Il lupo in Italia non è più in pericolo: oggi ce ne sono 3.300 esemplari

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I dati del monitoraggio coordinato dall’Ispra e durato tre anni: la specie è presente praticamente in tutto il territorio nazionale. Riflettori sui rischi dell’ibridazione con il cane

Il lupo non è più un animale in via di estinzione in Italia. Gode anzi di ottima salute: nell’intero territorio nazionale si stima una presenza di circa 3.300 esemplari, di cui circa 950 nelle regioni alpine e 2.400 distribuiti nel resto del Paese. Praticamente ogni area idonea alla presenza di questo grande predatore è stata ricolonizzata. È il quadro che emerge dal monitoraggio realizzato nel corso degli ultimi tre anni dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) per conto del ministero della Transizione ecologica, i cui risultati sono stati diffusi oggi.

La raccolta dei dati ha coinvolto circa 3 mila persone, tra membri di Parchi, Regioni, Province, università e musei, elementi dei reparti dei carabinieri forestali e una grande quota di volontari — circa la metà del totale — di Aigae, Cai, Legambiente, Lipu, Wwf e altre 34 associazioni regionali e locali. Un lavoro enorme, partito dalla suddivisione dell’intero territorio nazionale in celle da 100 kmq, e che si è basato su 6.520 avvistamenti con fototrappola, sul rilievo di 491 carcasse di ungulato predate, sull’individuazione di 1.310 tracce, sul ritrovamento di 171 lupi morti, su 16mila analisi di escrementi sul terreno. Sono state compiute anche 1.500 analisi genetiche che hanno permesso di identificare le specie. Per convenzione si fa distinzione tra due diverse componenti della popolazione, quella alpina e quella appenninica o peninsulare. In realtà, spiega Ispra, entrambe condividono lo stesso pool genetico, dalle Alpi all’Aspromonte.

Le informazioni raccolte, oltre che per finalità di tipo statistico, serviranno per la messa a punto dei nuovi piani di conservazione e di tutela. Uno degli aspetti su cui è stata concentrata l’attenzione è quello dell’ibridazione potenziale con il cane, che è oggi tra le principali minacce per la sopravvivenza del lupo. «Introducendo geni non adattivi nella popolazione selvatica — spiega Ispra — rischia di modificare l’identità genetica della specie e di conseguenza l’ecologia, la morfologia, il comportamento e gli adattamenti mettendo in pericolo il patrimonio genetico evoluto nel corso dei millenni che ha permesso al lupo di sopravvivere e di adattarsi al mutamento delle condizioni ambientali». Nel corso del monitoraggio sono stati identificati geneticamente 513 individui che nel 72,7% dei casi non hanno mostrato segni di ibridazione. Nell’11,7% dei casi sono stati invece rilevati segni di ibridazione recente con il cane domestico e nel 15,6% segni di ibridazione più datata.

Agli inizi degli anni 70, il lupo in Italia era pressoché scomparso. Salvo una piccola popolazione residua nell’area centro-meridionale del Paese, la specie era sull’orlo dell’estinzione. Fu il Wwf , nel 1971, a lanciare una campagna nazionale di sensibilizzazione su questo animale, cacciato in maniera indiscriminata perché considerato pericoloso per allevamenti e centri abitati, e ad accendere i riflettori sulla situazione di emergenza. Il risultato fu di una presa di coscienza che portò all’adozione di iniziative di tutela. Già nel 1971 venne pubblicato il primo decreto per proibire la caccia al lupo e il ricorso a bocconcini avvelenati. La protezione integrale arrivò nel 1976 con il decreto Marcora. Tre anni dopo la Convenzione di Berna sulla conservazione e sugli habitat inserì il lupo tra le specie altamente protette. Seguirono altri aggiustamenti legislativi e nel 2002 venne varato un piano d’azione nazionale per la conservazione è stato avviato dall’Istituto nazionale per la fauna selvatica.

17 maggio 2022 (modifica il 17 maggio 2022 | 14:19)

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, 2022-05-17 12:24:00, I dati del monitoraggio coordinato dall’Ispra e durato tre anni: la specie è presente praticamente in tutto il territorio nazionale. Riflettori sui rischi dell’ibridazione con il cane,

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