Malasanità, esami e visite in tilt. «Mio padre a 90 anni costretto a girare a vuoto per ore nel San Filippo Neri»

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di Fabrizio Peronaci

Il racconto di un ex manager pubblico: «La visita per l’ernia inguinale aveva priorità 10 giorni ed è stata fissata quasi tre mesi dopo. Ma il reparto aveva traslocato e nessuno ce lo ha detto…»

Non è solo sos pronto soccorso. La crisi del sistema sanitario del Lazio, evidenziata dalla sequenza di denunce raccolte dal Corriere provenienti da diversi ospedali (San Camillo, Santo Spirito, Sant’Eugenio, Grassi…) e dal dossier messo a punto dalla Cgil (mancano almeno 7 mila tra medici e infermieri), riguarda anche la gestione ordinaria, al di fuori delle urgenze, di qualcosa che per i malati è fondamentale: sentirsi seguiti, poter fare diagnosi e prevenzione. Detto con un semplice gesto: comporre il numero del centralino regionale, il Cup, e poter prenotare da casa una visita specialistica, una Tac, una risonanza magnetica (senza essere rinviati al semestre successivo, o direttamente all’anno seguente), ricevendo così la sensazione di una sanità attenta, amica.

Ebbene, come chiunque abbia avuto esperienza diretta sa, con il Cup non sempre accade… «Buonasera, mio padre ha 90 anni…» La segnalazione viene da un noto manager pubblico oggi in pensione. «L’esito non è stato infausto, letale – premette – ma quanto accaduto rende bene l’idea di come, anche nei reparti ordinari, la professionalità, l’umanità e il rispetto sembrano scomparsi». Prego, racconti. «Tramite il Cup ho prenotato per mio padre, Raffaele Greco, quasi novantenne, una visita specialistica per un’ernia inguinale e, nonostante la ricetta del medico avesse codice prioritario, da evadere entro 10 giorni, l’appuntamento al San Filippo Neri è stato fissato a distanza di circa 3 mesi , il 30 maggio alle 16, edificio B, terzo piano». È la norma, purtroppo… «Già, ma non è solo questo. Una settimana prima dell’appuntamento ricevevo una telefonata dal reparto con la quale l’appuntamento negli ambulatori veniva spostato al 6 giugno per un non meglio precisato “trasloco ” , senza alcuna indicazione su dove recarsi per la visita…».

Il figlio riferisce e il signor Raffaele, a dispetto dell’età, non si perde d’animo. «Il 6 giugno – prosegue l’ex dirigente – mentre io accudivo mia madre malata di Alzheimer, mio padre, per fortuna ancora in gamba, è andato da solo all’appuntamento recandosi proprio dove ci era stato indicato al momento della prenotazione. Una volta arrivato è stato informato del trasloco dell’intero reparto ed indirizzato alle Casse presso l’edificio A del piano terra». Comincia il tour, attenzione… «Da quel momento è stato rimbalzato da un posto all’altro senza alcun rispetto! Una persona tanto anziana dirottata senza spiegazioni da uno all’altro dei piani e dei corridoi infiniti dell’ospedale! Alle Casse nulla sanno e così lo spediscono in un altro edificio per chiedere informazioni. Nonostante il caldo e la fatica, mio padre raggiunge il luogo indicato ma anche lì nulla sanno e lo rimandano nuovamente alle Casse. Sempre più accaldato, si perde e nessuno riesce a dargli indicazioni. Dopo un po’ ritrova la via delle Casse dove, ancora una volta, senza nessun riguardo, gli dicono di provare a chiedere informazioni presso un altro edificio…» Vuole dire che nessuno ha saputo fornire indicazioni su dove fosse stato dislocato il reparto interessato? «Esatto. Non un foglietto, un avviso, un sms, un impiegato dedicato a informare gli utenti…»

Il risultato è scontato e frustrante. «A quel punto, stremato e sfiduciato, mio padre ha rinunciato alla visita prenotata da mesi! La cosa intollerabile – conclude l’ex dirigente pubblico – è che non ci sia nessun rispetto per il cittadino. Dopo aver fatto la lunga trafila per prenotare una visita, fissata ben oltre i termini stabiliti, si comunica solo telefonicamente uno spostamento di data senza specificazioni, così da non lasciare traccia del disservizio! E poi nessuno si prende cura di aiutare una persona anziana e in difficoltà che, dopo due ore di peregrinaggio, si vede costretta a rinunciare al proprio diritto alle cure mediche da parte del servizio sanitario nazionale, che così finisce per fare il gioco dei privati». (fperonaci@rcs.it)

24 giugno 2022 (modifica il 24 giugno 2022 | 21:13)

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, 2022-06-24 19:13:00, Il racconto di un ex manager pubblico: «La visita per l’ernia inguinale aveva priorità 10 giorni ed è stata fissata quasi tre mesi dopo. Ma il reparto aveva traslocato e nessuno ce lo ha detto…», Fabrizio Peronaci

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