro lavoro); e a pagare i contributi pensionistici ai lavoratori, «meri strumenti del meccanismo», erano anche qui non i sindacati (per i quali in realtà lavoravano) ma l’Inps, che in questa inchiesta è non a caso indicato come parte offesa dalla truffa contestata una dozzina di sindacalisti indagati.

Le aziende compiacenti

Resta sempre valida la domanda sul perché «alcune imprese si accollino costi del personale che presta però attività lavorativa a favore dell’associazione sindacale», e cioè, per dirla sempre con le parole del gip Anna Calabi in gennaio, «resta naturalmente da capire perché le imprese private si prestino ad assecondare questo meccanismo che per loro è in perdita» visto che per 6 mesi pagano un lavoratore senza che questi faccia niente. Il che farebbe pensar male, e cioè pensare alla possibilità di un tacito baratto con una pace sindacale di comodo.

Il sequestro preventivo

Il sequestro preventivo chiesto dal pm e convalidato dal gip per l’ipotesi di reato di truffa allo Stato per oltre 500.000 euro è stato eseguito dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della GdF a carico delle sigle Feneal Uil Milano-Cremona-Lodi-Pavia, Uil Trasporti Regione Lombardia, Cisl Milano Metropoli, Femca Cisl Milano Metropoli, Federazione Energia Moda Chimica e Affini, Femca Cisl Lombardia, Felsa Cisl Lombardia, Sindacato Lavoratori Postelegrafonici Milano Metropoli, Uiltec Milano-Metropolitana-Lombardia e Fim-Cisl Milano Metropoli.

La prima tranche dell’inchiesta

In gennaio altri 600.0000 euro erano stati congelati a Cisl Milano Metropoli, Filca Metropoli, Fim Metropoli, Fim Laghi, Unione sindacale territoriale Bergamo, Femca Laghi, Femca Lombardia, Femca Metropoli, Femca Brianza, Felsa Lombardia, Fisascat Lombardia, sempre perché per i magistrati esiste «il pericolo concreto che gli enti, messi al corrente dell’indagine, possano disperdere le garanzie creditorie ed è necessario porre un vincolo alle risorse patrimoniali giacenti nei conti degli enti giuridici che hanno partecipato a tale illecito sistema, e assicurare la futura restituzione delle somme all’avente diritto», cioè all’Inps. Non è invece giuridicamente possibile contestare ai sindacati il corrispondente illecito amministrativo (in base alla legge 231 del 2001 sulla responsabilità delle società per reati commessi dai dirigenti nell’interesse aziendale) perché le associazioni sindacali svolgono funzioni di rilievo costituzionale e come tali sono dunque escluse dall’ambito di applicazione della legge 231.

Le testimonianze in aula

Anche nella puntata di ieri non mancano deposizioni surreali come quelle di due responsabili del personale di Edison, i quali hanno spiegato di conoscere «solo nominativamente», senza aver mai visto, una lavoratrice che pure in teoria risultava assunta in azienda (che invece era in aspettativa sindacale presso «Uiltec Milano-Metropolitana-Lombardia»); e un responsabile «delle relazioni sindacali per la Edison» ha confermato «di non aver mai visto» la dipendente «in azienda dopo la sua assunzione, né di conoscere ove fosse ubicata la sua postazione di lavoro». Del resto già il primo provvedimento di sequestro di gennaio traboccava di lavoratori che mettevano a verbale lo stesso tipo di racconto: «No, non ho mai lavorato per questa tal società, ma risultavo assunta come impiegata, è stato un impiego fittizio, ci ho messo piede fisicamente tre volte e solo per firmare il contratto», o di dirigenti sindacali che ammettevano come gli fosse stato detto «che, per risparmiare, mi avrebbero fatto assumere da una società di “loro amici” e dopo 6 mesi mi avrebbero distaccato in “legge 300”».

lferrarella@corriere.it

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21 aprile 2022 (modifica il 21 aprile 2022 | 15:57)

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, 2022-04-21 14:12:00, Milano, assunzioni fittizie di lavoratori (poi in distacco) in aziende compiacenti: così funzionava il sistema dei sindacati per non pagare i contributi. Sequestro da mezzo milione di euro a una decina di sigle di Cisl e Uil. «Il posto di lavoro? Ho messo piede in ufficio tre volte e solo per firmare il contratto», Luigi Ferrarella

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