Klaus: «Ho 1,5 milioni di fan ma mio papà mi chiama consulente»

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di Michela Rovelli

L’influencer, 25 anni: «Colonne sonore, viaggi, eventi Su YouTube ho messo oltre metà della mia vita»

È quasi impossibile descrivere in una parola la professione di Klaus, all’anagrafe Tudor Laurini. «Anche i miei genitori, quando gli chiedono “tuo figlio che fa?” non sanno che dire». Deejay, Youtuber, attivista, organizzatore di eventi. Il 25enne nato a Roma (e milanese d’adozione) sembra non riuscire a star fermo. «Ho riempito la mia scrivania di passioni», dalla musica alla montagna. E per ognuna, studia e immagina un nuovo modo per raccontarla ai suoi follower: quasi un milione e mezzo su YouTube. Klaus è diverso dai classici influencer: «Non sono una persona social. Ma forse sono un influencer, nel senso letterale della parola di trasmettere. Sento la responsabilità di questi numeri».

Quando hai aperto il tuo canale YouTube?

«Ho iniziato circa 12 anni fa a comporre musica con il computer. Ho fatto diverse “canzoni” — le chiamavo così — e le pubblicavo su MySpace. Però non andavano. Quindi mi sono messo a raccontare il processo creativo che c’era dietro con video su YouTube. Dalla musica ho scoperto il montaggio video, la grafica e la modellazione 3D. Ho coltivato le mie curiosità in parallelo alla scuola. Dopo sono arrivati i video di viaggi e concerti. È strano, più della metà della mia vita è su YouTube».

E il numero dei tuoi follower è esploso.

«A quei tempi YouTube era solo un sito dove caricare video, non era considerato un social. A un certo punto sono arrivate tante persone, community, business. Avevo un canale già ricco, uno dei pochi, ed è esploso tutto. Oggi è figo avere numeri alti sui social, al tempo era da sfigati. In terza liceo avevo 300mila follower e mi vergognavo. In realtà non ho mai cercato questo. Anche perché vengo da una famiglia molto riservata».

I tuoi non saranno stati molto contenti del tuo successo allora…

«Mio padre lo ha scoperto per caso, gli ho sempre nascosto tutto. Ma a un certo punto la situazione mi è sfuggita di mano, mi riconoscevano per strada. Un giorno eravamo al mare, e un suo collega gli dice “Ti spiace se mio figlio fa una foto con Klaus? Sai, lo segue su YouTube, è famoso”. Vedendo l’espressione di mio padre ho capito che era successo l’inevitabile… »

La tua passione per i viaggi nasce proprio da lui.

«Ho iniziato a fare video legati ai viaggi e al mondo della montagna quando mi sono trasferito a Milano. Mio padre viaggiava tantissimo e quando tornava a casa attaccava la macchina fotografica alla tv e partiva con 4 ore di “pezza” di foto. Sono cresciuto con l’idea di trasmettere, di tener traccia di qualcosa. Ho fatto la stessa cosa con i video: creavo un ricordo per chi mi seguiva».

Dove trovavi i soldi per fare questi viaggi? Dai guadagni su YouTube?

«Non ho mai monetizzato un euro su YouTube. Solo all’inizio, per qualche mese, ma poi sono entrato in quella dinamica in cui l’algoritmo ti studia e tu finisci per ragionare come lui. La mia mente iniziava a scegliere i video per guadagnare di più. E quindi ho deciso: non volevo essere schiavo dell’algoritmo. Durante la scuola ho fatto tantissimi lavoretti: giardiniere, cameriere, aiuto cuoco… Duravano tutti un mese perché non avevo esperienza, però ero molto orgoglioso perché mi pagavo tutto io. Prendevo voli da 9 euro, treni scontati, andavo in giro in bicicletta. Raccontavo l’idea di esplorare, di prendere e partire. Sono sempre stato convinto che il viaggio, come la montagna, siano le cose che mi hanno fatto crescere di più».

Ecco, la tua altra grande passione: la montagna. Che ti ha portato anche a diventare l’autore della colonna sonora dei Mondiali di Cortina 2021.

«È nata proprio lì, a Cortina, con i suoni del luogo. Poi è stata presa per gli highlights di Champions League e Formula 1. E alla fine anche come soundtrack dei Mondiali di Sci. Cortina è il posto dove ho imparato a sciare, lì ho scoperto la montagna, ho fatto un sacco di amicizie e canzoni. Lì riesco a essere sereno e spensierato. La montagna è l’unico posto dove mi confronto con me stesso».

E poi hai conosciuto l’alpinista Hervé Barmasse.

«Mi ha preso e teletrasportato in montagna, nella sua mentalità. Quando ci siamo visti gli ho raccontato il mio sogno di salire sul Monte Bianco e l’anno scorso siamo andati. Hervé mi attiva i super poteri. Quest’anno abbiamo fatto un giro per l’Italia con il Cai per raccontare tutte le esperienze che si possono fare in montagna, dall’arrampicata allo sci alpinismo fino alle grotte. “Così scopri il Paese in cui vivi”, mi ha detto. E al Trento Film Festival abbiamo portato il nostro documentario La Traccia».

Che ne è stato della tua prima passione, la musica?

«Nel 2018 ho pubblicato una canzone che ha fatto un po’ di numeri, 5 milioni. L’anno dopo sono riuscito ad avere un mio tour estivo europeo. Sono partito per quello che era il mio sogno. Alla terza tappa volevo tornare indietro e annullare tutto. A 20 anni le mie aspirazioni erano cambiate. Quando mi sono ritrovato nei locali estivi, dove la gente si “sfasciava” e dovevo suonare fino alle 6 del mattino per poi prendere un aereo poche ore dopo, ho capito che non volevo fare questo nella vita. Finito il tour ho chiuso tutti i rapporti, anche con le major. E mi sono messo per conto mio».

E cosa hai fatto?

«Nel 2020 ho lanciato Wanderlust. L’idea era una piattaforma per fare eventi in spazi che il mio target non visita mai: musei, luoghi di cultura, parchi naturali. Mentre immaginavo il progetto ho visto la sala Fontana del Museo del Novecento e ho deciso: prima o poi volevo suonare lì. Alla fine, per una serie di coincidenze incredibili, è stata proprio la prima tappa. Durante la quarantena facevo il volontario all’ortomercato di Milano. Un giorno è arrivato l’assessore alla Cultura che si lamentava per la ripartenza dei musei post Covid. Allora gli ho detto “Ho un progetto perfetto per voi”. E alla fine ci siamo riusciti. Per ogni opera abbiamo suonato una canzone, creando un tour virtuale su YouTube che ha funzionato, tanto che molti giovani sono poi andati a visitarlo».

Alla fine, tuo padre, oggi apprezza quello che fai?

«Lo rispetta molto ma ancora non sa cosa raccontare a cena a Natale, dice che faccio il consulente. Va bene così. Dai miei genitori ho imparato i valori più importanti. Quando gli dicevo “papà voglio il computer” e lui mi rispondeva “i soldi te li devi guadagnare” non capivo. Ora sono consapevole che tutto quanto è successo grazie a lui e mia madre, al fatto che hanno sempre avuto una mente aperta. E l’hanno trasmessa un po’ anche a me».

11 settembre 2022 (modifica il 11 settembre 2022 | 23:39)

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, 2022-09-11 22:44:00, L’influencer, 25 anni: «Colonne sonore, viaggi, eventi Su YouTube ho messo oltre metà della mia vita», Michela Rovelli

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