LIntelligenza Artificiale è entrata nelle scuole: come integrarla nella didattica? Ha ancora senso assegnare i compiti tradizionali? INTERVISTA a Lorenzo Redaelli

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L’intelligenza artificiale sta cambiando i nostri stili di vita, anche nel mondo dell’educazione l’Intelligenza Artificiale sta rivoluzionando il modo di fare scuola. Ne abbiamo parlato con il Professor Lorenzo Redaelli, docente di italiano e storia, programmatore, web designer, formatore certificato, curatore del blog Didattica Innovativa e amministratore dei gruppi Facebook Animatori Digitali e Intelligenza Artificiale a Scuola.

Professor Redaelli, l’intelligenza artificiale è entrata a gamba tesa anche nel contesto scolastico, pensiamo a ChatGPT e all’uso che ne fanno gli studenti. Cosa vuol dire interagire con questi nuovi strumenti e soprattutto siamo pronti a questo cambiamento?

È una domanda alla quale è difficile rispondere perché purtroppo non si è mai pronti quando ci troviamo di fronte a cambiamenti così dirompenti delle nostre abitudini. In realtà, l’IA non è una disciplina recente, ma affonda le sue radici almeno negli anni ’50 del 900. L’espressione nasce nel 1956 al Darthmouth College durante una conferenza dedicata proprio a questo tema (Darthmouth Summer Research Project on Artificial Intelligence), ma deve molto anche ai lavori di Alan Turing, che elaborò il famoso test di Turing. Spesso però la nostra idea di IA è viziata dall’immagine ereditata dalla letteratura e dal cinema di fantascienza, che ci hanno consegnato una visione distopica del futuro dominato dall’IA.

In realtà va innanzitutto compreso che si tratta di una tecnologia e di strumenti a supporto del lavoro umano, che hanno lo scopo di facilitare la vita delle persone, così come è il senso della tecnologia stessa. In particolar modo l’intelligenza artificiale vuole limitare le operazioni noiose e ripetitive di un compito in modo che le persone possano concentrarsi sulla parte che richiede il fattore umano del compito stesso. È un po’ il senso stesso della tecnologia digitale, non solo dell’IA. Certamente con ChatGPT sono cambiate un po’ le cose perché questa tecnologia, a mio parere, ha avuto un impatto dirompente nel campo del lavoro ma anche nel campo scolastico. Credo sia abbastanza normale che quando ci si trova di fronte ad espressioni così dirompenti della tecnologia, come le IA generative e in particolare ChatGPT, ci si senta un po’ spaesati e persino minacciati e si abbia una sorta di senso di rifiuto, come se venisse a toccare qualcosa che riteniamo faccia parte della nostra sfera personale, anche emotiva. Delegare alla macchina qualcosa che noi facciamo sempre non è facile, anche da un punto di vista emotivo. Penso che si dovrebbe invece avere una certa apertura verso il nuovo, perché esso prima o poi influenzerà le nostre vite.

In realtà l’IA è già entrata nelle nostre vite da qualche anno, basti pensare ai social network, alla piattaforme di streaming, che ci suggeriscono contenuti specifici per il nostro profilo, anche quelli sono algoritmi di intelligenza artificiali, e ci danno anche suggerimenti per gli acquisti e così via. Quindi dobbiamo conoscere questa tecnologia per guidare in qualche modo il cambiamento piuttosto che subirlo, questo soprattutto nel nostro ruolo di educatori. Non possiamo fare finta che l’IA non esista, è entrata nelle nostre vite ed entrerà ovviamente anche nelle scuole.

