Remuzzi: «Chi è no-vax non dovrebbe operare in campo sanitario»

di Laura Cuppini

L’analisi del direttore dell’Istituto Mario Negri: «Le mascherine in corsia e nelle Rsa dovrebbero essere indossate sempre, anche senza pandemia»

«I politici non dovrebbero seguire la scienza, ma ascoltarla con attenzione, per poi prendere delle decisioni. E il compito degli scienziati è dire le cose come stanno». Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri e ordinario chiara fama di Nefrologia all’Università degli Studi di Milano, descrive così quello che dovrebbe il «buon rapporto di vicinato» tra decisori e studiosi.

Professore, è giusto – dal punto di vista medico – cancellare le restrizioni degli ultimi due anni e mezzo?
«Quello che possiamo fare è analizzare la situazione attuale: il virus continua a cambiare, si fanno largo nuove varianti come BQ.1.1 (Cerberus, in Italia al 7% secondo gli ultimi dati, ndr), verosimilmente avremo un aumento di contagi. La situazione diventerà problematica se saliranno anche i ricoveri, soprattutto in terapia intensiva. Per il momento non sta avvenendo. In Italia, come in altri Paesi, gran parte della popolazione è vaccinata e ha avuto una o più esposizioni al virus. Si è così formata un’immunità ibrida che, secondo alcuni studi in corso, sarebbe in grado anche a distanza di mesi di adattarsi alle nuove varianti, grazie alle “cellule di memoria”. Le restrizioni sono state utili: bisogna ricordare che la salute non è in contrasto con lo sviluppo economico. La povertà è la principale causa di morte. Inoltre la vaccinazione non rappresenta una limitazione della libertà personale, ma va a beneficio della collettività. Così come vedersi ritirata la patente se si guida ubriachi».

Come valuta l’ipotesi del Governo di reintegrare i sanitari sospesi perché non vaccinati?
«Chi è no-vax non dovrebbe operare in campo sanitario, perché i vaccini sono il più grande strumento che abbiamo per combattere le malattie. E i vaccini contro Sars-CoV-2 sono i più sicuri ed efficaci di sempre: nel 2021 hanno salvato 20 milioni di persone nel mondo. Non immunizzarsi, da Covid, ma anche dall’influenza, significa essere più a rischio di contrarre queste infezioni e quindi di trasmetterle agli altri: nel caso dei sanitari gli “altri” sono i malati, spesso anziani, ovvero i soggetti più deboli in assoluto. Persone che di Covid o influenza possono morire. Ci si vuole davvero assumere questa enorme responsabilità?».

Un altro tema caldo è l’obbligo di mascherina negli ospedali e residenze sanitarie assistenziali (Rsa), che scadrà il 31 ottobre e potrebbe non essere rinnovato.
«Negli ospedali e nelle Rsa la mascherina andrebbe tenuta sempre, anche fuori pandemia, per proteggere i pazienti fragili. Aggiungo che, in questa fase, sarebbe raccomandabile anche per la popolazione generale continuare a indossare la mascherina negli ambienti affollati e poco areati. Omicron e le sue sottovarianti sono altamente contagiose e la trasmissione avviene soprattutto tramite aerosol, ovvero le particelle che restano sospese in aria».

Il bollettino dei dati Covid sarà settimanale: è un bene?
«Sì, non giudico necessario fornire alla popolazione i numeri dei contagi, ricoveri e decessi giornalieri. Con il bollettino settimanale si semplificheranno le procedure e magari diminuirà un po’ l’effetto ansia, inevitabile se si fa la conta dei malati e morti ogni 24 ore. Naturalmente è fondamentale che Istituto superiore di sanità, Ministero della Salute, Regioni e tutti i decisori abbiano accesso ai dati quotidianamente».

Quanto è importante vaccinarsi contro Sars-CoV-2?
«È cruciale che gli ultrasessantenni e i soggetti fragili ricevano prima possibile la quarta e poi la quinta dose, a 120 giorni di distanza. Va bene qualunque tipo di vaccino, sia quello basato sul virus originario (Wuhan), sia quelli adattati a Omicron BA.1 o BA.4-5. Alcuni studi, non ancora pubblicati, sembrano dimostrare che nella quarta dose i tre vaccini forniscono la stessa risposta anticorpale».

È ancora necessaria la quarantena per i positivi?
«Ormai sappiamo che il massimo rischio di contagio si concentra nella fase di incubazione, pre-sintomatica, in cui spesso la persona non è consapevole di avere l’infezione. È sufficiente restare in casa finché sono presenti sintomi, come si fa con l’influenza o altre malattie».

Ci sono stati errori nella gestione della pandemia?
«Credo che in questi ultimi due anni e mezzo sia stato fatto tutto quello che era possibile, con i mezzi e l’organizzazione sanitaria che abbiamo in Italia. Non si tratta di individuare colpe, ma di affrontare un problema strutturale che deriva dal costante depauperamento, nell’ultimo decennio, del Servizio sanitario nazionale: il malfunzionamento della medicina territoriale. Il Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza, ndr) rappresenta un’opportunità per colmare questa lacuna, apparsa in tutta la sua gravità durante la pandemia. A guidarci dovrebbe essere un ragionamento semplice, ma al tempo stesso profondo: promuovere la salute è un’occasione di giustizia sociale e sviluppo dell’umanità».

30 ottobre 2022 (modifica il 30 ottobre 2022 | 12:35)

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, 2022-10-30 11:35:00, L’analisi del direttore dell’Istituto Mario Negri: «Le mascherine in corsia e nelle Rsa dovrebbero essere indossate sempre, anche senza pandemia», Laura Cuppini

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