Michieletto: «Orwell, un linguaggio potente, un testo inedito per la lirica. Ma la sfida è una: con te stesso»

Spread the love

di Gian Luca Bauzano

Il mestiere di regista lirico e teatrale è tra i più complessi. Damiano Michieletto è stato capace di innovarlo. E ora si mette alla prova con «La fattoria degli animali» di Orwell. In musica

Cosa significa oggi parlare di regia, creatività o sfida? Ri-pensare un testo classico, musicale o di prosa, magari sconvolgendolo, oppure cimentarsi ex novo con un testo inedito? «Di sfida ce n’è una sola. Chiariamolo subito. Ed è la sfida con te stesso. Non è il materiale che ti trovi davanti a essere la discriminante del tuo lavoro, piuttosto come tu ti poni davanti a questo materiale. Grande classico, o novità assoluta sono sullo stesso piano. Deve cambiare invece il tuo punto di vista nell’approcciarli». Esitazioni poche nella voce di Damiano Michieletto, veneziano, classe 1975, regista lirico, ma anche di prosa e cinematografico tra i più acclamati sui palcoscenici internazionali: a ottobre 2022 a Firenze la ripresa di Alcina di Handel ideata e trionfalmente presentata a Salisburgo con Cecilia Bartoli nel ruolo del titolo; a seguire quella di Béatrice et Bénédict, prima italiana dell’opera di Berlioz con cui si apre la stagione del Carlo Felice di Genova.

Altra attesissima ripresa, ma nel gennaio 2023 alla Scala, dove andrà in scena con il pubblico in sala Salome di Strauss, spettacolo proposto nel 2021 durante il lockdown solo con la messa in onda televisiva. L’espressione con cui si possono identificare il successo e l’attività di Michieletto sono la ricerca e l’utilizzo di quello che il regista definisce «linguaggio potente».

Potente sta per…

«Novità. I teatri chiedono sempre nuove produzioni. Al regista viene offerto solo quel territorio franco, la possibilità di inserirsi o nel solco della tradizione e offrire un nuovo punto di vista. Il proprio punto di vista».

Oppure?

«Lavorare su un testo inedito. In questo caso, forse ancor più complesso perché si parte da zero. Su tutti i piani. Nel caso di un’opera lirica, la musica, ma anche libretto e allestimento. Senza precedenti manca la possibilità di un confronto. Proprio questo è ulteriormente stimolante. Senza termini di paragone tutti, dai cantanti a chi lavora in scena, cercano soluzioni in cui la percentuale di novità sia alta. Tutto si fa, potremmo dire, più croccante».

Nel 2023 Michieletto dovrà viaggiare proprio su questo doppio binario. Affrontare un grande classico come Aida di Verdi (a maggio alla Staatsoper di Monaco), prepararsi alla prima mondiale di Animal Farm, le celebre Fattoria degli animali messa in musica da Alexander Raskatov.

Anteprima il 4 marzo 2023 ad Amsterdam alla Dutch National Opera, poi la prima avrà luogo il 28 febbraio 2024 a Vienna che ha prodotto il progetto.

«Da tempo volevo confrontarmi con questo testo. Ha un suo aspetto surreale e magico, protagonisti sono appunto gli animali. Questo permette a un regista di dare sfogo alla sua immaginazione. In Raskatov ho trovato il partner ideale»: il musicista, moscovita, nato nel 1954 ha già suscitato scalpore in passato quando nel 2010 ha firmato un’altra trasposizione, Cuore di cane di Bulgakov.

Delle due strade, rilettura o novità, quale la più semplice?

«Approcci registici differenti. Personalmente poter portare in scena opere inedite, proporre e usare linguaggi musicali e registici nuovi, posso dire mi entusiasma moltissimo. Ma aiuta anche a creare un nuovo rapporto con il pubblico. Arricchire il Dna del teatro».

Anche a livello politico e sociale?

«Questo dovrebbe essere oggi il compito del teatro. Rispetto al passato abbiamo molte più occasioni di svago e intrattenimento. Ritrovarsi a teatro è l’unico momento in cui il rapporto tra scena e spettatori può giocare sull’empatia e quindi essere raggiunti da messaggi molto potenti. La comunanza, la ritualità dell’andare a teatro, spinge un regista a trovare codici, temi e linguaggi attraverso i quali parlare di temi di attualità. Di quei contrasti umani che sono dentro quella Polis oggi sparpagliata e globalizzata che corrisponde al nostro modo di vivere. Ma anche di comunicare. La scelta di portare in scena proprio un testo come Animal farm nasce anche questo. Parla di temi attuali: i meccanismi di controllo, l’annullamento dell’individualità».

Temi di oggi, a volte raccontati solo per il gusto registico di stupire

«Piuttosto un regista, come dicevo, punta alla percentuale di novità nel proprio linguaggio. La trasgressione fine a sé stessa non è quella che interessa a un regista. Ma riuscire a comunicare»

Sempre più difficile con il politicamente corretto. Non trova?

«Il politicamente corretto ha prodotto purtroppo una serie di distorsioni ed esagerazioni. Così anche il teatro lirico ne è stato coinvolto. Le vicende di eroine come Aida, Butterfly e Carmen nascono da compositori come Verdi, Puccini e Bizet in realtà mai stati in Egitto, Giappone o Spagna. A loro non interessava ricostruire a livello documentaristico un luogo o un mondo. Ma avere una trama. A loro non interessavano problemi di colore o di razza».

Allora proprio un’Aida o un Otello?

«Raccontare la vicenda di Aida, dal mio punto di vista, non necessita di dover camuffare con trucco o altro il personaggio che va in scena. Fondamentale è quello che quel personaggio deve trasmettere e raccontare attraverso la sua vicenda. Così come non è necessario che Butterfly sia una cantante asiatica per rendere la vicenda credibile oppure Otello un cantante nero. Otello se si legge attentamente è un musulmano mediorientale, la sua è una figura di rottura perché la sua diversità non sta nel colore della pelle ma in come mette in discussione gli equilibri dell’aristocrazia veneziana. Dai codici secolari. L’elemento dirompente è la diversità: la posso mettere in scena o raccontare nei modi più diversi. Il regista ha questo dovere: trovare il linguaggio nuovo per comunicare i cambiamenti».

28 settembre 2022 (modifica il 28 settembre 2022 | 08:27)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

, 2022-09-29 05:30:00, Il mestiere di regista lirico e teatrale è tra i più complessi. Damiano Michieletto è stato capace di innovarlo. E ora si mette alla prova con «La fattoria degli animali» di Orwell. In musica, Gian Luca Bauzano

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.