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Storia e cultura in segno di pace

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l’editoriale
Mezzogiorno, 10 marzo 2022 – 12:01

L’input che può partire da Bari

di Silvio Suppa

Di fronte alla inaccettabile guerra di Putin contro Kiev vi sono reazioni molto diverse, anche dopo la decisione di armare da Occidente gli ucraini per respingere l’invasore. Ma siamo certi che il problema non vada affrontato con la paziente ricerca di uno spiraglio di pace, magari fragile, ma utile per ogni possibile mediazione? A riguardo, torna alla mente l’importanza del concetto di “confine”, a partire dai primi passi dello sviluppo della città di Bari, quella in cui l’originario agglomerato di pescatori decise di darsi un volto verso l’esterno, una sua identità spirituale.

Privi di un Santo che raccogliesse la devozione dei cittadini e delle folle più vicine – giova rammentare – i baresi intorno al 1080 decisero di spingersi ben oltre il proprio territorio e i propri confini, per raccogliere le reliquie di una figura nota nel mondo di allora, e farne una dote morale, un volto religioso inedito per il borgo marinaro. Così il nome di San Nicola dei baresi divenne forza di unione, momento di sacralità e di attrazione ecumenica, al di là del bisogno di rapporti commerciali in ogni direzione. E San Nicola fu la figura taumaturgica cui rivolgersi, il santo adottato e contemporaneamente autoctono, pur con le sue origini affondate in luoghi lontani, diversi per lingua, costumi e persino per tratti somatici. Tramite materiale di questo prelievo culturale e religioso è stato il mare, navigabile dai baresi e da tutti, molto prima che nel XVII secolo l’olandese Ugo Grozio scrivesse il suo celebre testo Mare liberum, contro le pretese di dominio marittimo dei sovranisti dell’epoca. Per la gente di Bari vale tuttora l’antico concetto di libertà, che via via ha affrancato la città dall’idea di muro, di frontiera rigida da difendere a mano armata.

Questa stessa estraneità al confine invalicabile permette alla città, non da oggi, di ricevere genti diverse, compresi tanti russi che vengono a pregare San Nicola, e quasi abbracciano fisicamente ogni sua icona, secondo il rito ortodosso. Sempre il rifiuto dei muri ha consentito, alle istituzioni del capoluogo pugliese, di donare alla Russia un lembo della città, sede risalente della Chiesa Russa, e ora parte fisica dello Stato di Putin, ma spazio aperto ai baresi e contemporaneamente ai cittadini della stessa Russia e di qualunque altra provenienza.
Oggi, proprio per l’avvertita tendenza all’apertura, presto diffusa in tutta la Puglia, allo scambio mercantile e ricettivo dell’Altro, di fronte a una guerra che si rivela sempre più un conflitto di confini e di nuove aspirazioni imperiali, noi dobbiamo mantenere la rotta giusta, quella della pace, e non dobbiamo dimenticare la ricchezza culturale di chi ha deciso di attaccare e di chi è attaccato. La letteratura russa, grandioso contributo all’Europa, almeno fra XIX e XX secolo, non rientra in schemi militari al pari dell’immenso repertorio teatrale russo, dalla musica al balletto.

Questi segni eterni della cultura, devono essere ben presenti alla sensibilità pugliese, perché fanno parte della bellezza universale, come i musei italiani e come le capitali di un immaginario cammino nel mondo. Nell’orribile scenario della guerra, la Puglia, con le sue università, non può disorientarsi, ma deve insistere su ciò che unisce i popoli, nel reciproco riconoscimento, nel dialogo. E se in questi giorni prevalgono le armi, la disperazione e la morte, la nostra domanda centrale resta: come può, la nostra regione, contribuire a placare gli odi, a spingere le potenze verso la negoziazione? Occorre un impegno puntuale, affinché i confini siano ricondotti alla funzione di garanzia, opposta all’idea di nemico e all’incognita della morte. Forti di un bagaglio culturale di secoli e di una feconda esperienza economica e morale, le istituzioni locali, a cominciare dalla Regione, devono adottare iniziative e pronunciamenti condivisi a favore del negoziato, da inoltrare al governo centrale e all’Europa, a testimonianza della voglia di incontro, di convivenza. Oggi non serve dare torti e ragioni, sempre discutibili; serve prendere per mano la nostra pace cosmopolita, e condurla sicura in ogni contesto europeo, soprattutto dove gli urti rischiano di diventare sempre più pericolosi. È il senso stesso della nostra storia.

10 marzo 2022 | 12:01
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