Questo ovviamente non vuol dire accettare acriticamente l’IA, anzi proprio data la portata e l’impatto che essa sta avendo e avrà, sia sul mondo del lavoro che sull’istruzione, è necessaria una riflessione etica sui suoi utilizzi. È necessario riflettere ed è necessario anche informarsi soprattutto prendendo spunto da persone che hanno già fatto questo tipo di riflessioni, ad esempio ho trovato illuminante un testo di Luciano Floridi che parla proprio di Etica dell’IA, in cui si sottolinea che l’IA è una risorsa dell’agire e non dell’intelligenza e questo divorzio porta delle sfide etiche non indifferenti. Ci sono tante tematiche che vanno discusse, quindi non un’accettazione acritica, ma cominciare a capire di cosa si tratta, di come cambierà le nostre vite e soprattutto come cambierà il mondo dell’istruzione, perché è inevitabile.

L’IA si evolve in maniera esponenziale, pensiamo semplicemente all’enorme differenza che esiste tra GPT 4 e la versione precedente 3.5. Con questi strumenti ha ancora senso l’assegnare compiti da svolgere in maniera tradizionale che possono essere facilmente elaborati da queste IA?

Questo è un altro dei nodi cruciali dell’impatto dell’intelligenza artificiale a scuola. Sono uno dei docenti che ha iniziato ad utilizzare e promuovere l’IA molto prima del rilascio di ChatGPT, questa domanda mi veniva posta spesso e adesso a maggior ragione che c’è ChatGPT. Di solito quando mi chiedono “ma come faccio ad assegnare compiti a casa se adesso li fanno con ChatGPT?” Io rispondo, magari in maniera semplicistica, con due parole: flipped classroom, ad intendere che in realtà la discussione sul cambiamento dei nostri modelli educativi e pedagogici precede di gran lunga l’avvento di GPT 3 o 4. Sono decenni che discutiamo sul fatto se sia adeguato o meno al giorno d’oggi assegnare compiti a casa oppure puntare su una didattica di tipo laboratoriale, nella quale gli studenti a casa potrebbero guardare la lezione registrata, liberando il tempo in aula per poter svolgere delle attività con noi docenti e magari anche in gruppo.

Con questo approccio potremmo sviluppare tante altre competenze, inoltre questo approccio ci permette effettivamente di guidare lo studente. Inoltre dobbiamo essere franchi e onesti, perché se uno studente a casa incontra delle difficoltà a svolgere un compito e sa che esiste uno strumento che è in grado di farlo per lui, come possiamo negargli l’utilizzo dello strumento? È impossibile. Questo non vuol dire che dobbiamo rinunciare, vuol dire che magari le attività pratiche le facciamo insieme in classe puntando su una didattica di tipo laboratoriale.

Voglio ribadire che questa discussione precede di molto quella su ChatGPT che forse ha dato una spinta verso questo modello di didattica di cui discutiamo da molto tempo. Così come ha tanti anni la riflessione sull’efficacia o meno della lezione frontale rispetto a modelli diversi tra cui quello della flipped classroom, soprattutto per una didattica basata sulle competenze.

Ci fa alcuni esempi di come è possibile fare didattica con l’intelligenza artificiale?

Gli esempi sono tanti, personalmente ho fatto tanti sperimenti, ma è necessario partire da un punto preciso, ovvero avere in mente quale competenza vogliamo far sviluppare ai nostri studenti e poi scegliere lo strumento. Uno di questi strumenti può essere l’intelligenza artificiale, ad esempio con App generative e non soltanto con ChatGPT. Facciamo un esempio di un altro strumento di AI quale Midjourney con il quale ho fatto un lavoro di educazione civica in classe in cui ho chiesto ai miei studenti, anche in gruppo, di elaborare una descrizione quanto più possibile accurata delle smart cities ecosostenibili del futuro. Successivamente hanno tradotto tutto queste descrizioni in inglese e infine abbiamo dato in pasto le descrizioni all’app che ha generato delle immagini a partire dal testo, dando in qualche modo una forma visibile al loro pensiero.

