Influenza aviaria, rischiamo una nuova pandemia? Cosa sappiamo oggi di H5N1

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di Laura Cuppini

Il virus H5N1 non ha per ora la capacit di trasmettersi tra esseri umani e anche il passaggio da animale a uomo sporadico. fondamentale monitorare i casi e tenere pronti i candidati vaccini

Perch l’influenza aviaria fa paura?
Dalla fine del 2021 stiamo assistendo a una delle peggiori epidemie globali di influenza aviaria (H5N1) nei volatili, con milioni di capi di pollame abbattuti e morie di massa di uccelli selvatici. L’infezione ha colpito anche dei mammiferi, come volpi e lontre. Risale a ottobre, ed stato descritto recentemente sulla rivista Eurosurveillance (lo studio dell’Istituto Zooprofilattico sperimentale delle Venezie), un focolaio in un allevamento di visoni in Galizia (Spagna), con la probabile trasmissione da mammifero a mammifero. Il virus all’origine del cluster appartiene al clade responsabile dell’attuale epidemia in Europa (2.3.4.4b; un clade descrive gruppi di virus simili in base alle loro sequenze genetiche, che vengono indicati con codici alfanumerici), ma presenta alcune mutazioni. In precedenza nel New England (Stati Uniti) c’era stata un’epidemia in gruppi di foche, che sono mammiferi ma in questo caso difficili da studiare perch selvatici.

Di influenza aviaria si era parlato molto nel 2005, anno in cui il virus (che era gi diffuso tra gli uccelli migratori) ha causato una serie di focolai ad elevata letalit nei volatili da cortile. Da allora ha continuato a circolare nelle popolazioni aviarie domestiche e selvatiche. Si conoscono almeno quindici sottotipi di virus influenzali distinti in base alla principale proteina di superficie (emoagglutinina o H) che infettano gli uccelli, anche se tutte le epidemie di influenza altamente patogena (Hpai) sono state causate da virus di tipo A dei sottotipi H5 e H7. A seconda della combinazione dell’H con l’altra proteina di superficie (neuraminidasi o N, da N1 a N9), il virus acquisisce una denominazione diversa (per esempio H5N1, H7N2).

Quali sono i rischi per l’uomo?
Gli studiosi ritengono che il virus non abbia acquisito la capacit di trasmettersi da uomo a uomo in modo efficace e questo un punto importante a nostro favore. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanit (Oms), dal 2003 a oggi ci sono stati 873 casi di aviaria in esseri umani con 458 decessi, in 21 Paesi. Osservando questi dati la letalit sarebbe altissima. Ma attualmente, per l’Oms, non vi sono particolari rischi per l’uomo.

Ha destato per preoccupazione, il 22 febbraio, la morte di una bambina di 11 anni in Cambogia (nella provincia sud-orientale di Prey Veng), per l’infezione da H5N1. Il decesso avvenuto sei giorni dopo la comparsa dei primi sintomi. Si infettato anche il padre, ma in modo asintomatico. Gli ultimi casi umani di aviaria, nella zona, risalivano a 9 anni fa. Il ceppo che ha ucciso la bambina una variante del clade 2.3.2.1c che circola nel pollame del Sud-Est asiatico e in passato stato responsabile di altri casi sporadici nell’uomo.

Non ci sono quindi legami tra il contagio della bambina e le infezioni che negli ultimi mesi hanno colpito uccelli e mammiferi in tutto il mondo, che sono invece prevalentemente dovuti al clade 2.3.4.4b.

Il passaggio da animale a uomo attraverso contatto diretto raro, ma non impossibile, ha ricordato l’Oms. E i bambini sono tra i soggetti pi a rischio di forme gravi. Vorrei esortare i genitori e chi si occupa dei bambini a tenerli lontani dal pollame malato o morto e assicurarsi che si lavino le mani con acqua e sapone dopo ogni eventuale contatto, ha affermato il ministro della Salute cambogiano, Mam Bunheng.

