La responsabilità del docente per omessa vigilanza

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Il coinvolgimento del docente nel giudizio (o meglio nei giudizi) per omessa vigilanza è regolato da norme che si sono evolute nel tempo grazie alla considerazione del legislatore sulla particolarità dell’insegnamento. Il docente è un dipendente pubblico al pari degli altri, se non per due fattori: l’allievo entra attivamente nel processo produttivo del servizio di insegnamento; la funzione del docente è socialmente riconosciuta e gravata di una complessa responsabilità educativa e di vigilanza sull’incolumità dell’allievo. Di ciò il legislatore ha tenuto conto nel disciplinarne la responsabilità.

Per comprendere la posizione del docente bisogna partire dalle norme di diritto pubblico.

L’art. 28 della Costituzione prevede la responsabilità personale del dipendente pubblico che si estende alla P.A. di appartenenza nel caso di danno provocato al terzo.

A questa norma è seguita una previsione normativa più puntuale per quanto riguarda i docenti: la legge 312 del 1980, che ha escluso la legittimazione passiva del docente nel caso di danno da risarcire a causa di omessa vigilanza. Quindi davanti al giudice civile non viene citato il docente, ma solo l’Amministrazione che si surroga a questo, salvo esercitare successivamente contro di lui azione di rivalsa davanti alla Corte dei Conti. Questa valuterà il comportamento del docente, in particolare il grado della sua colpevolezza che deve attestarsi sul dolo o la colpa grave.

L’onere della prova

Nella causa civile, nella quale compare solo l’amministrazione, l’onere della prova a carico di quest’ultima è quello previsto dall’art. 2048 del C.C.; deve cioè dimostrare di aver adottato tutte le misure organizzative per evitare il danno. Tale onere va costruito dietro le quinte poiché tutta la documentazione prodotta costituirà mezzo di prova a discarico dell’Amministrazione. Essa consta di:

  • documenti organizzativi preesistenti cioè atti regolamentari interni e datoriali che regolano il comportamento del personale scolastico correlato alla gestione della vigilanza e alla prevenzione del rischio.
  • documentazione contestuale all’accadimento lesivo, ovvero i verbali di dichiarazioni rese dalla parte lesa e dai testimoni presenti all’evento, nonché le procedure adottate a seguito della lesione (comportamenti attinenti all’esecuzione delle direttive in materia di sicurezza sul luogo di lavoro ai quali sono tenuti i dipendenti).

Il danneggiato dovrà dimostrare di avere subito un evento lesivo in occasione della prestazione scolastica e il relativo danno, mentre l’istituto dovrà fornire prova liberatoria della riconducibilità dell’evento lesivo a una sequenza causale non evitabile e comunque non prevedibile, neppure mediante l’adozione di ogni misura idonea, in relazione alle circostanze, a scongiurare il pericolo di lesioni, salva la valutazione dell’apporto causale della condotta negligente o imprudente della vittima, ai sensi dell’ art. 1227 C.C.

Tale prova ha contenuti diversi a seconda delle specificità del caso, per es. dell’età dell’allievo responsabile e del contesto.

Il raggiungimento della maggiore età non esclude di per sé la responsabilità ex art. 2048 , 2 co., c.c., ma incide sul contenuto della prova liberatoria a carico dell’insegnante (l’età del maggiorenne deve ritenersi ordinariamente sufficiente ad integrare il caso fortuito, in quanto l’evento è stato causato da persona munita di completa capacità di discernimento, che non necessita – quantomeno per attività materiali non specificamente correlate ad un insegnamento tecnico – di vigilanza alcuna, e tale da far ritenere  la non prevedibilità della condotta dannosa, salva prova contraria da fornirsi da parte del soggetto danneggiato. (Cassazione civile, Sez. III, ordinanza n. 2334 del 31 gennaio 2018)

Il nesso causale

In questa fase il docente anche se non convenuto nella causa civile può essere citato come testimone o chiedere di ricoprire tale ruolo, esercitando indirettamente il proprio diritto di difesa. Il giudice civile non pesa la colpa del docente, ma va ad analizzare l’esistenza del nesso di causalità tra il suo comportamento e l’evento lesivo.

Potrebbe obiettarsi che vi sono delle differenze, concernenti il regime probatorio, tra l’accertamento del nesso causale in sede penale e in sede civile. Il primo, è regolato dal principio dell’”oltre ogni ragionevole dubbio”; il secondo da quello della preponderanza dell’evidenza o “del più probabile che non” (cfr. Cass. Civ. sent. 22 ottobre 2013 n. 23933, in cui si  precisa che il giudice civile potrà affermare l’esistenza del nesso causale tra illecito e danno “anche soltanto sulla base di una prova che lo renda probabile, a nulla rilevando che tale prova non sia idonea a garantire una assoluta certezza al di là di ogni ragionevole dubbio).

La differenza tra i due regimi di imputazione sta proprio nel grado probatorio che si richiede nel processo civile rispetto a quello penale, in ragione delle diverse funzioni dei due ambiti di responsabilità.

La responsabilità civile assolve una funzione riparatoria (gli interessi sono qui di natura pecuniaria); quella penale ha lo scopo di sanzionare un comportamento riprovevole (l’interesse è la tutela della libertà personale).

Dunque, solo dopo l’eventuale condanna dell’amministrazione in sede civile scatta l’obbligo per il DS o per l’USR di denuncia alla Corte dei Conti affinché si proceda con una preistruttoria per verificare la possibilità di attivare l’azione di rivalsa nei confronti del docente.

Mentre la responsabilità civile trova fondamento nel principio generale del neminem laedere ed è ascrivibile al genus della responsabilità extracontrattuale, quella amministrativa ha radice nella violazione di un obbligo di servizio ed è di tipo contrattuale. Pertanto, nell’azione di responsabilità amministrativa il regime probatorio esige che tutti gli elementi costitutivi, compreso quello psicologico, siano soggetti all’onere della prova a carico del PR, non trovando spazio alcun tipo di presunzione di colpa, come quella prevista dall’art. 2048 C.C..

Se dalla fase preistruttoria il Procuratore evince gli elementi che possono evidenziare la colpevolezza grave del docente, allora si formalizza la rivalsa e il docente andrà davanti al Collegio giudicante. Da precisare come, in sede di accertamento della responsabilità per danno erariale indiretto di un insegnante per incidente occorso a un alunno, non può operarsi un mero recepimento delle statuizioni intervenute in sede di giudizio civile. In sede gius-contabile non trova applicazione la presunzione di colpevolezza dettata dell’art. 2048, comma 2, c.c., a carico di maestri e precettori, ma deve essere data un’accurata prova della colpa grave di questi ultimi. La colpa grave va, come in ogni altro giudizio, da parte attrice comprovata unitamente al nesso eziologico tra la condotta e l’evento lesivo produttivo del danno.

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