Di Maio, così un passo alla volta il ministro mutò rotta: abbiamo responsabilità, non potevo tacere

di Roberto Gressi L’ex capo politico del M5S Luigi Di Maio e i dissidi con Giuseppe Conte: l’espulsione? Se mi cacciano non è un mio problema «Mi attaccano con odio e livore e, invece di fare autocritica, mettono in difficoltà il governo in Europa». Luigi Di Maio mette sul banco degli imputati i dirigenti del suo stesso partito, con in testa quel Giuseppe Conte che proprio lui portò sullo scranno più alto di Palazzo Chigi. «Mi accusano di essere atlantista ed europeista. Lasciatemi dire, da ministro degli Esteri, che davanti a questa terribile guerra rivendico con orgoglio di essere atlantista ed europeista. Ricordo che abbiamo precise responsabilità: in ballo c’è il futuro dell’Italia e dell’Europa». Lo stop a Conte Poi Di Maio mette direttamente i piedi nel piatto del confronto che rischia di far fibrillare il governo guidato da Mario Draghi: «La prossima settimana si voterà in Parlamento la risoluzione che l’Italia porterà avanti ai tavoli europei. Non possiamo permetterci di prendere posizioni contrarie ai valori euro-atlantici: la democrazia, la libertà, il rispetto della persona e la difesa degli Stati». Ancora una stilettata diretta a Conte: «Tutti cerchiamo e vogliamo la pace. Intanto, però, Putin sta continuando a bombardare l’Ucraina e ignora la richiesta della comunità internazionale di sedersi a un tavolo per i negoziati. L’esercito russo continua a uccidere civili innocenti e blocca i porti e l’export del grano. Rischia di causare una guerra ulteriore, che può generare l’aumento di nuovi flussi migratori incontrollati, anche verso il nostro Paese. Ci serve unità per vincere in Europa la battaglia sul tetto massimo al prezzo del gas, per aiutare le famiglie e le imprese italiane». Non è, la sua, soltanto una netta presa di posizione in difesa dell’Ucraina e delle alleanze internazionali del Paese, né solo la cartina di tornasole di una battaglia interna al suo partito. È l’approdo di un percorso, una sorta di Manifesto del nuovo Di Maio, che si differenzia e rifiuta di allinearsi alle manovre populiste e disperate di chi, nei 5 Stelle, pensa che si possano recuperare i consensi perduti giocando sul diritto all’autodeterminazione degli ucraini, che resistono all’invasione russa. E per farlo è disposto non solo a convincere ma anche a combattere perché quelle posizioni arretrino o vengano messe in minoranza. Ammetto gli errori Chi lo incontra per la prima volta ti dice: lo sai? Non è scemo per niente. Che detta così non pare un gran complimento, ma in realtà segnala un guardarlo con nuovi occhi, rispetto al recente passato. Di Maio riconosce gli errori. La richiesta di impeachment per Mattarella, l’innamoramento per i gilet gialli, il poco equilibrio sulla Cina, il giustizialismo della prima ora, la fratellanza con Salvini, la povertà abolita affacciandosi al balcone. Di Maio Luigi, classe 1986, nato ad Avellino e cresciuto a Pomigliano d’Arco, è ora a un bivio che in genere si affronta più avanti nella vita: forse andarsene, o forse essere cacciato, o magari spuntarla, nel Movimento che lo ha cresciuto, quasi come la mamma. Quando a 26 anni diventa deputato, dà per primo la notizia al padre Antonio, missino di lungo corso, più volte candidato senza fortuna al consiglio comunale di Napoli. «Hai voluto la bicicletta? Adesso pedala», gli risponde secco e forse un po’ scostante Antonio, che probabilmente vede insidiato il suo ruolo di maschio alfa della famiglia. D’altra parte uccidere il padre, metaforicamente s’intende, fa parte di un percorso inevitabile, e non c’è più bisogno di Freud per capirlo. Certo, ora la situazione è cambiata, e ne deve fare fuori un bel po’ per non essere a sua volta infilato nella pattumiera della storia, quella che i partiti riservano in genere a chi deraglia dall’ortodossia. Io cacciato?Già nel suo libro, Un amore chiamato politica, aveva sintetizzato il suo giudizio su Draghi: «Ci stiamo rimettendo in piedi, giorno dopo giorno». E adesso ha deciso di non stare più zitto, dopo aver dovuto digerire posizioni che lo hanno messo in imbarazzo, soprattutto sulle armi all’Ucraina. È convinto che, se la risoluzione che il Parlamento si prepara a votare non inciamperà in derive filo russe, sarà perché ha smesso di tacere. Intende farsi portatore di una sua visione, e non ha timori a dire che coincide con quella del premier. Pensa che i vertici del movimento si siano chiusi, rifiutando ogni confronto. E quindi si rivolge direttamente agli elettori, coltiva una rete esterna fatta di rapporti sul territorio, dialoga con esponenti del Pd e di Forza Italia, si confronta con i sindaci, Beppe Sala per primo, anche se non è detto che pensi già a un suo partito. Lo vogliono cacciare? Non lo sente come un suo problema, se vogliono espellerlo ci provino. Dentro o fuori che sia dice di sentirsi sereno, perché ora comunica senza lacci le sue idee. Pensa che Conte insegua il desiderio di un partito tutto suo, fosse anche del 5 per cento, con eletti che può scegliere e controllare, e che il passaggio intermedio che l’ex premier ha in mente sia quello di ritirare la delegazione dei ministri, lasciando solo l’appoggio esterno all’esecutivo, nell’illusione di fare meglio così la campagna elettorale. Una deriva che vuole contrastare. 20 giugno 2022 (modifica il 20 giugno 2022 | 08:27) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-06-20 07:44:00, L’ex capo politico del M5S Luigi Di Maio e i dissidi con Giuseppe Conte: l’espulsione? Se mi cacciano non è un mio problema, Roberto Gressi

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