Come avviene il contagio?
Tutte le volte che i virus dell’influenza aviaria circolano nel pollame, c’ il rischio di infezione sporadica o di piccoli cluster di casi umani a causa dell’esposizione a pollame infetto o ad ambienti contaminati — ha chiarito l’Oms in una nota —. Le prove epidemiologiche e virologiche disponibili suggeriscono che gli attuali virus A/H5 non abbiano acquisito una capacit di trasmissione sostenuta tra gli esseri umani, quindi la probabilit di una diffusione da uomo a uomo bassa. Per questa ragione, sulla base delle informazioni finora disponibili, valutiamo come basso il rischio per la popolazione generale rappresentato da questo virus.

L’Oms, pur sollecitando una maggiore vigilanza su possibili casi di aviaria da parte di tutti i Paesi, ha sconsigliato di porre restrizione ai viaggi e commerci con la Cambogia, cos come l’applicazione di misure di screening ai viaggiatori. Tuttavia, per chi si reca in Paesi con focolai di influenza aviaria noti la raccomandazione di evitare fattorie, mercati di animali vivi, aree in cui gli animali vengono macellati e il contatto con superfici contaminate da feci.

Possiamo essere certi che non vi sia trasmissione da uomo a uomo?
difficile esprimersi con certezza su questo punto, anche in merito ai recenti casi in Cambogia — spiega Calogero Terregino, responsabile del Laboratorio di referenza europeo e del Centro di referenza nazionale per l’influenza aviaria e la malattia di Newcastle e direttore delle strutture complesse di Ricerca e innovazione e Virologia speciale e sperimentazione all’Istituto Zooprofilattico sperimentale delle Venezie —. Sappiamo per che altri familiari della bambina deceduta sono risultati negativi ad H5N1. Inoltre il padre, che in un primo momento sembrava avesse sintomi lievi e poi stato descritto come asintomatico, al secondo prelievo risultato negativo. Potremmo ipotizzare una contaminazione pi che di contagio, come accaduto in altri casi di infezione umana avvenuti in Spagna e Regno Unito: in pratica, a seguito del contatto ripetuto con alte cariche virali, alcuni individui potrebbero risultare debolmente positivi perch hanno semplicemente inalato parti del virus, che per non causano infezione. Far fede, nel caso del pap della bambina, il prelievo sierologico qualche giorno dopo l’esposizione: se saranno presenti anticorpi diretti contro H5N1 significa che c’ stato il contagio. Si sospetta una contaminazione delle vie aeree per due casi avvenuti in Spagna: hanno riguardato gli addetti all’abbattimento di pollame infetto, rimasti sempre asintomatici, e i prelievi sono stati effettuati a ridosso delle fasi di abbattimento.

Esiste un vaccino?
Ad oggi non abbiamo un vaccino contro il virus dell’influenza aviaria, ma diversi candidati sono in fase di studio. Sappiamo da tempo che l’influenza (sia aviaria che animale) una malattia dal potenziale pandemico — afferma Terregino —. Moltissimi scienziati e laboratori in tutto il mondo, collegati in rete, lavorano per avere prototipi di vaccini aggiornati: analizzano i virus che si trovano negli animali (ma soprattutto nei casi umani di influenza aviaria), con cui producono dei sieri, selezionando poi quelli con cui produrre dei prototipi di vaccini che reagiscono contro la maggior parte dei virus circolanti (o quelli pi diffusi). Tali ceppi costituiscono il materiale di partenza per possibili vaccini da usare in eventi pandemici. In caso di emergenza potremmo avere tempi di reazione molto pi rapidi rispetto a quanto avvenuto con Covid: basterebbero 3-4 mesi per avere una buona disponibilit di vaccini. Per quanto riguarda l’ipotesi di immunizzare gli animali, esistono alcune perplessit: sappiamo che il vaccino pu rendere la malattia meno grave, ma senza bloccare completamente l’infezione e la diffusione. Il rischio che l’infezione circoli in modo subdolo e incontrollato tra animali asintomatici. Al momento in Europa la scelta quella di abbattere rapidamente i capi infetti per evitare la diffusione da un allevamento all’altro, ma ci sono diversi vaccini animali allo studio. Il punto che puoi vaccinare solo a fronte di sorveglianza che garantisca l’individuazione di una eventuale presenza del virus. In Paesi dell’Africa e dell’Asia gli animali vengono gi immunizzati contro l’aviaria: si tratta di un modo per convivere con la malattia, ma senza impedire al virus di circolare. Dunque una scelta rischiosa (perch la pressione anticorpale pu fare sviluppare nuove varianti), anche se dovuta a motivi economici comprensibili: l’abbattimento dei capi infetti e sospetti sarebbe un problema enorme, una opzione impossibile da attuare in assenza di risorse.

