Pd, Letta dice no ai referendum: «Ma c’è la libertà dei singoli»

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di Maria Teresa Melidi Via libera da tutto il Pd. Il leader: fare tutto il possibile per cambiare la legge elettorale. Noi nella prossima legislatura andremo al governo solamente se vinciamo le elezioni La chat dei parlamentari dem in questi ultimi due giorni ribolliva di messaggi sui referendum. In diversi hanno deciso di votare sì ad alcuni quesiti ed erano pronti a dare battaglia nella Direzione di ieri. E anche sui Cinque Stelle fioccavano commenti non proprio lusinghieri. Ma Enrico Letta, aprendo i lavori del parlamentino del Pd, è stato abile e ha sminato il terreno da possibili pericoli. E Dario Franceschini, prendendo poi la parola tra i primi, ha avallato in pieno la linea del leader, contribuendo ad allentare eventuali le tensioni. Sulla giustizia il segretario ha confermato la posizione dem: cinque no ai quesiti, perché «i referendum aprirebbero più problemi di quanti ne risolverebbero». Ma subito dopo ha aggiunto: «Il Pd non è una caserma e c’è la libertà dei singoli». E così facendo ha incassato il via libera di Base riformista, la corrente di Lorenzo Guerini e Luca Lotti. Già in diversi esponenti del partito hanno annunciato il loro sì ad alcuni quesiti: il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, Stefano Ceccanti, Enrico Morando, Salvatore Margiotta, Goffredo Bettini e Andrea Marcucci, che voterà sì anche al quesito a cui il Pd ufficiale si oppone con maggior forza, ovvero quello sulla carcerazione preventiva. Quindi Letta ha affrontato il tema della riforma elettorale, ben sapendo che la maggioranza del Pd è per il proporzionale: «Dobbiamo tentare tutto il possibile per cambiarla». Franceschini gli è andato dietro, sottolineando la necessità di una riforma del sistema in senso proporzionale. Termine che però Letta si è guardato bene dal pronunciare. Altro tema delicato, quello delle alleanze. Il segretario ha confermato che la strada da intraprendere è quella della coalizione con i 5 Stelle, anche se non dovesse esserci più il Rosatellum: «Cambiare la legge elettorale non significa cambiare le alleanze». Un’affermazione, questa, che ha suscitato la replica immediata di Carlo Calenda su Twitter: «Quindi o 5 Stelle o morte. Ma che senso ha?». Nella Direzione dem, il segretario ha spiegato così la necessità di andare avanti con il M5S, con il quale, come ricorda Francesco Boccia, i dem sono alleati nel 70 per cento dei Comuni chiamati al voto di giugno: «Io sono convinto che il centrodestra sarà unito alle Politiche. Non fatevi illusioni». Perciò «costruire una coalizione unita e forte è l’unico modo per competere». E per Franceschini «l’alleanza con il M5S non è una condanna o un obbligo di questa legge elettorale con i collegi uninominali: è una scelta strategica per allargare l’area riformista che prescinde dalla riforma elettorale». Nessuno in Direzione contesta queste affermazioni: il fatto che le Amministrative siano alle porte e che sarà Letta a fare le liste per le elezioni politiche induce i critici a preferire il silenzio e a mugugnare dopo. In diversi pensano che alla fine sarà Conte a sfilarsi. Letta comunque avrà modo di riparlare con l’alleato di questo argomento al pranzo con la premier finlandese Sanna Marin al quale oggi parteciperanno entrambi. Nella replica il segretario ha poi voluto aggiungere un’altra chiosa al tema della legge elettorale per chiarire che se ci sarà una riforma non sarà per varare una legge che consenta al Pd di stare comunque in maggioranza. «Noi nella prossima legislatura andremo al governo solamente se vinciamo le elezioni. Se gli italiani voteranno per gli altri, si terranno Salvini e Meloni per tutta la legislatura». © RIPRODUZIONE RISERVATA 17 maggio 2022 (modifica il 17 maggio 2022 | 20:41) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-05-17 18:45:00, Via libera da tutto il Pd. Il leader: fare tutto il possibile per cambiare la legge elettorale. Noi nella prossima legislatura andremo al governo solamente se vinciamo le elezioni, Maria Teresa Meli

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