Il karaoke di Cremonini

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di Andrea Laffranchi

Al via il tour negli stadi davanti a 56 mila persone. Un «duetto» virtuale con Dalla: «Riporto Lucio negli stadi, è il posto che merita»

«Sono nato per fare gli stadi. Non a caso ho il tatuaggio di Freddie Mercury». Cesare Cremonini mostra il braccio. L’inchiostro che disegna i lineamenti, i baffi e la corona del mito del rock. Corridoi di San Siro. Il cantautore bolognese si prepara allo show che dopo la data zero di Lignano arriva a Milano, avrà la sua celebrazione a Imola e tornerà in autunno nei palazzetti.

A vederlo nelle due ore e mezza di concerto l’effetto ego trip si perde. Cesare lì sopra ci sa stare. E ci vuole stare, a giudicare dal sorriso e dallo sguardo. Oltre ai Queen, il cantautore ha altri due numi tutelari. Il primo è Vasco Rossi: «A Imola ’98, davanti a 100 mila persone, ha inventato gli appuntamenti faraonici della musica per l’Italia. Un artista deve sempre inventare qualcosa. Io provo a creare un format dello stare su un palco: se nel tour precedente ero stato più cantante, qui sono performer con una larghezza che va dal muscolare ed energico a un’espressività teatrale».

La partenza del concerto ha dentro tutto quello. In crescendo. L’intimità di un violino solo, quello di Davide Rossi (uno che scrive gli archi per i Coldplay, tanto per dire), la fragilità di chi cerca la strada della prima strofa di «La ragazza del futuro», fiamme e coriandoli dorati, una passerella che ruota sulla platea e tutti col naso all’insù. Su «PadreMadre» la botta di energia scatena i cori. Che si ripetono, in versione romantica, per «La stella di Broadway». All’opposto ci sono i passaggi strumentali (sempre Rossi protagonista) che fanno da raccordo fra i blocchi dello show e chiedono un supplemento di attenzione ai 56 mila. Come nell’ultimo album. Cesare alza l’asticella e il pubblico accetta il salto. «Lo stadio non è solo stereotipi, non bastano karaoke e abbraccio col pubblico, ossessione per i megaschermi e i numeri: ci sono abissi e sublime, disperazione e gioia, nascita e morte, amore e perdita, insomma le profondità della vita».

«Qualcosa di grande», dall’era Lùnapop, è un ritorno dopo 20 anni di assenza live. «I Lùnapop sono stati un prezzo troppo forte da pagare», ricordava dietro le quinte ripercorrendo la carriera. Dopo il botto da teen idol dovette ripartire da meno di zero. «Facevo le piazze gratuite, poi sono arrivati i teatri, i palazzetti e quindi gli stadi: la mia vita è stata un’audizione continua».

Di provini ne ha davanti altri. Dopo l’ospitata al Festival di Sanremo, la tv, dalla quale era stato lontano per scelta, lo cerca: «È stata la riappacificazione con il mezzo. La Rai mi ha chiesto di pensare a uno show mio, non escludo nulla in futuro». Poi ci sarà il cinema, quello è sicuro, con la scrittura e la regia di un film su Lucio Dalla. «Non ho ancora iniziato: gli devo dedicare un anno intero».

Con Dalla ecco il terzo angelo custode. A metà della scaletta c’è «Stella di mare». Emoziona sentire la voce di Lucio, presa dal master originale mentre scorrono immagini d’epoca recuperate dalle Teche Rai. «Ho visto che lo fa Paul McCartney con John Lennon. Volevo riportare Lucio dove si merita, negli stadi. Per me è un duetto, non un omaggio».

La scenografia usa la semplicità grafica della silhouette di una porta che si apre su suggestioni diverse, megaschermo per i visual o oggetti scenici come un gigantesco corpo celeste che accompagna per la fase più riflessiva, anima e pianoforte per quella «MoonWalk», dedicata al padre scomparso, e «Vieni a vedere perché». «Mondo», «Logico» e GreyGoose» vanno in direzione festa. «Lost in the Weekend» apre un passaggio che rallenta quasi psichedelicamente, «50 Special» riaccende e fa tremare lo stadio, «Poetica» e «Nessuno vuole essere robin» vivono di sottili emozioni. Nei bis la malinconia di «Al telefono» fa scattare i cellulari (lo chiede il testo) e a far tornare serenità c’è «Un giorno migliore».

13 giugno 2022 (modifica il 14 giugno 2022 | 01:16)

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, 2022-06-14 00:05:00, L’abbraccio con il pubblico e il «duetto» con Dalla:«Riporto Lucio negli stadi, è il posto che merita» , Andrea Laffranchi

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