La prima richiesta di interdizione  per due banche svizzere«Riciclavano soldi alle Bahamas»

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L’accusa: utilizzavano un vero e proprio sistema per tutelare i capitali illeciti dei clienti. Il valore del sequestro disposto dal gip milanese Domenico Santoro alla banca elvetica «Cramer & Cie Sa» è di 224 milioni di euro

Dove sta la Svizzera? Alle Bahamas. Per la geografia no. Ma per il riciclaggio in parte coltivato da taluni istituti di credito elvetici, sì, è stato vero. Tanto che adesso — se non è certo una novità vedere banche straniere essere indagate a Milano per riciclaggio e pagare grosse somme pur di patteggiare come enti la legge 231/2001 —, la Procura di Milano chiede invece a un giudice per la prima volta in Italia di interdire dallo svolgere attività bancaria due banche svizzere per responsabilità amministrativa nel non aver prevenuto con adeguati modelli organizzativi interni i riciclaggi attuati da propri dirigenti nell’interesse aziendale: riciclaggi inquadrati dalle indagini come non isolate iniziative di singoli, ma espressioni di una «politica di impresa tossica», che alla struttura aziendale formale (volta a rispettare le regole) ne avrebbe affiancata un’altra invece «informale» e normalizzatrice di pratiche illecite.

E intanto il gip milanese Domenico Santoro dispone il sequestro in Svizzera di 23,5 milioni di euro, appunto, a queste due banche elvetiche (22,4 milioni a «Cramer & Cie Sa» e 1 milione e 142 mila euro a «Reyl & Cie Sa», che dal 2021 è del gruppo Intesa San Paolo), nel presupposto che le succursali a Lugano di Cramer dal 2010 al 2018, e di Reyl nel 2018, tramite due allora dirigenti (i fratelli Massimo ed Emilio Bosia) e il consulente Giancarlo Cervino, abbiano «erogato» quello che il pm Paolo Storari qualifica come «una sorta di servizio» riciclatorio «in favore dei clienti» evasori fiscali italiani. Per carenza di attualità delle esigenze cautelari il gip ha invece respinto la richiesta di arresto dei due ex dirigenti, che oggi lavorano altrove.

«I clienti italiani — ha spiegato Cervino, condannato a sei anni per riciclaggio — avevano bisogno di ritirare i soldi da quei conti» ma, «siccome si cominciava a parlare di scambio di informazioni tra Italia e Svizzera, le banche elvetiche effettuavano questo servizio a tutela dei clienti», e cioè «trasferivano i conti presso le loro filiali alle Bahamas: il prelievo poteva così essere effettuato direttamente in Svizzera, come se il cliente si trovasse alle Bahamas».

Un servizio di lavanderia monetaria che però da agosto 2015 le banche temevano di protrarre, e «a quel punto — continua Cervino — una serie di dirigenti di Lugano mi ha chiesto esplicitamente se potessi far io questo servizio, e io ho fatto il più grande errore della mia vita e ho detto sì. I primi a propormelo sono stati i fratelli Bosia», cioè Massimo in banca Cramer ed Emilio nell’istituto Reyl: banca che nel 2017 aveva stretto con Cervino un curioso contratto (sequestrato in una valigetta) dove Cervino veniva indicato procacciatore d’affari per la banca, ma al contempo istruito a «non dare l’impressione, nei confronti di terzi, di agire quale rappresentante della banca».

E quando la banca centrale delle Bahamas fa una ispezione sull’istituto Pib controllato da Cramer, Bosia chiede proprio a Cervino di sistemare «una serie di transazioni che necessitano di una base contrattuale o una pezza a giustificazione» per l’antiriciclaggio: e qui le mail sequestrate a Bosia e Cervino con Carole Richard, capo del private banking di banca Pib, «fanno intendere un diretto coinvolgimento dell’istituto, non a caso interessato a conseguire quanto utile ad archiviare le pendenze antiriciclaggio». «Insieme a Cervino — racconta del resto un cliente —, quando siamo andati in banca Cramer c’era anche un certo Bosia, che penso fosse il direttore e usò una espressione rimastami in mente: “Qui non siamo in Svizz era, ma alle Bahamas”».

lferrarella@corriere.it

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24 luglio 2022 (modifica il 24 luglio 2022 | 23:03)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

