Sui fondi per il bonus docenti criteri fissati dal comitato

Sui fondi per il bonus docenti criteri fissati dal comitato

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L’ESPERTO RISPONDE /Il caso di una scuola e della legge che ha eliminato i vincoli

Il dirigente della scuola dove insegno sostiene che l’individuazione dei docenti aventi titolo al bonus per il merito rientrano nella propria competenza e che la legge ha solo eliminato il vincolo di destinazione d’uso dei relativi fondi, ma nulla abbia modificato per quanto riguarda la procedura di assegnazione del bonus. Vorrei sapere come stanno effettivamente le cose e i riferimenti normativi.

Il bonus docenti è un istituto introdotto dall’articolo 1, comma 126, della legge 107/2015. In origine, i relativi fondi erano vincolati alla valorizzazione del merito del personale docente. Tale vincolo di destinazione d’uso è stato eliminato dal legislatore con l’articolo 1, comma 249, della legge 160/2019. Ciò non vuol dire che le risorse non possano più essere utilizzate per il cosiddetto bonus docenti. Semplicemente: le parti possono disporne liberamente per finanziare qualsiasi materia di competenza della contrattazione d’istituto, compreso il bonus. Qualora le parti abbiano deciso di utilizzare le risorse per il merito dei docenti, la procedura da adottare rimane quella prevista dalla legge e dalla contrattazione collettiva. Quest’ultima dovrà definire il range delle singole spettanze nominative, fissando il minimo e il massimo della somma attribuibile. E il dirigente scolastico, sulla base dei criteri fissati dal comitato di valutazione, dovrà assegnare le singole somme ai docenti interessati con decisione motivata.

Antimo Di Geronimo

Alunni disabili e attività in presenza

Sono una docente sul posto comune e nella mia classe il dirigente ha disposto la frequenza in presenza di un alunno disabile e, a rotazione, di gruppi di 5 alunni. Ciò comporta che tutti i docenti del consiglio di classe eroghino la didattica in presenza e, contemporaneamente, la didattica distanza tramite un collegamento web al resto della classe. Ritengo che questa scelta esponga noi e gli alunni in presenza al rischio di contagio, ma il dirigente sostiene che vi siano disposizioni ministeriali al riguardo. È legittima la decisione del dirigente? Posso fare ricorso?

L’articolo 1, comma 9, del decreto del presidente del consiglio dei ministri del 3 novembre scorso, alla lettera s) dispone che «resta salva la possibilità di svolgere attività in presenza… in ragione di mantenere una relazione educativa che realizzi l’effettiva inclusione scolastica degli alunni con disabilità garantendo comunque il collegamento online con gli alunni della classe che sono in didattica digitale integrata». Tale norma è stata interpretata dal ministero dell’istruzione con la nota 1990, del 5 novembre scorso, laddove si legge che «i dirigenti scolastici, unitamente ai docenti delle classi interessate e ai docenti di sostegno, in raccordo con le famiglie, favoriranno la frequenza dell’alunno con disabilità, in coerenza col Pei, nell’ambito del coinvolgimento anche, ove possibile, di un gruppo di allievi della classe di riferimento, che potrà variare nella composizione o rimanere immutato». Nella legge non vi è traccia della possibilità di ammettere gli alunni non disabili alla didattica in presenza, fermo restando il collegamento via web. Conseguentemente, l’interpretazione dell’amministrazione centrale sembrerebbe introdurre una deroga a tale norma di legge in assenza di copertura legale. Secondo la giurisprudenza del Consiglio di stato le circolari «sono vincolanti solo se legittime, potendo essere disapplicate qualora siano contra legem. (C. stato, sez. IV, 27-11-2000, n. 6299)». Il rimedio per impugnare l’ordine di servizio è la presentazione di un atto di rimostranza scritto. La presentazione dell’atto di rimostranza avrà l’effetto di far decadere l’ordine di servizio che dispiegherà nuovamente effetti solo se reiterato per iscritto. In tale ultimo caso, il rimedio è l’esperimento dell’azione giudiziale davanti al giudice del lavoro.

Con il bonus docenti si possono pagare pure gli Ata

Sono un docente Rsu e sono in minoranza perché gli altri due componenti la Rsu sono Ata. Il dirigente scolastico ha proposto di utilizzare i soldi del bonus del merito dei docenti per retribuire i collaboratori scolastici, gli assistenti amministrativi e, soprattutto, il Dsga. La motivazione e che durante il lockdown, con la sospensione della didattica in presenza, lavorano molto di più mentre i docenti rimangono a casa a fare la didattica a distanza.

L’articolo 1, comma 249, della legge 160/2019, ha cancellato la destinazione d’uso dei fondi per la valorizzazione del merito del personale docente. A ciò va aggiunto il fatto che la Rsu d’istituto, in quanto organo collegiale, decide a maggioranza dei suoi componenti (si veda l’articolo 1 dell’accordo di interpretazione autentica fornita dalle parti il 7.7.2003 su richiesta del giudice del lavoro di Trieste r.g. n. 211/2002). Conseguentemente, in presenza di un accordo tra la parte pubblica e la parte sindacale (sebbene a maggioranza) la decisione è legittima.

Contrattazione d’istituto, chi va convocato

Sono un dirigente devo convocare la Rsu per la contrattazione integrativa d’istituto e ho visto che l’Anief ha sottoscritto il contratto sulla didattica a distanza. Devo convocare anche il rappresentante Anief?

No. L’accesso dell’Anief, sindacato non firmatario del contratto collettivo nazionale di lavoro, alla contrattazione integrativa sulla didattica a distanza e sulla didattica digitale integrata discende dall’interpretazione adottata dal ministero dell’istruzione di una norma speciale, l’articolo 2, comma 3-ter, del decreto-legge 22/2020, che prevede l’accesso alla relativa sessione negoziale ai sindacati rappresentativi senza disporre alcun rinvio alle norme restrittive contenute nel decreto legislativo 165/2001. Per quanto riguarda, invece, l’accesso alla contrattazione integrativa di istituto valgono le disposizioni contenute nell’articolo 42, comma 7, ultimo periodo, del decreto 165/2001 e nell’articolo 22, comma 1, lettera c) del vigente contratto di lavoro, secondo le quali, l’accesso alla contrattazione integrativa è consentito solo ai rappresentanti dei sindacati firmatari del contratto nazionale: Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda-Unams.

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