Elisa Sednaoui, la modella e le lezioni di autodifesa emotiva. «Pensavo di non avere scelta, ora insegno ai ragazzi a cavarsela»

Spread the love

di Paola Pollo

Cresciuta fra il Piemonte e Il Cairo, racconta il percorso che l’ha portata dalle sfilate di moda a una vita «serena e realizzata, come avrebbe voluto mia madre». «Ho un’empatia particolare per chi ha perso qualcuno»

Se non fosse che è qui in carne e ossa, bella come il sole e profonda come il mare, Elisa Sednaoui, 34 anni, sembra davvero la protagonista di una serie tra il fantasy e l’avventura. Come la Claire di Outlander , l’eroina che entra ed esce da vite lontane, attraversa epoche e Paesi, e da ognuna porta con sé qualcosa: una lingua sconosciuta, un abito, una forza. «Ed è così» sintetizza la modella e attrice e scrittrice e benefattrice «che oggi nessuno può farmi male senza il mio permesso». Questo è il suo mantra, ora. Ed è il titolo del libro che ha scritto con Paolo Borzacchiello e che è un po’ il manuale dell’estate, titolo traslato al tu: Nessuno può farti stare male senza il tuo permesso (Mondadori). Ma prima di arrivare a questa consapevolezza, Elisa ci ha messo parecchio, di suo e degli altri.

Da dove cominciare con lei? Dalla teoria sugli ormoni che insegna nelle scuole o dal fatto che il suo padrino si chiama Christian Loboutin? O dalla “googolata” che dice che suo marito, Alexander Dellal, padre dei loro due splendidi bimbi, è stato compagno di Charlotte Casiraghi? E se andiamo avanti c’è anche la storia di “zia” Laetitia Casta. Davvero difficile scegliere. Per le cose cui sopra e altre. Perché è nata a Savigliano, in Piemonte, da mamma italiana e padre di origine siriana. Ma è cresciuta in Egitto, fra Il Cairo e Luxor. Poi è tornata in Italia e ancora laggiù e di nuovo a Bra. Anni di bullismo, pesanti. Alle elementari e medie. «Non mi accettavano. Vivere fra l’Egitto e il Piemonte era troppo dissonante, per loro e per me: ero là e mi piaceva, ma mi mancavano alcune cose di qua. La mentalità in Italia, allora, era molto diversa». Un giorno arrivò a scuola, a Bra, e l’intera classe smise di parlarle. «Fu terribile. Non dovrebbero succedere queste cose. Per questo porto avanti i miei progetti nelle scuole con “Fantasia”. Voglio mettere a disposizione dei ragazzi gli strumenti, emotivi per cavarsela, perché nessuno faccia loro più male».

Strumenti emotivi, già. Come questo manuale, una sorta di diario di una schiappa per ragazze.

«Lo vedo più unisex. Per uomini e donne. Anche se la protagonista è una ragazza, cioè io. Un libro che è uno di quegli strumenti di cui parlavo e non una mia necessità di raccontare quello che mi è accaduto nella vita. Ma sul come usare quello che mi è successo, per cavarsela».

Elisa l’empatica: per Dna o formazione?

«Io sono così. Mi ha sempre incuriosito quello che pensano gli altri, chi sono e come sono. Una curiosità genuina e poi nel mio percorso sono stata esposta a tante cose. Così cerco sempre di guardare da diversi angoli. Ho anche i momenti bui e sbaglio a vedere, ma ci provo».

L’empatia è capacità rara nei “personaggi” famosi e fortunati! Insomma lei è bella, intelligente, ha un marito che la ama, due figli splendidi, un lavoro che le piace, non ha problemi finanziari.

«Ho voglia di rigirare la domanda».

Prego.

«Chiedo: quante persone hanno poca empatia per me, e proprio per le ragioni che ha elencato? Sento parecchi pregiudizi nei miei confronti: “Tanto lei è bella e ricca e famosa. Tanto lei è fortunata… tanto per lei è tutto facile”, ecco quello che sento. Spesso, troppo spesso. Forse è per questo che sono così. Troppi pregiudizi su di me, li sento addosso. Così cerco di non sentirli sugli altri. Detto questo si sa, viviamo di segnali. Siamo disegnati cosi. E tiriamo le conclusioni. Sin da piccola mi sono sempre presa responsabilità che forse non avrei dovuto prendere. A 8 anni mi intromisi fra i miei che stavano per divorziare. Non avrei dovuto. L’ho imparato con l’analisi. Così come non avrei dovuto sentirmi economicamente responsabile della mia famiglia e quindi lavorare a 14 anni come modella. Ma allora pensavo di non aver scelta. E invece non è così. C’è sempre questa possibilità. Se non volevo fare la modella, potevo fare la cameriera e pagarmi così l’università. Mio suocero mi ha regalato un corso di Kabala ed è stato illuminante: ho imparato che chiedere le cose non deve essere mosso dalla mancanza, “dammi Dio perché non ho”. Ma ricevi perché trovi qualcuno che ti vuole dare. Non è bellissimo?».

Il suo entusiasmo è ammirevole, come quando porta avanti nelle scuole la teoria dell’ormone.

