Il matrimonio in fin di vita e poi il trapianto, il racconto di Silvia: «Dall’infarto al miracolo, così siamo tornati alla vita»

di Massimo Massenzio

Il racconto della 42enne dopo il matrimonio in ospedale con il suo compagno Maurizio, che ha voluto sposarsi come ultimo desiderio (e poi è sopravvissuto): «Quando il suo cuore è ripartito ho pianto di gioia. Ci siamo conosciuti tardi, ora diventerò donatrice»

Il primo bacio Silvia e Maurizio se lo sono dati la sera del 31 dicembre 2016, proprio a mezzanotte, in mezzo a brindisi e fuochi d’artificio. È stato l’inizio della loro storia d’amore, che ha rischiato di interrompersi bruscamente lo scorso 3 giugno quando Maurizio Calorio, 47 anni, è stato colpito da un infarto. Dopo 20 giorni di ricovero le sue condizioni, già critiche, si sono aggravate a causa di un’emorragia. Era tenuto in vita grazie all’ossigenazione extracorporea e solo un trapianto immediato avrebbe potuto salvarlo, ma nessuno poteva prevedere quando sarebbe stato possibile effettuarlo. E così, temendo il peggio, come «ultimo desiderio» il geometra di Alba ha chiesto alla sua compagna, Silvia Duca, 42 anni, di sposarlo. Lei ha detto sì e la cerimonia è stata celebrata il 23 giugno nel reparto di rianimazione cardiochirurgica delle Molinette di Torino. Un «matrimonio in fine vita», ma proprio durante quella notte Silvia è stata svegliata da una telefonata: a Napoli era stato individuato un cuore compatibile e suo marito stava entrando in sala operatoria.

Cos’ha provato in quel momento?
«È difficile da descrivere. Ci eravamo appena sposati ed ero arrivata ad Alba molto tardi. Dopo tante notti difficili, mi ero addormentata più serena, vicino a Sofia, la nostra bambina. Non ho mai smesso di credere che Maurizio ce l’avrebbe fatta e il matrimonio mi aveva dato una spinta in più, ma non mi sarei mai aspettata un regalo così grande e tempestivo. Quando ho sentito squillare il telefono, lo confesso, ho pensato al peggio, ma mi hanno tranquillizzata subito. Ho urlato di gioia, svegliato tutti i parenti e sarei partita per Torino all’istante, ma erano le quattro di notte e mio padre mi ha fermato. A mezzogiorno il professor Massimo Boffini è uscito dalla sala operatoria per dirci che l’intervento era riuscito e il cuore era ripartito. Non riuscivo proprio a parlare, poi mio padre mi ha abbracciata e sono scoppiata in un lungo pianto liberatorio. Dopo tre settimane da incubo c’era di nuovo una speranza concreta».

Facciamo un passo indietro. Come vi siete conosciuti?
«Era il 2010, avevamo amici in comune e una sera ci siamo ritrovati a cena allo stesso tavolo. Mi è piaciuto subito, ma per 5 anni ci siamo visti solo saltuariamente e in compagnia di altre persone. Poi, nel 2015, abbiamo avuto entrambi delle vicissitudini personali che ci hanno avvicinato. Alla festa di Capodanno del 2016 ci siamo fidanzati ufficialmente. Ci siamo incontrati tardi, ma siamo fatti l’uno per l’altra. Lui è dolce, affettuoso, disponibile e soprattutto ha la capacità di vedere il lato positivo delle cose. La sua calma placa la mia ansia. E poi è bellissimo, il marito migliore del mondo».

Com’è cambiato il vostro rapporto con la nascita di Sofia?
«È stato il coronamento del nostro sogno d’amore. L’abbiamo cercata tanto e alla fine è arrivata. Lo scorso agosto, mentre ero al lavoro all’ospedale di Verduno, sono quasi svenuta: quando ho mostrato a Maurizio il test di gravidanza non riusciva a crederci. Era al settimo cielo».

Sofia non aveva nemmeno 2 mesi quando suo marito ha avuto l’infarto. Cosa ricorda di quel pomeriggio?
«Io sono un tecnico di laboratorio, ma il 3 giugno ero ancora in maternità. Maurizio stava mangiando quando si è sentito male. Ho chiamato il 118 e un’ambulanza l’ha portato a Verduno, ma le sue condizioni erano già critiche e l’hanno trasferito alle Molinette, a Torino. È stata la nostra salvezza. Abbiamo incontrato infermieri e medici meravigliosi come la dottoressa Anna Trompeo e tutta l’équipe del professor Mauro Rinaldi. In quei giorni difficili sono stati la nostra famiglia».

Due medici della rianimazione vi hanno fatto da testimoni, mentre gli infermieri hanno realizzato un bouquet con i tappi delle provette. Organizzerete comunque un’altra cerimonia?
«Avevamo già in programma di sposarci a settembre, visto che avevamo rinviato il matrimonio per due volte per la pandemia. La cerimonia in ospedale è stata comunque bellissima ed emozionante, ma io ci terrei a sposarmi anche in chiesa: sono molto credente e penso che tutto quello che è successo abbia del miracoloso. Probabilmente faremo una festa unica per il battesimo di Sofia e il ritorno alla vita di Maurizio».

Prima del 23 giugno aveva mai pensato all’importanza della donazione degli organi?
«Purtroppo no, ma diventerò di sicuro donatrice. La generosità e il sacrificio di un ragazzo molto giovane hanno ridato la vita a Maurizio e alla nostra famiglia. Non smetterò mai di essere grata a quell’angelo. Adesso capisco quanto sia importante essere generosi e non pensare che “tanto non toccherà a me”. Donare una speranza è la cosa più bella che si possa fare».

I medici sono convinti che Maurizio possa tornare a una vita normale. Avete già fatto progetti per il futuro?
«Vogliamo procedere per gradi, la riabilitazione sarà ancora lunga, ma sta facendo grossi progressi. Lui non vede l’ora di tornare a prendere in braccio Sofia e io aspetto che sia di nuovo a casa per farmi coccolare un po’. I progetti sono questi, poi a fine anno magari ci concederemo il viaggio di nozze. Anche perché Maurizio adora il Natale».

7 luglio 2022 (modifica il 7 luglio 2022 | 08:19)

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, 2022-07-07 12:07:00, Il racconto della 42enne dopo il matrimonio in ospedale con il suo compagno Maurizio, che ha voluto sposarsi come ultimo desiderio (e poi è sopravvissuto): «Quando il suo cuore è ripartito ho pianto di gioia. Ci siamo conosciuti tardi, ora diventerò donatrice», Massimo Massenzio

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