La moglie del capo di Azov: «A Olenivka strage pianificata, dov’erano i garanti internazionali?»

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di Giusi Fasano

Katerina Prokopenko, moglie del comandante del reggimento Azov: l’ultima volta che ho visto mio marito è stato prima della guerra, poi l’ho sentito il 23 maggio. I russi dicono che sia a Mosca ma non so se è vero

DALLA NOSTRA INVIATA

KIEV – «Guardi queste foto». Katerina Prokopenko mostra immagini scaricate sul suo cellulare. «Sono scatti aerei della Maxar tecnology ed è l’ultimo aggiornamento che abbiamo sul massacro dei prigionieri di guerra a Olenivka».

Dalle foto si vedono due cose. Delle buche vicino alla struttura, scavate fra il 18 e il 21 luglio, e il capannone dov’erano i 53 prigionieri uccisi e gli otre 70 feriti: è distrutto senza che nient’altro attorno sia danneggiato. «È la conferma che questa strage era stata pianificata», è convinta lei, che parla a nome di tutte le mogli dei soldati dell’acciaieria Azovstal e che è la moglie del comandante del reggimento Azov, Denis Prokopenko, il prigioniero di guerra più simbolico nelle mani dei russi.

Ha notizie recenti di suo marito?

«No. L’ultima volta che l’ho visto è stato 10 giorni prima che la guerra cominciasse e l’ultima che ho sentito la sua voce – soltanto qualche parola – è stato il 23 di maggio. I russi dicono che è a Mosca ma non so se è vero».

Che cosa sapete della strage di Olenivka?

«Non sappiamo niente sulle identità dei morti e dei feriti, se è questo che vuole sapere. Abbiamo raccolto immagini e testimonianze dai canali telegram dei soldati e della propaganda russa, abbiamo mostrato le foto a medici legali esperti in questo genere di indagini e loro ci confermano: alcuni dei prigionieri di guerra erano stati torturati e uccisi prima del massacro. Il tipo di ferite che hanno, le condizioni dei loro corpi non sembrano compatibili con le esplosioni».

I russi ora invitano le Nazioni Unite e la Croce Rossa a visitare la prigione.

«Io vorrei chiedere: dove sono stati finora la Croce Rossa e L’Onu? Un giorno prima i nostri soldati sono stati spostati in quel posto che è diventato la loro tomba. Perché la Croce Rossa e l’Onu non erano lì a monitorare queste operazioni? Noi credevamo che loro fossero istituzioni garanti della sicurezza. Se fossero stati lì avrebbero visto quantomeno le buche appena scavate, per esempio…Che la Russia voglia disfarsi dei nostri soldati, del resto, non è un segreto. Basta leggere cosa scrive la loro ambasciata nel Regno Unito…».

Si riferisce al tweet sui militari di Azov che “meritano l’esecuzione per impiccagione”, perché “non sono veri soldati e quella è una morte umiliante?”

«Esatto. Quel tweet per me è una conferma in più della responsabilità russa a Olenivka. Non ha nessun senso l’ipotesi che siano stati gli ucraini, come dicono loro, per non far testimoniare i soldati sui crimini di guerra commessi. Se l’Ucraina avesse voluto morti i soldati di Azov li avrebbe lasciati morire nelle viscere di Azovstal».

Qual è l’appello che vorrebbe fare al mondo?

«Vorrei che il mondo non si voltasse dall’altra parte perché le dirò la verità: siamo delusi. La situazione è tragica, non soltanto per noi mogli dei prigionieri di guerra ma per tutti. E più passa il tempo più vediamo scomparire le notizie e l’attenzione. È frustrante. Noi ci sentiamo sole, nessuno si preoccupa di noi e ci sentiamo sole con il nostro dolore, la nostra tragedia,la nostra guerra. Questo ci spaventa».

31 luglio 2022 (modifica il 31 luglio 2022 | 23:06)

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, 2022-07-31 21:24:00, Katerina Prokopenko, moglie del comandante del reggimento Azov: l’ultima volta che ho visto mio marito è stato prima della guerra, poi l’ho sentito il 23 maggio. I russi dicono che sia a Mosca ma non so se è vero, Giusi Fasano

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