I comportamenti fuori dalla scuola possono incidere sul voto in condotta

Una Sentenza del TAR Campania ne spiega le ragioni

La decisione parte da una premessa di cui all’art. 7 del D.P.R. 509/2009, rubricato “Valutazione del comportamento”, vigente all’epoca dei fatti, dove si stabilisce che “la valutazione del comportamento degli alunni nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado, di cui all’articolo 2 del decreto-legge, si propone di favorire l’acquisizione di una coscienza civile basata sulla consapevolezza che la liberta’ personale si realizza nell’adempimento dei propri doveri, nella conoscenza e nell’esercizio dei propri diritti, nel rispetto dei diritti altrui e delle regole che governano la convivenza civile in generale e la vita scolastica in particolare. Dette regole si ispirano ai principi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249, e successive modificazioni.

È sufficiente tale disposizione per far comprendere come all’Istituzione scolastica, e in particolare al consiglio di classe, è attribuita ampia autonomia decisionale nel valutare il comportamento degli alunni in relazione ai parametri indicati nella disposizione testè citata, in particolare laddove essa faccia riferimento al “ rispetto dei diritti altrui e delle regole che governano la convivenza civile in generale e la vita scolastica in particolare”.

In concreto, alla minore è stato attribuito il suddetto voto per aver proferito frasi ingiuriose e offensive nei confronti di una compagna, all’interno della chat whats app del “gruppo classe”, come risultava dalla messaggistica mostrata alla dirigente scolastica dai genitori dell’alunna offesa.

Orbene, posto che la circostanza dell’esistenza e dei contenuti del messaggio non è contestata e che non è verosimile che esso sia stato inviato da un terza persona che si sia appropriata del telefono cellulare della minore, non può che concludersi che l’autrice del suddetto messaggio sia l’alunna in questione e che con lo stesso, sempre a parere del consiglio di classe, sia stato violato l’art. 7 del citato decreto.

Come recentemente chiarito, “ la graduazione dei voti di condotta risponde alla esigenza di rendere ciascun allievo consapevole delle conseguenze delle proprie azioni e delle eventuali sanzioni, nell’ottica della funzione di formazione globale che è riconosciuta alla istituzione scolastica. La funzione educativa del voto di condotta viene, di contro, travisata quando viene attribuito un giudizio di disvalore ad una condotta, ritenuta violativa delle regole, che, tuttavia, non è attribuibile volitivamente al suo autore “ (T.A.R. Reggio Calabria 24 novembre 2017 n. 954).

Pertanto, a prescindere dall’episodio in concreto, ciò solo basterebbe per ritenere il ricorso privo di fondamento sul piano giuridico, posto che l’attribuzione del gesto offensivo alla minore pare fuori discussione.

7. In concreto, tenendo conto del fatto contestato nello specifico all’alunna, esso ha comportato una valutazione del “ comportamento” (o della “ condotta”, che dir si voglia) perfettamente in linea con quanto previsto dal PTOF (Piano Triennale dell’Offerta Formativa), vale a dire il documento fondamentale costitutivo dell’identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche, che esplicita la progettazione curricolare, extracurricolare, educativa ed organizzativa che le singole scuole adottano nell’ambito della loro autonomia.

Orbene, secondo tale documento la votazione del 7 in comportamento è attribuita “a chi tiene un comportamento generalmente responsabile in classe e nelle attività extracurriculari, a chi stabilisce rapporti discretamente corretti e rispettosi con gli adulti e i coetanei, a chi si integra nel gruppo classe e collabora coi compagni, a chi mostra di saper fare uso corretto dei locali, delle attrezzature e del materiale didattico, e a chi partecipa con interesse ed impegno alla vita scolastica.”

Tale definizione coincide perfettamente con il comportamento tenuto dall’alunna, la quale non è stata ritenuta passibile di una valutazione diversa e negativa, ma sulla quale ha certamente pesato il fatto che proprio nell’ambito di un contesto di “ gruppo classe” (poco importa che si tratti della chat appositamente creata, ed usata, sul telefonico dei ragazzi) si sia dimostrata poco rispettosa nei confronti di una compagna, che peraltro a seguito dell’episodio ha avuto seri problemi (anche questi incontestati) e riprendere i normali rapporti con la classe e persino a recarsi a scuola.

Pertanto, come correttamente evidenziato nella memoria difensiva dell’Avvocatura, è evidente che i fatti di cui si è detto apparivano ostativi ad una valutazione diversa con attribuzione di votazione più alta.

Il voto attribuito, peraltro, pur facendo media con gli altri, non ha inficiato la valutazione del voto di ammissione all’esame di terza media: infatti seppure al comportamento dell’alunna fosse stata attribuita una valutazione superiore al 7, la media aritmetica sarebbe rimasta la stessa (data la valutazione: Italiano 8, Inglese 8, Francese 8, Storia 7, Geografia 8, Matematica 7, Scienze 7, Tecnologia 8, Musica 9, Arte 9, Ed. Fisica 6, Comportamento 7, la media corrisponde a 7,66 che arrotondata per eccesso è pari al voto 8; con un voto in comportamento pari a 10, la media sarebbe stata di 7,92 che approssimata per eccesso sarebbe stata ugualmente pari ad 8).

