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Ivanov e il «niet» al Cremlino l’ex ministro degli Esteri  firma lo stop al «conflitto»

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di Fabrizio Dragosei

L’attuale presidente del Consiglio russo per gli affari internazionali chiede a Mosca di «terminare l’inaccettabile e ingiustificabile perdita di vite umane»

Il tono è naturalmente molto cauto, come si conviene a un ex ministro degli Esteri e ad altri personaggi che per anni sono stati impegnati nella diplomazia internazionale. Ma nella sostanza il documento firmato da Igor Ivanov e altre quattro personalità di Stati Uniti, Germania e Gran Bretagna è decisamente fermo: «Il dialogo, la diplomazia e le trattative sono l’unica strada accettabile per risolvere il conflitto in una maniera che possa reggere alla prova del tempo. Dobbiamo tornare alla diplomazia e al dialogo per assicurare che le attuali dispute su questioni fondamentali siano negoziate e non combattute». L’ex responsabile del Mid (Ministerstvo inostrannykh del), una vita in diplomazia, venne nominato da Boris Eltsin e si dimise dopo aver lavorato per quattro anni con Vladimir Putin.

L’ex ministro e i suoi colleghi si guardano bene dal criticare la Russia. Ma il fatto che usino la parola «conflitto» fa capire quanto debba essere stato difficile per Ivanov firmare il testo. È noto che Putin non accetta altra definizione che «operazione militare speciale» per la guerra in Ucraina. Oltre a Ivanov il testo reca in fondo i nomi di Wolfgang Ischinger, ex presidente della Conferenza per la sicurezza di Monaco, di Sam Nunn ex senatore e co-presidente dell’Iniziativa sulla minaccia nucleare, di Des Browne, ex ministro della Difesa della Gran Bretagna e di Ernest J. Moniz, ex ministro Usa per l’Energia.

Le cinque personalità esprimono anche la preoccupazione che gli eventi possano portare a un qualche serio incidente nucleare. Citano gli scontri verificatisi attorno alla centrale di Zaporizhzhia: «Ci ricordano come una catastrofe nucleare può emergere dalla nebbia della guerra». E aggiungono che «il primo ed essenziale passo verso la riduzione dei rischi di un incidente casuale, di un errore o di uno sbaglio di calcolo sia un cessate il fuoco per terminare l’inaccettabile e ingiustificabile perdita di vite umane, inclusi civili innocenti».

Parole coraggiose per un russo che ha ancora incarichi ufficiali nel suo Paese. Professore all’Università Mgimo di Mosca, Ivanov è presidente del Consiglio russo per gli affari internazionali, un organismo creato con un decreto del Cremlino.

Non è un uomo di Putin e con l’ex agente del Kgb non ha mai avuto rapporti particolarmente cordiali. Nominato ministro degli Esteri da Eltsin nel 1998, è rimasto al suo posto fino al 2004 quando ha assunto il ruolo di segretario del Consiglio di sicurezza. Da qui si è dimesso nel 2007. La motivazione che lo stesso Ivanov ha dato ai media russi è stata che il suo compito di «impostazione dei lavori del Consiglio» si era concluso. Ma ricostruendo gli eventi di quei giorni, si può ipotizzare una sua opposizione alla linea del confronto sempre più duro che stava prevalendo sia a Washington che a Mosca. La richiesta dell’ex ministro di essere sollevato dall’incarico è del 9 luglio di quell’anno e Putin la accolse solamente dopo nove giorni, il 18. Nel frattempo, il 14 luglio, la Russia annunciava l’uscita dal Trattato sulle forze convenzionali in Europa.

Un diplomatico di formazione e d’animo, come si desume anche da uno scontro assai violento che ebbe nel 2001 con l’allora segretario di Stato di Bush Condoleeza Rice. Lei gli comunicò che gli Stati Uniti avevano deciso di uscire da un’altra intesa, quella sulla limitazione delle difese antimissili (Abm) e gli chiese di annunciare che anche la Russia rinunciava all’accordo che era stato sottoscritto nel lontano 1972. Ivanov ha raccontato che lui rifiutò categoricamente, nonostante le insistenze della Rice che in Russia avevano soprannominato «vulcano».

Dal 2004 sulla poltrona al Mid siede Sergej Lavrov, anche lui diplomatico di carriera come Ivanov ma uomo di tutt’altra pasta. Non c’è traccia in tutti questi anni di una sua presa di posizione minimamente dissonante rispetto a quella del Capo. In questi giorni è arrivato a sostenere, senza fare una piega, che la Russia non ha invaso l’Ucraina.

16 marzo 2022 (modifica il 16 marzo 2022 | 08:44)

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, 2022-03-16 07:37:00, L’attuale presidente del Consiglio russo per gli affari internazionali chiede a Mosca di «terminare l’inaccettabile e ingiustificabile perdita di vite umane», Fabrizio Dragosei

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