Finlandia, la «terra del dialogo» che mette fine al mondo dei Blocchi

di Paolo Lepri

Il Paese ha sempre lavorato per la pace. Qui si sono svolti i negoziati di distensione tra gli Usa e l’Unione Sovietica ma il governo di una giovane socialdemocratica volta pagina

È un altro paradosso di questo rabbioso decennio il fatto che proprio mentre il mondo torna indietro, vivendo lo scontro Russia-Occidente innescato dalla ignobile aggressione di Putin all’Ucraina, la decisione della Finlandia di aderire «senza indugi» alla Nato si proietta verso il futuro, chiudendo per sempre un’epoca: l’epoca degli assetti successivi alla Seconda guerra mondiale e dei meccanismi di sicurezza pensati nella contrapposizione tra i blocchi finita poi con il crollo del Muro di Berlino. Si volta pagina, insomma, proprio quando convivono vecchio e nuovo. Nella lingua della premier Sanna Marin (il cui coraggio è un indiscutibile segno di speranza in questo cupo scenario del 2022), la lingua che ascoltiamo sbalorditi nei film iperrealisti di Aki Kaurismaki, benvenuto si dice così: «Tervetuloa!». Lo avevamo detto nel 1995 quando la Finlandia fu una delle protagoniste (con Svezia e Austria) di uno dei momenti — tutti positivi e necessari — del processo di allargamento dell’Unione europea. Lo abbiamo ripetuto quando, quattro anni dopo, il marco finlandese fu sostituito dall’euro.

Benvenuta quindi la Finlandia nella Nato. In una Nato che, di fronte alla sfida senza precedenti contro la comunità internazionale lanciata dal leader del Cremlino, ha ritrovato il senso iniziale della sua esistenza proseguendo però la sua trasformazione in qualcosa di diverso rispetto a quel patto di Nazioni, legato alle vicende terribili del secolo scorso, dal quale il Paese scandinavo vicino all’Urss era rimasto fuori per ragioni storiche e geopolitiche. Tutto ora è cambiato. L’Alleanza Atlantica costituisce una garanzia di sicurezza nel momento in cui la Russia è qualcosa più di un pericolo. Ma la giovane socialdemocratica dal sorriso radioso che guida il governo di Helsinki si è anche resa probabilmente conto dell’importanza di processo iniziato con la fine dell’incubo Trump ed enormemente accelerato dall’aggressione contro l’Ucraina: i Paesi democratici devono fare fronte comune, anche politicamente, per sconfiggere le minacce contro i loro valori fondanti. La Nato è uno degli strumenti che hanno a disposizione.

Oggi, mentre la guerra di Putin si prolunga e sono di giorno in giorno più gravi i crimini commessi in nome della volontà di potenza, la mossa finlandese ha anche un valore di pace. Qualsiasi cosa dica Putin, la realtà è un’altra: le reazioni rabbiose di Mosca sono sostanzialmente inutili. È nella tradizione di questo Paese — l’ottavo più grande dell’Ue, confinante per oltre mille chilometri con la Russia — avere ben presente il valore , ma soprattutto la necessità, del dialogo. Lo ricorderanno a tutti.

Fu proprio ad Helsinki, nel 1975, che venne firmato l’Atto finale della conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa (c’erano Leonid Breznev, Gerald Ford, Valéry Giscard d’Estaing, Helmut Schmidt, Erich Honecker, Aldo Moro) che rappresentò un passo fondamentale, di vera portata storica, per la riduzione delle tensioni della Guerra fredda. Grazie al canale stabilito da quel lungo esercizio diplomatico, chi si ignorava iniziò a parlarsi e chi era andato avanti per la strada dello scontro cominciò ad ascoltare anche le ragioni degli altri. Tutto ciò poteva accadere solo nella capitale della Finlandia. Che non è lontana, per mare e per terra, da San Pietroburgo.

12 maggio 2022 (modifica il 13 maggio 2022 | 00:04)

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