Qual la situazione in Italia?
Nel nostro Paese non ci sono mai stati casi umani di aviaria, ma l’infezione ha colpito recentemente alcuni gruppi di gabbiani che vivono sulle rive del lago di Garda, in particolare sul lato veronese e bresciano. Anche in provincia di Trento, in valle dei Laghi, un gabbiano risultato positivo. Questo virus di solito non infetta l’uomo, anche se sono possibili sporadici casi di infezione umana in seguito a contatti diretti con animali infetti o le loro escrezioni — si legge in una nota dell’Azienda sanitaria di Trento —. Pur non essendo, al momento, il quadro particolarmente preoccupante bene adottare dei comportamenti prudenti per prevenire il possibile passaggio del virus agli animali allevati. importante segnalare immediatamente alle Unit operative di Igiene e sanit pubblica veterinaria qualsiasi moria anomala del pollame allevato. Si raccomanda di mantenere il pi possibile al chiuso il pollame allevato per evitare contatti con volatili selvatici. Inoltre i cittadini sono invitati a segnalare al Corpo forestale eventuali carcasse di uccelli, soprattutto se numerose, evitando ovviamente di toccarle.

Quali sono i rischi reali per il nostro Paese?
Il clade che ha ucciso la bambina in Cambogia (2.3.2.1c), e che ha causato altri sporadici casi umani, non presente in Italia e per ora non si trasferito agli uccelli selvatici. L’altro clade (2.3.4.4b), il pi diffuso tra questi ultimi, non sembra in grado di infettare efficacemente l’uomo — sottolinea Calogero Terregino —. Peraltro l’altissima letalit dei casi registrati dall’Oms pu essere dovuta a una sottostima dei contagi reali. Possiamo supporre che molte persone siano asintomatiche e non sappiamo perch alcuni invece si ammalino gravemente, fino alla morte. Riteniamo comunque che numerosi decessi non siano da ascrivere al virus in s, bens ad una abnome reazione infiammatoria, la famosa tempesta citochinica, che pu scatenarsi a seguito dell’infezione. Inoltre i casi umani (gravi) di aviaria, finora, si sono verificati in situazioni particolari di povert, malnutrizione, convivenza stretta con uccelli domestici. Tutte situazioni che si sono aggravate con la pandemia da Covid.

Perch la trasmissione tra mammiferi (per esempio i visoni in Spagna) preoccupante?
Il virus dell’aviaria estremamente diffuso in tutto il mondo ed necessario monitorarlo con attenzione — chiarisce Terregino —. Il focolaio in Spagna stato studiato (anche da noi dell’Istituto Zooprofilattico sperimentale delle Venezie) perch per colpire un mammifero il virus deve modificarsi ed era necessario conoscerne a fondo le caratteristiche. Al momento per non vi sono stati fenomeni di “adattamento radicale”, ovvero il virus rimasto di tipo aviario e non in grado di causare una pandemia tra i mammiferi. Non possiamo escludere completamente questa possibilit per il futuro perch se aumenta la diffusione del virus cresce anche il rischio di spill-over , ovvero il salto di specie. Anche i cambiamenti ambientali, con la distruzione di habitat, possono favorire tale passaggio. Per quanto riguarda i visoni, hanno dei recettori specifici per i virus aviari e in questo sono diversi dall’uomo. Dunque un contagio tra visoni merita attenzione, ma non deve procurare eccessivo allarme. Come Istituto Zooprofilattico sperimentale delle Venezie collaboriamo con diversi Paesi europei per tenere monitorata la situazione, ma ci sono nazioni — come la Cina — dove gli allevamenti di visoni sono numerosissimi senza per la possibilit, per noi, di avere dati su eventuali focolai. Quello che possiamo fare oggi, a parte il monitoraggio costante, estinguere velocemente i focolai, sorvegliare il personale esposto e usare le misure di prevenzione negli allevamenti colpiti. Abbiamo visto durante la pandemia che la mascherina e l’igiene delle mani sono due fattori altamente protettivi contro i virus influenzali.

1 marzo 2023 (modifica il 1 marzo 2023 | 19:44)

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