Ne è seguito un contest per valutare quale di queste immagini fosse più rispondente alla descrizione testuale che gli studenti avevano fatto, e qui entrano in gioco diverse competenze. La stessa cosa è possibile fare con DALL E, che è un’altra app generativa sempre sviluppata da Open AI, la stessa software house che ha sviluppato ChatGPT. Ad esempio i miei studenti di prima con questa app hanno realizzato le loro immagini di scarpette rosse per la giornata per l’eliminazione della violenza sulle donne e poi, una volta ottenuta l’immagine generata dalla AI sulla base della loro descrizione testuale, l’hanno modificata con Canva per realizzare dei volantini a tema.

Anche per il Dantedì abbiamo preparato delle attività tra realtà virtuale e intelligenza artificiale che comunque parte da un grande studio dell’autore, in questo caso di Dante, per poter poi sviluppare il modello che stiamo preparando. In realtà tutte queste attività innovative comunque richiedono conoscenze di tipo tradizionale e uno studio sugli autori, poi dopo lo strumento può essere un veicolo per sviluppare le competenze necessarie agli studenti come quelle linguistiche, di scrittura, a stimolare la creatività e a lavorare bene in gruppo. Soprattutto, per quello che mi riguarda, l’intelligenza artificiale mi sta aiutando molto sull’aspetto motivazionale degli studenti.

È un aspetto a cui tengo particolarmente, insisto molto sulla motivazione perché nel contesto in cui insegno, un istituto tecnico in provincia di Caserta, l’ITE Gallo di Aversa per la precisione, non è un contesto semplice, o meglio gli studenti hanno bisogno di una motivazione ulteriore e questi strumenti sicuramente possono aiutare. Poi, come già detto prima, c’è ChatGPT, un modello generativo che utilizza il Natural Processing Language per simulare il linguaggio umano che si può utilizzare in tantissimi modi.

Quando l’ho mostrato ai miei alunni inizialmente sono rimasti estremamente sorpresi dall’app, non riuscivano a capire che fosse una macchina a parlare, che fosse in grado di conversare come un umano, tanto è efficiente il modello nel produrre dei testi. Abbiamo provato a fare degli esperimenti e ad esempio abbiamo provato a fare la lezione al contrario, cioè invece di partire dalla spiegazione siamo partiti dal quiz, ovvero abbiamo dato in pasto a ChatGPT un quiz a risposta multipla, domanda per domanda, per vedere se effettivamente fosse in grado di fornire le risposte giuste e fornire anche una spiegazione.

Nella maggior parte dei casi c’è riuscita, in pratica è come se fosse un assistente personale, nel senso che se sei a casa da solo a studiare e non sai la risposta, anziché fare una ricerca, rivedere gli appunti o il libro per arrivare a dare la risposta, potrai chiedere a ChatGPT di aiutarti in questo. Un’altra sperimentazione che abbiamo fatto è stata quella di simulare conversazioni tra personaggi storici.

Questa tecnologia è in continua evoluzione, come hai detto tu è uscita da poco la versione 4 di GPT che sto provando, anche se la versione multimodale non è stata ancora rilasciata, che è quella che cambierà di molto l’utilizzo di questi software. Addirittura sul sito fanno vedere che da un semplice disegno di un sito web ChatGPT è in grado di fornire il codice per realizzare questo sito web. È un’attività che mi piacerebbe fare con i miei studenti dove loro si possono dedicare all’attività di design e pur non avendo le competenze informatiche, perché non è il loro indirizzo, è possibile realizzare il sito lasciando la realizzazione del codice all’app.

Inoltre faccio anche corsi ai docenti su questo tema e la domanda che tu mi hai fatto io l’ho posta a loro, l’ho messo proprio come compito nell’ultimo corso che ho fatto, in pratica gli ho chiesto quale attività farebbero utilizzando ChatGPT con i loro studenti. Sono uscite delle attività bellissime anche in combinazione con le app text-to Image, come Dall E, o altre app che creano modelli di machine learning come la teachable machine di Google. Sono tutte app che è possibile utilizzare anche senza avere una conoscenza informatica particolare.

