Draghi dopo la crisi: un governo bis sarebbe durato un giorno. Berlusconi dice che sono stanco? Non lo sono

di Monica Guerzoni

Le lodi di Macron, il grazie al Parlamento e la cena con lo staff. Nega che scenderà in campo. Il fastidio per le frasi di Berlusconi

Il «grazie» al Parlamento e ai ministri che lo applaudono in piedi, due rapidi inchini con la testa e quella battuta, pronunciata con la voce che tradisce l’emozione: «Qualche volta anche il cuore dei banchieri centrali viene usato». Dietro il sorriso immortalato dalle telecamere mentre annuncia le sue dimissioni a Montecitorio c’è il sollievo per la fine della battaglia parlamentare. E c’è una vena di rimpianto. Il primo cruccio di Mario Draghi è non poter ultimare il lavoro avviato nel febbraio del 2021: per un ex presidente della Bce stimato nel mondo, che a 74 anni ha raggiunto ogni traguardo che si era prefissato, Quirinale a parte, lasciare incompiuto il programma di governo del Paese è di certo un rammarico. Il secondo cruccio è aver provato sulla sua pelle quanto le sirene delle elezioni possano togliere alle forze politiche «il senso di responsabilità nazionale».

Tutte sciocchezze

L’improvvisa svolta di Berlusconi (qui le sue parole al Corriere) lo ha molto colpito. E ieri sera, quando gli hanno riferito le dichiarazioni dell’ex premier, Draghi si è seccato parecchio. «Non sono stanco e non ho colto la palla al balzo — è stata la sua reazione —. E non è vero che il presidente Mattarella ce l’abbia con me, perché abbiamo condiviso ogni scelta, passo dopo passo». La verità per Draghi è che il centrodestra voleva disarcionarlo con «un governo bis senza i 5 Stelle, destinato a durare un giorno». Tutto il resto sono «sciocchezze», frutto di un grande lavoro «di disinformazione» orchestrato per ragioni elettorali.

Se Berlusconi lo ha spiazzato, Salvini lo ha sorpreso meno, perché da settimane Draghi aveva visto lo sfilacciamento dei rapporti con la Lega e sofferto l’inasprirsi delle rivendicazioni. Per paradosso, il premier ha costruito nel suo mandato un rapporto migliore con Giorgia Meloni, della quale ha apprezzato il «comportamento leale». Quanto a Giuseppe Conte, che lo ha giudicato «sprezzante e aggressivo», Draghi non si rimprovera di aver criticato duramente Superbonus e reddito di cittadinanza. E se qualcosa ha sbagliato mercoledì al Senato, pensa che «per valutare gli errori ci sarà tempo». Venuto meno il patto di fiducia che reggeva la maggioranza era necessario «andare a un chiarimento profondo», sia con i 5 Stelle che con la Lega. E se pure avesse smussato i toni sui dossier più identitari «sarebbe finita allo stesso modo», perché il centrodestra aveva scelto di correre al voto e ha approfittato dello strappo di Conte.

Nessuna recriminazione

Il governo dell’unità nazionale non c’è più e al suo posto resta un esecutivo per la gestione degli «affari correnti». Eppure, nel primo Consiglio dei ministri da dimissionario, Draghi riparte come nulla (o quasi) fosse accaduto: «Ora rimettiamoci al lavoro». Nessuna recriminazione, nessuna accusa. Ci sono anche i ministri che hanno lasciato le impronte digitali sulla crisi ma hanno tenuto le poltrone. Lui li ringrazia tutti e da quasi tutti incassa «applausi, solidarietà, affetto e stima». Giorgetti non parla, Speranza ricorda di averlo conosciuto al Quirinale il giorno del giuramento, Patuanelli accenna un «grazie presidente». Fra due mesi si vota, eppure Draghi sprona la squadra come se avesse una legislatura davanti: «Ora dobbiamo mantenere la stessa determinazione nell’attività che potremo svolgere nelle prossime settimane, nei limiti del perimetro che è stato disegnato».

Il perimetro è ampio. Draghi non scriverà la legge di Bilancio ma potrà far fronte alle emergenze «legate alla pandemia, alla guerra in Ucraina, all’inflazione e al costo dell’energia». Continuerà la sua battaglia in Europa per imporre un tetto al prezzo del gas dalla Russia, potrà portare avanti l’implementazione del Pnrr e decidere se inviare altre armi all’Ucraina.

Dolori e gioie

Giornata intensa, tra dolori e gioie: l’omaggio di Macron («grande statista, partner fidato») e un articolo lusinghiero dell’Economist. Aprendo il Cdm il premier ringrazia Mattarella per la fiducia e «la saggezza con cui ha gestito questa fase di crisi», formula che dissolve divergenze e attriti con il Quirinale. Sorvola sui diktat dei partiti, le liti, i distinguo, gli ultimatum e ringrazia i ministri «per la dedizione, la generosità, il pragmatismo» di questi 17 mesi. A parole li abbraccia tutti, draghiani e oppositori: «Dobbiamo essere molto orgogliosi del lavoro che abbiamo svolto, al servizio di tutti i cittadini». Evidente lo sforzo di spazzar via dal tavolo le scorie della battaglia e tranquillizzare l’Europa e i mercati rispetto all’esito delle prossime elezioni: «L’Italia ha tutto per essere forte, autorevole, credibile nel mondo. Lo avete dimostrato giorno per giorno». E dovrà dimostrarlo anche il premier al quale, o alla quale, tra un centinaio di giorni Draghi passerà la campanella. Per chi ha senso delle istituzioni «favorire il lavoro del governo che ci succederà» è un dovere che va oltre il colore politico.

Letta, Renzi, Calenda e Di Maio sono già in campagna elettorale e la lealtà al premier, fino alle dimissioni e oltre, è già uno slogan della sfida alla destra. «Proveremo a combattere per l’agenda Draghi», è la rotta indicata dal segretario del Pd. Vittorio Sgarbi pronostica che il campo largo di Letta sarà sostituito da un «campo per Draghi». Ma chi lavora a contatto con l’ex presidente della Bce esclude che abbia in mente di impegnarsi in politica: «Forse con dieci anni di meno sarebbe stato tentato, ma ora è assolutamente indisponibile». Non scenderà in campo e non solo perché, come azzarda un ministro, «non vuole fare la fine di Monti». Diverso sarebbe se dalle urne non uscisse una maggioranza e Mattarella gli proponesse di restare a Chigi. In quel caso per Draghi non sarebbe facile sottrarsi.

Prossimi appuntamenti

La sua agenda sarà più leggera, ma alcune date sono cerchiate in rosso: il Meeting di Rimini, un Consiglio Ue, una tappa a Praga, un evento con i giovani e l’assemblea dell’Onu. «Per i saluti ci sarà tempo» ha detto ai ministri, giurando che conserverà «un ricordo molto bello» delle riunioni a Palazzo Chigi.

Mercoledì sera, per quanto stremato dalla folle giornata a Palazzo Madama, Draghi ha portato a cena i membri del suo staff. C’erano Roberto Garofoli, Antonio Funiciello, Paola Ansuini, Francesco Giavazzi. E quando il presidente si è alzato per pagare il conto, ha incassato l’applauso di tutto il ristorante.

22 luglio 2022 (modifica il 22 luglio 2022 | 07:44)

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