Perché lo zar non è più isolato di 7 mesi fa

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A parte l’Occidente e i suoi alleati, nel resto del mondo Vladimir Putin non è più isolato oggi di quanto lo fosse quando lanciò l’aggressione contro l’Ucraina.

Ha perso due voti su 193, un’inezia, nel concerto delle nazioni. Che ci piaccia o no, questo è il verdetto dell’ultimo voto alle Nazioni Unite.

Un’ampia maggioranza di governi condanna il suo operato, ma la minoranza che si rifiuta di prendere posizione non si sposta. Includendo Cina e India, questa minoranza di governi rappresenta metà della popolazione del globo.

Inoltre anche tra coloro che formalmente condannano le azioni della Russia con i loro voti all’Onu, molti si rifiutano di aderire alle sanzioni contro quel paese.

Che cosa potrebbe modificare questo stallo in futuro? Forse l’uso dell’arma nucleare? Questa è, di sicuro, una speranza americana.

Sette mesi e mezzo dopo, il 12 ottobre bisognava prendere posizione sui referendum illegali con cui Putin vuole sancire l’annessione di territori che ha già in parte invaso con la forza militare. I voti di adesione alla condanna sono saliti solo a 143. Gli spostamenti da un campo all’altro sono stati marginali, l’Iraq e l’Angola che a marzo si erano astenuti stavolta hanno condannato la Russia. La mappa nell’insieme è cambiata poco. Cina e India restano nel campo delle astensioni.

Anche dove il comportamento diplomatico dei governi è allineato con l’Occidente – per esempio gran parte dell’America latina condanna la Russia – le azioni economiche vanno in altra direzione: non vengono applicate le nostre sanzioni.

Vale per l’Arabia Saudita, che a Palazzo di Vetro condanna gli atti di Putin, ma di recente lo ha agevolato nei fatti con il taglio alla produzione di petrolio deciso in seno all’Opec.

Dunque l’immagine di un Putin assediato, in ritirata, indebolito dai rovesci che subisce sul terreno militare, per adesso non ha un riscontro nel comportamento di molte decine di governi.

Addirittura una maggioranza, se guardiamo alla mappa delle sanzioni.

Perché l’Occidente e i suoi alleati (Giappone, Corea del Sud, Australia, Nuova Zelanda) hanno così poca influenza sui paesi «non allineati», in particolare le nazioni emergenti in Asia, America latina, Africa?

Una risposta sta negli interessi materiali. La Russia negli ultimi anni ha rafforzato la sua presenza militare e perfino economica in molte aree da cui noi ci siamo ritirati.

La Cina è diventata il primo partner commerciale per la maggioranza dei paesi, e con gli investimenti delle Nuove Vie della Seta (Belt and Road Initiative) mette radici profonde in zone dove noi siamo sempre meno presenti. Le spiegazioni sono alla luce del sole. I paesi europei sono restii a investire in armamenti e la loro presenza militare – per esempio in Africa – è marginale, con l’eccezione della Francia, peraltro anch’essa in ridimensionamento. L’America riduce il suo ruolo di gendarme mondiale.

Per quanto riguarda la presenza economica, noi stessi disincentiviamo le nostre aziende dal competere con le concorrenti cinesi in Africa, Asia, America latina. Una multinazionale occidentale che investe in paesi poveri viene immediatamente sospettata di sfruttarli, di commettere abusi contro la manodopera, di danneggiare l’ambiente. È sotto assedio da parte di ong umanitarie, ambientaliste, della magistratura. La presunzione di colpevolezza prevale. Nessuna azienda cinese o russa ha di questi problemi. Non c’è da stupirsi se l’influenza occidentale regredisce mentre quella altrui avanza: abbiamo rinunciato a combattere la sinizzazione del Terzo mondo per paura di macchiarci di qualche peccato.

C’è qualcosa che potrebbe cambiare gli equilibri del consenso/dissenso/neutralità attorno a Putin? Washington pensa che l’eventuale uso di armi nucleari – tuttora considerato improbabile – sarebbe un game-changer, uno shock tale da cambiare il gioco. A cominciare dai comportamenti di India e Cina. L’India ha un vicino, il Pakistan, con cui ha già combattuto quattro guerre convenzionali. Il Pakistan è in stato d’inferiorità negli armamenti convenzionali, e potrebbe essere tentato di usare armi nucleari tattiche (che possiede) per prevalere. Se Putin «sdogana» l’arma nucleare questo costituisce un precedente terribile dal punto di vista indiano. In quanto alla Cina, se Putin normalizza le armi nucleari, e quindi costringe il mondo intero a considerarle utilizzabili in scenari futuri, questo aumenta le chance che Giappone e Corea del Sud si dotino del loro arsenale atomico. Una prospettiva pessima per i cinesi.

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14 ottobre 2022, 19:23 – modifica il 14 ottobre 2022 | 19:47

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, 2022-10-14 20:25:00, Putin non è più isolato oggi di quanto lo fosse quando ha lanciato l’invasione dell’Ucraina: lo si deduce dall’ultimo voto alle Nazioni Unite. Certo, la maggioranza dei governi condanna il suo operato: ma la minoranza che non prende posizione rappresenta metà della popolazione del mondo. E non si riduce. Perché, Federico Rampini

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