, 2022-07-24 21:03:00,

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L’accusa: utilizzavano un vero e proprio sistema per tutelare i capitali illeciti dei clienti. Il valore del sequestro disposto dal gip milanese Domenico Santoro alla banca elvetica «Cramer & Cie Sa» è di 224 milioni di euro

Dove sta la Svizzera? Alle Bahamas. Per la geografia no. Ma per il riciclaggio in parte coltivato da taluni istituti di credito elvetici, sì, è stato vero. Tanto che adesso — se non è certo una novità vedere banche straniere essere indagate a Milano per riciclaggio e pagare grosse somme pur di patteggiare come enti la legge 231/2001 —, la Procura di Milano chiede invece a un giudice per la prima volta in Italia di interdire dallo svolgere attività bancaria due banche svizzere per responsabilità amministrativa nel non aver prevenuto con adeguati modelli organizzativi interni i riciclaggi attuati da propri dirigenti nell’interesse aziendale: riciclaggi inquadrati dalle indagini come non isolate iniziative di singoli, ma espressioni di una «politica di impresa tossica», che alla struttura aziendale formale (volta a rispettare le regole) ne avrebbe affiancata un’altra invece «informale» e normalizzatrice di pratiche illecite.

E intanto il gip milanese Domenico Santoro dispone il sequestro in Svizzera di 23,5 milioni di euro, appunto, a queste due banche elvetiche (22,4 milioni a «Cramer & Cie Sa» e 1 milione e 142 mila euro a «Reyl & Cie Sa», che dal 2021 è del gruppo Intesa San Paolo), nel presupposto che le succursali a Lugano di Cramer dal 2010 al 2018, e di Reyl nel 2018, tramite due allora dirigenti (i fratelli Massimo ed Emilio Bosia) e il consulente Giancarlo Cervino, abbiano «erogato» quello che il pm Paolo Storari qualifica come «una sorta di servizio» riciclatorio «in favore dei clienti» evasori fiscali italiani. Per carenza di attualità delle esigenze cautelari il gip ha invece respinto la richiesta di arresto dei due ex dirigenti, che oggi lavorano altrove.

«I clienti italiani — ha spiegato Cervino, condannato a sei anni per riciclaggio — avevano bisogno di ritirare i soldi da quei conti» ma, «siccome si cominciava a parlare di scambio di informazioni tra Italia e Svizzera, le banche elvetiche effettuavano questo servizio a tutela dei clienti», e cioè «trasferivano i conti presso le loro filiali alle Bahamas: il prelievo poteva così essere effettuato direttamente in Svizzera, come se il cliente si trovasse alle Bahamas».

Un servizio di lavanderia monetaria che però da agosto 2015 le banche temevano di protrarre, e «a quel punto — continua Cervino — una serie di dirigenti di Lugano mi ha chiesto esplicitamente se potessi far io questo servizio, e io ho fatto il più grande errore della mia vita e ho detto sì. I primi a propormelo sono stati i fratelli Bosia», cioè Massimo in banca Cramer ed Emilio nell’istituto Reyl: banca che nel 2017 aveva stretto con Cervino un curioso contratto (sequestrato in una valigetta) dove Cervino veniva indicato procacciatore d’affari per la banca, ma al contempo istruito a «non dare l’impressione, nei confronti di terzi, di agire quale rappresentante della banca».

E quando la banca centrale delle Bahamas fa una ispezione sull’istituto Pib controllato da Cramer, Bosia chiede proprio a Cervino di sistemare «una serie di transazioni che necessitano di una base contrattuale o una pezza a giustificazione» per l’antiriciclaggio: e qui le mail sequestrate a Bosia e Cervino con Carole Richard, capo del private banking di banca Pib, «fanno intendere un diretto coinvolgimento dell’istituto, non a caso interessato a conseguire quanto utile ad archiviare le pendenze antiriciclaggio». «Insieme a Cervino — racconta del resto un cliente —, quando siamo andati in banca Cramer c’era anche un certo Bosia, che penso fosse il direttore e usò una espressione rimastami in mente: “Qui non siamo in Svizz era, ma alle Bahamas”».

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24 luglio 2022 (modifica il 24 luglio 2022 | 23:03)

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