Qual è la telemedicina che vogliamo? Al via l’indagine online di Corriere della Sera e Università Statale

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di Ruggiero Corcella

I risultati raccolti saranno oggetto di analisi che permetteranno di evidenziare gli elementi di criticità di questa modalità di cura ma anche le possibili soluzioni

Si fa presto a parlare di telemedicina. Ora che, complice la pandemia, finalmente ha abbandonato il limbo degli specialisti per diventare patrimonio anche dell’uomo comune, questa modalità di cura senza spostare medici e pazienti merita una seria riflessione. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza promette di darle davvero il carburante di cui ha bisogno per decollare. Ma noi che tipo di telemedicina vorremmo? Quale modello abbiamo sperimentato durante la pandemia? Ci è piaciuto? Deve essere migliorato o cambiato? E in che modo?

La survey

Sono alcune delle domande alle quale intende rispondere l’indagine nata dalla collaborazione tra Corriere della Sera e Dipartimento di Economia, Management e Metodi quantitativi dell’Università Statale di Milano. La survey (qui il link per rispondere) vuole coinvolgere sia la platea dei lettori in generale (in qualità di fruitori dei servizi di assistenza sanitaria o anche di caregiver) sia i professionisti della salute. Fin qui, nulla di nuovo rispetto a tante altre indagini svolte sul tema. Cambia, invece, l’angolo visuale che diventa quello del coinvolgimento di pazienti e caregiver nella costruzione di un nuovo modello di sanità.

Co-creazione

Il termine scientifico è «co-creazione». «Con questo termine si indica una modalità gestionale dei servizi pubblici sempre più diffusa e consolidata in molti Paesi anglofoni e Nord europei e che si sta diffondendo anche in Italia. In sanità, i processi di co-creazione di valore implicano che pazienti o caregiver contribuiscano attivamente nel progettare, erogare o valutare un servizio di salute insieme ai diversi professionisti sanitari» spiega la professoressa Chiara Guglielmetti, responsabile scientifica della survey insieme alla professoressa Marta Marsilio.

Interesse scientifico

«Per noi è di grande interesse scientifico studiare i processi di co-creazione di valore in telemedicina , che hanno visto un’improvvisa ed enorme diffusione a seguito della pandemia. Ogni volta che introduciamo uno strumento tecnologico nella relazione tra il professionista della salute e il paziente, chiediamo a quest’ultimo o al suo caregiver di impegnarsi in azioni che in un contesto non mediato (cioè durante una normale visita di persona, ndr) non svolgerebbe. «Pensiamo ad esempio a tutte le attività che vedono paziente e medico interagire per “co-produrre” una televisita o un telemonitoraggio: collegarsi via internet, inviare dati, immagini o referti, usare la telecamera per inquadrare una parte del corpo, indossare un dispositivo di monitoraggio di alcuni parametri. Si aprono questioni legate all’equità (possesso dei dispositivi, competenze tecnologiche, literacy ecc.), alla sicurezza (privacy, cybercrime ecc.) che sono enormi e molto interessanti, alla sostenibilità economico nel tempo».

Un (apparente) paradosso

Diciamoci la verità: non è che, durante il lockdown, chiunque di noi si sia trovato a chattare magari via Whatsapp con il proprio medico di famiglia si sia preoccupato di tutte queste implicazioni (più che legittime). In fondo si trattava di una videochiamata come tante altre, solo che dall’altra parte avevamo un dottore. Allora, verrebbe da chiedersi: perché tante «complicazioni»? E come facciamo a superarle? Esiste poi un (apparente) paradosso: a parole, la grande maggioranza di noi si dice favorevole alla telemedicina. All’atto pratico, però, si preferisce ancora la visita «in presenza». O, almeno, la prima. Perché? La nostra indagine vorrebbe capirlo proprio sulla base delle risposte che arriveranno.

La presentazione dei risultati a Il Tempo della Salute

«Il coinvolgimento dei lettori è per noi fondamentale per cogliere i diversi aspetti del possibile coinvolgimento dell’utente nell’erogazione di servizi sanitari attraverso il ricorso alla tecnologia», sottolinea la professoressa Francesca De Battisti che coordinerà l’analisi statistica dell’indagine. «Il gruppo di ricerca ha sottoposto il progetto al Comitato etico dell’Università degli Studi di Milano. Il parere positivo ottenuto garantisce la scientificità e il rigore metodologico dell’approccio», aggiunge Marta Marsilio. L’indagine Corriere della Sera – Università degli Studi s arà anche oggetto di comunicazione scientifica con pubblicazioni su riviste internazionali che si occupano di management del settore sanitario e divulgativa, con la presentazione dei risultati anche in eventi pubblici.

Primo fra tutti, la quarta edizione de «Il Tempo della Salute» , che si svolgerà dal 10 al 13 novembre prossimo e che avrà come filo conduttore proprio il«partecipare».

Per attivarsi, il paziente ha bisogno di aiuto

Per realizzare una sanità davvero partecipativa, anche con le nuove tecnologie a disposizione, la buona volontà non è però sufficiente: «L’attivazione del paziente non è automatica. Non basta che sia disponibile a co-creare; è necessario ripensare alla modalità di erogazione dei servizi sanitari per rendere effettivamente in grado il paziente di essere un attore chiave in grado di portare proprie risorse nel processo produttivo», rimarca Marta Marsilio.

«Una delle dimensioni oggetto dei nostri studi è proprio l’area del “management of co-creation”, ovvero l’analisi delle azioni e leve che potrebbero “aiutare” i cittadini/pazienti ad esercitare un ruolo di co-creatori di valore in sanità. Da questo punto di vista, i policy maker e i manager delle aziende sanitarie, sia pubbliche sia private devono investire in formazione, comunicazione, ri-progettazione di ruoli e responsabilità, costruzione di nuovi percorsi di cura, condivisione di nuovi target di performance che facilitino il coinvolgimento del paziente», conclude.

23 giugno 2022 (modifica il 23 giugno 2022 | 13:10)

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, 2022-06-25 18:15:00, I risultati raccolti saranno oggetto di analisi che permetteranno di evidenziare gli elementi di criticità di questa modalità di cura ma anche le possibili soluzioni, Ruggiero Corcella

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