Gli under 35 in pensione a 74 anni con meno di 1000 euro al mese: dalle scarse competenze agli abbandoni scolastici. La questione giovanile in Italia

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L’Italia si trova di fronte a una “questione giovanile” in continua evoluzione. Nel 2023, gli studi nazionali e internazionali hanno delineato in maniera chiara le problematiche che affliggono la generazione più giovane.

Le statistiche non mentono: l’Italia è in cima alla lista per il numero di neet, ha un’alta percentuale di disoccupazione giovanile e registra alti tassi di abbandono scolastico, come segnala il Sole 24 Ore, in un focus.

Eppure, a dispetto di questi dati, molti studenti italiani escono da scuole classiche con competenze insufficienti, specialmente nelle materie scientifico-tecnologiche, settori in cui vi è una maggiore domanda di lavoro. A complicare ulteriormente le cose, molti talenti formati nelle università italiane scelgono di cercare opportunità all’estero, attratti da migliori prospettive di carriera e stipendi più alti.

La Banca d’Italia, nel suo recente rapporto annuale, ha evidenziato un ulteriore problema: la precarietà lavorativa che affligge i giovani. Dopo cinque anni, quasi il 20% di essi si trova ancora in lavori a termine.

Maria Cristina Pisani, presidente del Consiglio Nazionale dei Giovani, ha lanciato un segnale d’allarme riguardo al futuro delle pensioni. Se non si interviene, i giovani potrebbero ritirarsi solo all’età di 74 anni con una pensione di poco superiore ai mille euro al mese.

Gianni Brugnoli, vice presidente di Confindustria per il Capitale umano, sottolinea l’importanza di adattare la formazione alle esigenze del mercato del lavoro, in particolare potenziando le competenze tecnico-scientifiche.

Dati preoccupanti emergono dal rapporto Invalsi: uno studente su due esce dalle scuole superiori senza competenze di base in italiano e matematica. Questi problemi iniziano già dalla scuola primaria, un tempo considerata un punto di forza dell’istruzione italiana.

Vi sono inoltre evidenti divari regionali. Nascere al Sud significa “perdere” un anno di scuola rispetto ai coetanei del Centro-Nord. Questo è dovuto alla mancanza di infrastrutture e risorse.

La situazione è complessa e richiede azioni concrete e tempestive. L’investimento nella formazione, soprattutto nelle competenze tecnico-scientifiche, è fondamentale per garantire un futuro migliore ai giovani italiani.

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