Tra i lavori presentati dai docenti ricordo uno sulle galassie che poi il professore ha presentato ai suoi studenti con un buon riscontro. Un altro tipo di attività può essere, ad esempio, quella di trovare l’errore, visto che ChatGPT non è un motore di ricerca, ma è un modello generativo di linguaggio e quindi non è esente da errori, tant’è vero che con la release 4 hanno specificato che lo strumento fa il 40% di errori in meno alla versione precedente, ma comunque li fa. Quindi un modo di utilizzarlo al contrario è quello di cercare gli errori che il modello ha fatto. Insomma, le attività che si possono fare sono veramente tante, però ribadisco che, come detto all’inizio, bisogna partire dalla competenza, decidere che tipo di competenza si vuole sviluppare e poi costruire l’attività intorno. Capisco l’entusiasmo per lo strumento, ma se non si ha un obiettivo didattico in mente è soltanto uno strumento.

Chiudiamo con un’ultima domanda. La formazione è fondamentale, ma ormai sta diventando un fenomeno con un carico troppo oneroso per i docenti considerati i vari ambiti in cui essa è richiesta, dalla didattica classica alla didattica speciale e ora alle nuove tecnologie. Quanto è importante restare collegati con la realtà che ci circonda e quanto è impegnativa una formazione su questo ambito tecnologico?

Non lo dico perché faccio anche il formatore, ma secondo me questo è un aspetto fondamentale in ogni lavoro e a maggior ragione nel lavoro di docente. È un aspetto al quale bisognerebbe dare il giusto peso ma anche il giusto tempo, perché, come giustamente hai sottolineato, noi docenti siamo presi da tante altre attività che ci sottraggono tempo e che comunque vanno fatte. Quella della formazione è un carico in più, soprattutto quando poi si parte da una formazione sulle nuove tecnologie non è detto che sia nelle corde di tutti i docenti e quindi può risultare pesante. Proprio per questi motivi con i Poli STEAM con i quali collaboro abbiamo deciso di ridurre i tempi di formazione passando da 20-25 ore a corso a circa 10-15 ore sincrone su specifici argomenti, in cui spesso coinvolgo i docenti in attività laboratoriali, anche in gruppo.

Ad esempio, nell’ultimo corso gratuito per il Polo STEAM di Cuneo su Scuola Futura ho insegnato ai docenti a progettare dei chatbot didattici, che sono dei veri e propri assistenti che possano aiutare gli studenti anche quando il docente non è disponibile. È chiaro che una buona formazione su IA, metaverso, blockchain e tutte queste nuove tecnologie è fondamentale anche per evitare di restare chiusi nell’ambito dei programmi. Il mondo va avanti e la scuola deve essere in qualche modo un collante con il mondo esterno e con quello che gli studenti troveranno una volta finito il loro percorso scolastico. Ripeto quello che ho detto all’inizio, secondo me è impensabile ignorare che queste tecnologie ci siano, perché sono già all’interno delle nostre vite e le condizionano.

Sono convinto che una formazione vada fatta e deve essere di tipo laboratoriale, deve essere strutturata su un numero di ore congruo affinché gli insegnanti non ne sentano il peso e deve essere collegata alla realtà. L’intelligenza artificiale è una cosa che esiste, che condiziona le nostre vite e condiziona anche il mondo del lavoro. È necessario che tutti i docenti, in maniera trasversale, siano formati su questo argomento e provino a introdurlo in classe. Come giustamente hai sottolineato il problema della formazione è un problema spinoso e di difficile risoluzione proprio perché gli impegni sono tanti e spesso subentra anche la demotivazione nel formarsi. Personalmente ritengo che sia un aspetto fondamentale quello di essere informati e puntare innanzitutto sulle competenze, all’interno della propria disciplina, e cercare di collegarsi con il mondo e con quello che gli studenti troveranno fuori al fine di evitare che escano dalla scuola impreparati ad affrontare le difficoltà che incontreranno. Questo è un obiettivo fondamentale che le scuole dovrebbero perseguire.

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