Dress code, polemiche contro la circolare di una scuola: Medioevo. Il ds replica: Non andremo a misurare le gonne col metro

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Si discute ancora di dress code a scuola, decoro nel vestiario degli studenti e di possibile introduzione di divise nelle classi. Sta facendo parlare di sè la circolare di una scuola di Reggio Emilia che vieta canotte, pantaloncini, abiti succinti e minigonne.

Vietati pantaloncini, minigonne, canotte, magliette scollate

Come riporta Il Resto del Carlino, nel documento si legge: “Si ricorda che l’abbigliamento nei locali scolastici deve essere decoroso e consono all’ambiente di lavoro in cui si trova. Pertanto devono essere evitati indumenti come bermuda e pantaloni corti sopra il ginocchio, minigonne, canotte, magliette troppo corte, scollate e trasparenti e abbigliamento succinto in generale”. Qualcuno sui social parla di “Medioevo alle porte”.

Il dirigente scolastico non ci sta. Ecco la sua replica: “In tutti i regolamenti di istituto si parla di ‘abbigliamento adeguato’. Semplicemente noi abbiamo dato qualche indicazione in più per evitare anche che l’interpretazione sia personale e per dare ai ragazzi un orientamento preciso”.

Il dirigente scolastico non intende introdurre divise a scuola: “Si tratta di una tematica puramente educativa, non moralizzante. Ma la scuola è comunque di un ambiente di lavoro che richiede abbigliamento consono. Non si tratta di un argomento pruriginoso, ma certo non è necessario venire a scuola con la pancia scoperta. Non chiediamo una divisa, ma il rispetto di un abbigliamento consono. Ci rendiamo conto anche che c’è caldo, ma si può di certo gestire senza usare abiti succinti”.

“Sarebbe Medioevo se avessimo indicato una divisa”

E, sull’accusa di essere tornati al Medioevo: “Sarebbe Medioevo se avessimo indicato una divisa o se l’intervento fosse di natura moralistica, ma il nostro è solo un messaggio di crescita per i ragazzi nella capacità di saper leggere i contesti. Del tipo: ’Guarda i tuoi genitori come si vestono per andare al lavoro’. Io non giudico un ragazzo o una ragazza che si veste in un certo modo. Ma venire a scuola in ciabatte infradito, ad esempio, di certo non è adeguato al contesto scolastico, tutto qui. Non c’è un atteggiamento morale della scuola nei confronti della moda, ma di saper leggere il contesto. È una questione di educazione civica”.

“È importante però chiarire che non andremo a misurare le gonne col metro e nessuno verrà redarguito per 3 centimetri”, ha concluso il preside.

Una foto virale su Twitter ha scatenato il finimondo

Una foto pubblicata da una studentessa su Twitter qualche giorno fa ha scatenato un putiferio. La fotografia in questione ritrae una ragazzina nel bagno della scuola, che scatta una foto della sua immagine riflessa in uno specchio. I vestiti indossati dalla giovane sono stati oggetto di pesanti critiche.

La ragazza, probabilmente un’adolescente, è vestita con un top che lascia la pancia scoperta e dei jeans strappati, con vistosi e larghi buchi, che lasciano intravedere buona parte delle cosce. La studentessa è messa in posa e tiene in mano, oltre al telefonino, una sigaretta elettronica.

Da qui il finimondo: da chi è concentrato su quest’ultima, a chi ha criticato la posa, a chi si è concentrato sulle numerose scritte nei muri del bagno. Ma soprattutto a tenere banco è l’outfit della ragazza: in molti hanno fatto notare che non si tratta, a loro avviso, di abiti consoni per la scuola.

Ecco alcuni commenti:

“Ma a scuola ti fanno entrare vestita così?”.

“Non mi sembra un abito adeguato per andare a scuola. Hai tutto il giorno per uscire così. Se fossi il preside ti manderei a casa”.

“Ma stai in spiaggia?”.

“Penso che in qualsiasi scuola saresti stata espulsa se ti fossi presentata così. Se ciò non è successo, o è una sola acchiappalike oppure la scuola dovrebbe fare delle domande anche a se stessa e non solo agli studenti”.

“Da ex insegnante, ti avrei rispedita a casa, e avrei preteso il rientro solo se accompagnata dai genitori. Il luogo che ti si confà è la discoteca”.

“No tesoro mi dispiace se entri nella mia aula così faccio CHIAMARE A CASA perché vengano a portarti il cambio”.

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