8. Va respinta la contestazione relativa all’estraneità del comportamento rispetto all’ambito di applicazione della normativa sul voto di condotta.

I ricorrenti, come detto, sostengono che “la condotta incriminata non si è svolta a scuola, e né durante l’orario scolastico”, e che per tale motivo non possa essere oggetto di valutazione da parte del Consiglio di Classe.

A parere del collegio, invece, seppure le offese sono state arrecate tramite WhatsApp, al di fuori dell’orario scolastico, non significa che le stesse non abbiano avuto degli effetti negativi sulla studentessa offesa e sulla complessiva armonia della classe.

Si ribadisce che l’art. 7 del D.P.R. 122/09 non circoscrive il comportamento al territorio (istituto scolastico) o all’orario, ma considera il complessivo atteggiamento dell’alunno e il suo porsi nell’ambito del percorso scolastico considerato a tutto tondo, e, quindi, primariamente, nei rapporti personali con gli insegnanti e i compagni.

Questo è in linea con i compiti istituzionali dell’amministrazione scolastica, che sono quelli di contribuire alla crescita personale e culturale di chi la frequenta, come sottolineato a suo tempo da Cons. St., sez. VI, n. 7380/2005, che ha ribadito che tra i principi e criteri direttivi della legge delega n. 53 del 2003 (norme generali sull’istruzione e sui livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e di formazione professionale), vi erano quelli di “definire il sistema educativo e di istruzione professionale (art. 2), con l’intento di favorire la crescita e la valorizzazione della persona umana, nel rispetto dei ritmi dell’età evolutiva, delle differenze e dell’identità di ciascuno e delle scelte educative della famiglia, nel quadro della cooperazione tra scuola e genitori, in coerenza con il principio di autonomia delle istituzioni scolastiche.”

8.1. Non può essere sottaciuto, inoltre, che l’istituto scolastico “Michele Pironti” ha adottato il progetto “legalità”, per prevenire ogni uso distorto della rete internet impartendo l’educazione ai diritti e ai doveri legati all’utilizzo delle tecnologie informatiche (pagg. 21-23 PTOF dell’Istituto

Comprensivo Statale “Michele Pironti”).

In quest’ottica, e al fine di raggiungere detti obiettivi, i comportamenti non congrui, quali quelli posti in essere dall’alunna -OMISSIS-, non potevano rimanere sottaciuti e non potevano non essere presi in considerazione ai fini valutativi.

9. Neppure sussiste uno specifico onere motivazionale.

Infatti, a differenza del voto sulle singole materie, il voto di condotta esprime un giudizio che l’Autorità scolastica rende in ordine ad aspetti non solamente didattici, ma, prima ancora, essenzialmente formativi ed educativi dei ragazzi e, come tale, attiene ad una sfera educativa che rappresenta il punto di incontro tra l’azione di più agenzie educative (in primo luogo, la famiglia, ma anche la scuola stessa) le quali sono chiamate ad interagire quanto più possibile in maniera consapevole e coordinata.

Se dunque il voto sulle materie è volto ad esprimere un giudizio didattico, ossia relativo al processo di apprendimento (e deve essere giustificato e sorretto da una motivazione riferibile all’avvenuta acquisizione delle nozioni previste dai programmi formativi), il voto in condotta, invece, esprime un giudizio più ampio, che investe sia la maturità personale complessiva della persona, sia la sua capacità di interazione con l’ambiente, nonché il grado di inserimento in quel sistema di valori che, sulla base della Carta Costituzionale, sono da considerarsi fondanti della società e del vivere civile (e quindi è espressione di una valutazione ampiamente discrezionale del Consiglio di Classe) (così Tar Campania, Napoli, questa Sezione, 29 giugno 2011 n. 3479; in termini, T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 07 ottobre 2009, n. 629).

10. Infine, il provvedimento non appare viziato né sotto il profilo dell’istruttoria né sotto quello della presunta violazione del contraddittorio, né sotto quello della violazione di legge (art. 4 del D.M. 572009).

I genitori della alunna, attuali ricorrenti, risultano convocati dalla dirigente per un colloquio sull’acceduto (vedi atti), al pari di altri genitori, e non vi è prova in atti che tale convocazione non sia andata a buon fine, posto che la prospettazione relativa all’indirizzo “ desueto” è frutto di affermazione dei ricorrenti, non suffragata da alcun elemento in fatto; ed è comunque poco verosimile che essi non fossero a conoscenza dell’accaduto e della convocazione, posto che la figlia avrebbe facilmente potuto apprenderlo dai compagni di classe.

Inoltre, il “7” in comportamento, non essendo inferiore alla sufficienza, non è configurabile quale voto negativo (art. 2 del D.M. n. 5/2009); per tali ragioni, sono prive di fondamento le censurate violazioni dell’art. 4 D.M. n. 5/2009 e del D.P.R. n. 249/98 sull’assunto, totalmente errato, che il Consiglio di Classe abbia violato la procedura relativa all’irrogazione di sanzione disciplinare.

Fonte dell’articolo: giustizia-amministrativa.it



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