Teniamo viva la passione per il tartufo: in Piemonte è ricchezza, gusto, cultura e identità

Spread the love

di Luca Iaccarino

Anno difficile per il prezioso fungo, e costi ancora molto alti

Quali sono le condizioni migliori per il proliferare dei tartufi? Estate piovosa e autunno freddo. Come è stata quest’estate? La più siccitosa di sempre. Com’è, fino a ora, l’autunno? Il più caldo che si ricordi. Perfetto, siamo a cavallo. Mi rendo che sarebbe facile darsi al benaltrismo — in questi mesi ci sono ben altri problemi — ma il tartufo bianco d’Alba in Piemonte è una cosa seria, serissima: tiene in piedi un’economia, stimola la manutenzione del paesaggio, porta turisti, soprattutto fa felici i golosi. Dunque, ancora una volta mi tocca parafrasare JFK (cui il fondatore della Fiera del Tartufo, Giacomo Morra, portò una trifola da sessantamila lire nel 1961): «Non chiedete cosa può fare il tartufo per voi, chiedete cosa potete fare voi per il tartufo». Cioè: anche se è un anno difficile in tutti sensi — per il tartufo e più in generale — non perdiamo la buona, vecchia abitudine di desiderarlo, di frequentarlo nei limiti delle disponibilità di ognuno.

Chi può lo compri per usarlo a casa e lo ordini nelle trattorie e nei ristoranti — per ora è ancora molto costoso, viaggia sui 500/600 euro l’etto —, ma chi non può pagare quei conti ne tenga viva la pratica: andando alla sempre esuberante Fiera del Tartufo che riempie le strade di Alba, ma pure tutte le altre diffuse in Piemonte (i bene informati sanno che una delle migliori zone tartufigene in assoluto è in Monferrato) che propongono esperienze a qualsiasi prezzo, dal micro assaggio alla baby-grattata. Io personalmente ho inaugurato la stagione all’Enoteca di Canale, da uno dei più grandi cuochi del Piemonte, Davide Palluda — che gli dedica piatti come i ravioli di fonduta o i tajarin al burro di panna fresca — e certamente procedo con cautela, in attesa che il freddo porti raccolti più generosi e prezzi più abbordabili, ma sarebbe davvero un errore dare per scontata la prevalenza del Piemonte nella cultura del tartufo: è un piatto ghiotto che fa gola a tanti, e un domani potremmo perdere anche questo primato, per colpa della concorrenza, ma ancor di più per il cambiamento climatico.

Anche le tradizioni più forti quando le si dà troppo per scontate, appassiscono (vedi alla J di Juventus). Dunque andiamo alle fiere, concediamoci una grattata di tanto in tanto, continuiamo a tenere viva la passione per il tartufo, che in Piemonte è ricchezza, gusto, cultura e identità. Poi se l’autunno si farà freddo lo malediremo, ché avremo i riscaldamenti bassi, ma almeno avremo un modo per consolarci: un piatto fumante di risotto alla fonduta con sopra una spolverata del fungo più prezioso del mondo.

La newsletter del Corriere Torino

Se vuoi restare aggiornato sulle notizie di Torino e del Piemonte iscriviti gratis alla newsletter del Corriere Torino. Arriva tutti i giorni direttamente nella tua casella di posta alle 7 del mattino. Basta cliccare qui

22 ottobre 2022 (modifica il 22 ottobre 2022 | 19:27)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

, 2022-10-23 10:50:00, Anno difficile per il prezioso fungo, e costi ancora molto alti , Luca Iaccarino

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.