Cultura, ora serve l’assessore

editoriale
Mezzogiorno, 16 marzo 2022 – 08:15

di Massimiliano Virgilio

Dopo cinque mesi dal suo insediamento, il sindaco Gaetano Manfredi ha deciso di parlare al mondo della cultura e illustrare la visione che guiderà la sua amministrazione. Lo ha fatto in un teatro Mercadante gremito di operatori che non aspettavano altro. Per farlo si è avvalso dell’autorevole contribuito che in questo periodo un gruppo di otto esperti (gran parte dei quali provenienti dal mondo accademico, ma non tutti) ha messo in campo indicando linee guide, valori di riferimento, auspicando un metodo partecipativo e il coinvolgimento da parte degli operatori culturali. Tutte indicazioni credibili, autorevoli e condivisibili sul piano generale. Tuttavia restano sul tappeto alcune questioni che le slide del sindaco non hanno risolto (e come avrebbero potuto?) la cui ammissione resta il primo passo per una reale condivisione del tema culturale in città. Innanzitutto va segnalato ancora una volta che l’impatto della «quota accademica» sulla visione culturale che il primo cittadino ha condiviso resta eccessiva e va a svantaggio della pratica e del saper fare, che pure non manca in città. Come si riuscirà a fare quel che si è proposto fare? Chiedere a chi lavora nel fango da anni, se non da decenni, non sarebbe male. Da sola l’autorevolezza scientifica non è sufficiente, c’è bisogno di individuare pratiche concrete e meno fumose per arrivare agli obiettivi. Anche perché nelle nebbie è più facile smarrire la rotta.

C’è sempre il rischio che la cultura venga fraintesa come un mero elenco di eventi, il che sarebbe il modo peggiore di occuparsene, a maggior ragione dopo una pandemia che ha sconvolto il mondo e una guerra che non sappiamo ancora dove ci porterà. Lo dico con una battuta: da «Ciao Al» a «Ciao Bob» o a «Ciao Paolo» il passo è breve. Non vorremmo che per cultura qualcuno intenda esattamente ciò che intendeva de Magistris, al netto di video imbarazzanti e cornetti scaramantici, ma con una vena professorale in più. Il che ci porta dritti al secondo punto: per fare cultura, per immaginare eventi e interventi, così come per rivitalizzare la rete di biblioteche comunali (questione avviata con buoni frutti agli inizi della sindacatura passata ma finita troppo presto nel dimenticatoio) c’è bisogno di risorse. Non si tratta di auspicare interventi a pioggia da parte dell’amministrazione, ma di provare a battere un colpo su un aspetto a dir poco fondamentale. Dove saranno trovati i finanziamenti necessari al piano culturale? Esiste una strategia per il famigerato coinvolgimento dei privati? Se ad oggi il reperimento dei quattro milioni tagliati dalla Regione Campania al bilancio del Teatro San Carlo resta un nodo complicato, come si pensa di trovare i fondi per sostenere la cultura fatta dal «basso» da operatori storicamente in difficoltà che la pandemia ha letteralmente massacrato? Con questo siamo al terzo punto del discorso, che poi è un vecchio punto di cui forse è importante tornare a parlare. Per dare maggior slancio all’azione inaugurata da Manfredi e dal suo gruppo di consiglieri, non sarebbe utile avere in squadra un assessore alla cultura? Messa in campo una visione, annunciati gli obiettivi, non potrebbe rivelarsi a questo punto necessaria la designazione di una persona di stretta fiducia in grado di finalizzare il contributo dei consiglieri in pratica amministrativa? Sia detto con il massimo rispetto: cinque mesi per arrivare a un output come quello sottopostoci l’altro ieri, in un’era come la nostra, è roba da epoca pre-analogica. Napoli e i napoletani (non solo in campo culturale), con il ritardo accumulato in anni di disastroso nulla, hanno bisogno di interventi efficaci e maggiormente puntuali.

16 marzo 2022 | 08:15
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