La spietata campagna di Putin e i doveri di noi occidentali

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Caro direttore,

quello che succede sul campo in Ucraina è sotto gli occhi di tutti, ogni giorno, ma sembra che per qualcuno tutto questo sia un gioco che può durare all’infinito. Mi riferisco a quei politici che, al caldo degli studi televisivi, espongono le più varie teorie sul conflitto per non farsi coinvolgere politicamente, sostenendo la inopportunità della fornitura di armi a quel Paese. Non so di cosa parlino questi personaggi: ma sanno cosa vuol dire vivere sotto le bombe, al freddo di quelle latitudini con bambini e anziani, con ospedali fuori uso, servizi essenziali mancanti, acquedotti distrutti, generi alimentari scarsi e sistema produttivo azzerato? Dopo tutto gli ucraini non ci hanno chiesto di andare al posto loro, ma di essere aiutati a difendere il loro territorio, la loro dignità e i loro confini, che poi sono anche i nostri. Era ed è il minimo che potessimo fare e dovremo continuare a fare oltre che sostenerli moralmente senza se e senza ma.

Luciano Giuliani

Caro signor Giuliani,

L a guerra è entrata in una fase terribile. All’inizio dell’inverno Putin ha deciso di infliggere con bombardamenti incessanti il massimo di sofferenza alla popolazione civile. Vuole lasciare gli ucraini al freddo, senza acqua, senza elettricità, isolati e senza viveri per piegarli e costringerli a quella resa che non è riuscito a ottenere con la battaglia sul campo. Cerca così di nascondere anche agli occhi dei russi il fallimento della sua «operazione speciale», una definizione ipocrita che nasconde l’intenzione di invadere e annettere l’Ucraina. A noi occidentali non resta che l’obbligo politico e morale di sostenere in tutti i modi Kiev, anche in questa fase tremenda e avvolta da troppa indifferenza. Fermare Putin è il solo modo per obbligarlo al tavolo delle trattative. Sostegno militare alla difesa ucraina, aiuti umanitari, iniziative pressanti delle grandi potenze (quando finalmente la Cina deciderà di fare qualcosa?) è l’unica strada percorribile perché tutto quello a cui assistiamo possa finire.

, 2022-11-28 00:07:00,

Caro direttore,

quello che succede sul campo in Ucraina è sotto gli occhi di tutti, ogni giorno, ma sembra che per qualcuno tutto questo sia un gioco che può durare all’infinito. Mi riferisco a quei politici che, al caldo degli studi televisivi, espongono le più varie teorie sul conflitto per non farsi coinvolgere politicamente, sostenendo la inopportunità della fornitura di armi a quel Paese. Non so di cosa parlino questi personaggi: ma sanno cosa vuol dire vivere sotto le bombe, al freddo di quelle latitudini con bambini e anziani, con ospedali fuori uso, servizi essenziali mancanti, acquedotti distrutti, generi alimentari scarsi e sistema produttivo azzerato? Dopo tutto gli ucraini non ci hanno chiesto di andare al posto loro, ma di essere aiutati a difendere il loro territorio, la loro dignità e i loro confini, che poi sono anche i nostri. Era ed è il minimo che potessimo fare e dovremo continuare a fare oltre che sostenerli moralmente senza se e senza ma.

Luciano Giuliani

Caro signor Giuliani,

L a guerra è entrata in una fase terribile. All’inizio dell’inverno Putin ha deciso di infliggere con bombardamenti incessanti il massimo di sofferenza alla popolazione civile. Vuole lasciare gli ucraini al freddo, senza acqua, senza elettricità, isolati e senza viveri per piegarli e costringerli a quella resa che non è riuscito a ottenere con la battaglia sul campo. Cerca così di nascondere anche agli occhi dei russi il fallimento della sua «operazione speciale», una definizione ipocrita che nasconde l’intenzione di invadere e annettere l’Ucraina. A noi occidentali non resta che l’obbligo politico e morale di sostenere in tutti i modi Kiev, anche in questa fase tremenda e avvolta da troppa indifferenza. Fermare Putin è il solo modo per obbligarlo al tavolo delle trattative. Sostegno militare alla difesa ucraina, aiuti umanitari, iniziative pressanti delle grandi potenze (quando finalmente la Cina deciderà di fare qualcosa?) è l’unica strada percorribile perché tutto quello a cui assistiamo possa finire.

, Luciano Fontana

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