Proteste in Iran: poetessa allo stadio travestita da uomo, incarcerata e torturata. Ora è in fuga

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di Lorenzo Nicolao

Zahra Khoshnavaz ha denunciato la condizione delle tifose, costrette a camuffarsi per vedere una partita di calcio. Punita dalla polizia per una legge non scritta

Anche se sapeva di non aver commesso alcun crimine, Zahra Khoshnavaz era perfettamente cosciente che avrebbe attirato l’ira del regime, ma ha deciso di denunciare lo stesso. La 31enne poetessa e attivista iraniana, nonostante il suo Paese viva ora un momento drammatico a seguito della rivolta delle ragazze iraniane che ha visto il regime uccidere oltre 250 manifestanti ed incarcerarne migliaia, è infatti tornata allo stadio per veder giocare la propria Nazionale prima dei prossimi Mondiali. Travestita da uomo come in altre occasioni, ha postato anche questa volta sui social media le foto sugli spalti con altre cinque tifose, tutte con capelli corti, barba finta e guance dipinte con i colori della squadra. Tanto è bastato per la Guardia Rivoluzionaria Islamica del Paese per decidere di incarcerarla e torturarla. La sua colpa? Aver provocato l’autorità visto che non c’è alcuna regola o legge scritta che impedisca in Iran alle donne di vedere da sole una partita allo stadio.

Legge non scritta

Ma, di fatto le leggi non scritte sono quelle più difficili da scalzare. Le donne in Iran non possono vedere una partita di calcio maschile allo stadio sin dalla rivoluzione islamica del 1979, ad eccezione di rari casi e particolari occasioni tutte preventivamente approvate dal regime. «Ho scelto una partita importante», ha spiegato Khoshnavaz al Daily Mail attraverso un’app di messaggistica non ancora bloccata dal regime, «affinché la mia testimonianza fosse più efficace. La polizia mi ha subito convocato perché voleva farmi delle domande, ma non si è limitata a questo». Interrogatorio che per lei si è presto convertito in abusi da parte degli agenti e in una condanna di tre mesi nel carcere di Qarchak, a sud della capitale Teheran, una delle prigioni dalle condizioni più estreme e nella quale sono già detenuti molti dissidenti politici. «Ora vivo nascosta per sfuggire alle autorità. Non ho voglia di parlare, temo anche che la polizia abbiano confiscato la licenza del mio salone di bellezza per impedirmi di tornare a lavorare. Noi donne ora siamo trattate come degli assassini», ha rivelato l’attivista. In un periodo di grandi tensioni nel Paese, una semplice tifosa può dunque ora subire conseguenze come quelle che hanno portato alla morte della manifestante Mahsa Amini.

La poetessa dei diritti

Scrittrice e attivista, per anni Zahra Khoshnavaz, da appassionata di calcio, è andata allo stadio travestita da uomo, per vedere le partite della sua squadra del cuore, il Persepolis Fc di Teheran. Una condizione che alla fine non ha più tollerato e che ha voluto denunciare in occasione di un importante gara della Nazionale. A spingerla ad autodenunciarsi il terremoto che ha colpito l’Iran nel novembre 2017. «Perché rischiare di morire senza aver prima realizzato i propri sogni? Così ho deciso di denunciare quello che alle donne non è permesso di fare, senza che neanche ci sia una legge scritta. Basta promesse di cambiamento dai politici, senza che venga effettivamente fatto qualcosa». Ora le scelte di Khoshnavaz hanno innescato serie conseguenze per la sua libertà e dopo le torture ha paura di parlare in pubblico. «Non ho mai avuto paura di entrare allo stadio, e mi sono anche commossa nel farlo, tanto significa per me nonostante i rischi. Ora, con quello che ho subito, non me la sento di aggiungere ulteriori dettagli sulla vicenda», così al quotidiano britannico, impaurita dalle autorità e, molto probabilmente, dalle percosse e dagli abusi subiti.

La solidarietà dei calciatori

Solo pochissime donne, di fatto, hanno la possibilità di entrare negli stadi pubblicamente, attraverso un ingresso apposito, mentre la quasi totalità non può farlo, neanche se accompagnate dalla famiglia, da un padre, un marito o un fratello. Con i disordini degli ultimi giorni, raccontano molte testimoni, i sospetti della polizia, anche nei confronti di questa minoranza, è ancora maggiore, perché teme che negli stadi possa nascere qualche tipo di manifestazione per i diritti e contro il governo. La nazionale maschile stessa è stata richiamata e sanzionata, dopo che molti calciatori avevano espresso solidarietà verso le loro connazionali disposte a tutto pur di vederli giocare e verso le manifestanti che stanno scendendo in strada senza indossare l’hijab. I casi come quello della poetessa Khoshnavaz si intrecciano poi anche con il contesto internazionale attuale, con le accuse di squadre e federazioni calcistiche verso il regime iraniano che sostiene l’esercito russo nel conflitto in Ucraina. La richiesta più significativa è quello dello Shakthar Donetsk, uno dei più importanti club ucraini, che fa appello alla Fifa. «L’Iran deve essere escluso dai prossimi Mondiali come Russia e Bielorussia», una richiesta che viene condivisa da molte federazioni occidentali e da altrettante organizzazioni per i diritti umani, estendendo il discorso a quello che stanno vivendo le donne nel Paese, con una discriminazione che riguarda strettamente il calcio, oltre tutti gli altri diritti violati. «Anche lo sport è politica – dicono – non può esimersi da questo. Può essere però un elemento politico in senso positivo, se non accetta simili condizioni e combatte per valori come la libertà e l’uguaglianza, azzerando ogni discriminazione. Altrimenti ne sarà complice».

30 ottobre 2022 (modifica il 30 ottobre 2022 | 15:10)

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