«Quando ne ho capito la potenza è stato meraviglioso. Perché ci sono molte cose che non si insegnano a scuola e qui metto il mio cappello su Fantasia, la mia associazione che promuove la cultura socio emotiva. Un giorno in sei classi ho chiesto se qualcuno sapeva cosa fossero gli ormoni. Tutti hanno riposto “è quello della crescita”. E mi si è aperto un mondo. Ho cominciato a dire agli studenti “Se tu dici stanco, il tuo cervello che non ha senso dell’ironia, ti manda gli ormoni che ti fanno sentire stanco”: ecco cosa o chi sono gli ormoni, sono quelli che ci fanno provare tutto. Quindi conoscerli e saperli usare cambia la vita. E qui torno agli strumenti da mettere a disposizione per affrontare al meglio tutto e per facilitare di volta in volta il reset. E non parlo di pensiero positivi sempre e comunque. Non sono una santa».

Non è una santa e non porge (sempre) l’altra guancia: è vero che ai compagni bulli che l’hanno contattata dopo, non ha risposto?

«Verissimo, e onestamente, dopo aver riletto il libro, ci ho riflettuto per l’ennesima volta su quella reazione: e mi è persino venuto il dubbio che quelli neppure si ricordano di avermi bullizzata! Io poi ho anche superato. Però se tu non mi hai mai rivolto la parola in cinque anni e quando poi divento famosa mi contatti… non ho bisogno di riflettere in effetti».

Lei e suo marito, due anime gemelle, a cominciare dal fatto che entrambi avete vissuto una miriade di vite.

«E siamo stati vicini tutta la vita, senza saperlo. A Parigi io vivevo al 29 al boulevard Saint Germain e lui al 31, quando ci siamo trovati a Londra la prima volta eravamo ospiti da amici a venti metri uno dall’altro. Continuo? Nei nostri anni newyorkesi, senza esserci mai visti, abitavamo io al 121 Mercer street, lui al 111. Poi i suoi legami con la moda: la mamma e le sorelle modelle e il suo padrino è Mario Testino. Ci ha presentato un’amica modella, Astrid Munoz, sostenendo che eravamo fatti uno per l’altro. Una trottola anche lui: è nato in Sudafrica, ma è vissuto in Brasile. È andato in 13 scuole diverse. Esattamente come me. Anche se parla “solo” tre lingue e io sei», e ride con quella bellissima risata libera.

Gli ormoni della storia d’amore con suo marito?

«Tutti: dall’adrenalina, all’ossitocina. Perché lui è molto romantico e sentimentale. Infine parecchio testosterone».

Gelosa? Perché lui è stato anche fidanzato con Charlotte Casiraghi?

«Si». Risponde. E per la prima volta mi guarda male.

Domanda sbagliata?

«È stata una relazione molto mediatica».

Lui non è «mediatico»?

«No. E ha sofferto parecchio. Pensate cosa significhi per una persona riservata googolare il proprio nome e trovare sempre la stessa storia. E lo è stato anche per me. Però no, non sono gelosa: come sagittario ho bisogno di aria e di un uomo indipendente».

E lui, geloso?

«Certo. Ma io sono una brava ragazza. Lavorando e viaggiando rischi di far vite parallele. Stiamo molto attenti che non succeda».

Nel suo libro Paolo è amico di Elisa, e lei sottolinea che l’amicizia fra uomo e donna può esistere.

«Tante persone non riescono a separare il lato fisico e mettono in gioco l’ormone. Io credo che non sia necessario».

Paolo nella realtà è esistito?

«Forse Christian Louboutin, sì, il mio padrino per scelta. È una persona che mi ha visto da subito per chi ero. Lui ha portato la magia nella mia vita, mi ha presentato tante persone. Quando ci siamo conosciuti lui aveva 35 anni e stava decollando e io 8, era amico dei miei. Una fonte di luce. Lui e la mia mamma mi hanno insegnato a soffrire meno nel mondo della moda. E quando è venuto fuori il #Metoo, posso dire di aver vissuto una cosa diversa. Anche se non ho schivato le difficoltà, a cominciare dai primi casting quando ti rifiutavano perché eri o troppo magra o troppo grassa o troppo giovane, ma io volevo lavorare e quindi andavo avanti. La gavetta esiste, anche nella moda».

E zia Laetitia Casta?

«Sì stava con un mio zio. Ma non l’ho mai frequentata».

Modella come lo era sua madre.

«Mamma è mancata due anni fa. Non avrei mai immaginato la mia vita senza di lei. È un esercizio che mi concedo, quello della sofferenza e il tempo del lutto. Ho un’empatia diversa per chi ha perso qualcuno e mi permetto di essere più vicina a persone che hanno dovuto dire addio. Io dovevo vivere, dopo mia mamma, e ho scelto di farlo come mi avrebbe voluto vedere lei: scelgo di vivere come lei vuole, serena e realizzata. Le parlo spesso. Tanti segni mi dicono che c’è. E da quando se n’è andata c’è stata una grande pulizia attorno a me. Sono più leggera”.

20 luglio 2022 (modifica il 20 luglio 2022 | 07:10)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

, 2022-07-20 05:15:00, Cresciuta fra il Piemonte e Il Cairo, racconta il percorso che l’ha portata dalle sfilate di moda a una vita «serena e realizzata, come avrebbe voluto mia madre». «Ho un’empatia particolare per chi ha perso qualcuno», Paola Pollo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.