Chi è Robinho, l’ex calciatore condannato per stupro: oggi cerca di dare l’immagine del buon padre di famiglia

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di Carlos Passerini
La Procura di Milano ha inoltrato al ministero della Giustizia la richiesta di estradizione e il mandato d’arresto internazionale. Lui vive in una villa sul mare con la moglie e i tre figli postando immagini della sua famiglia tradizionale
Erano gli anni del «Toda joia toda beleza», dei gol e delle feste, degli scudetti e dei sorrisi, dei dribbling e degli eccessi, ma ora di gioia e bellezza non c’è più nemmeno l’ombra, tutto è finito, tutto è passato. Resta solo la «tristeza», per usare il titolo di una celebre canzone brasiliana degli anni Sessanta. La vita e la carriera calcistica di Robinho sono cambiate in quella notte milanese del 22 gennaio 2013, con quella storiaccia degli abusi sessuali ai danni di una ragazza di origini albanesi in un locale in zona Bicocca.
La Procura di Milano, è notizia di oggi martedì 15 febbraio, ha inoltrato al ministero della Giustizia la richiesta di estradizione e il mandato d’arresto internazionale per l’ex attaccante del Milan, condannato in via definitiva il 19 gennaio scorso a 9 anni di carcere per violenza sessuale di gruppo. La sua fortuna, se vogliamo chiamarla così, è che il Brasile del suo amico Bolsonaro non consentirà l’estradizione. Una cosa è certa: il calcio gli ha voltato le spalle. Dopo gli sponsor, che l’hanno mollato da anni, uno dietro l’altro, ora sono spariti anche i compagni e gli amici. E non poteva che essere così. Troppo grave, quella sentenza. E troppo grande l’imbarazzo per chi gli stava vicino, per chi giocava con lui, per chi gli voleva bene. I ponti con la sua vecchia vita sono stati tagliati da un pezzo. Al Milan, per dire, non hanno più nemmeno un numero di telefono buono. «Quello vecchio è staccato da anni» racconta chi lo ha conosciuto da vicino negli anni rossoneri. Non saprebbero nemmeno come contattarlo, per spedirgli una maglia o invitarlo a una delle tante amichevoli delle vecchie glorie che il club organizza di tanto in tanto. Persino Pato, che oltre ad essere suo connazionale ha vinto con lui uno scudetto sotto la guida di Allegri nel 2011, chiede in giro notizie sull’ex compagno e amico. «Scomparso dai radar, svanito nel nulla» raccontano gli ex compagni, che pure ammettono di non averlo più cercato.
Oltre alle foto sempre molto sobrie postate sui social, in cui quel sorriso che una volta era un marchio di fabbrica ora sembra una forzatura, di lui non c’è più traccia. E’ tornato in Brasile nel 2019 e ovviamente da lì non si è più mosso, conoscendo bene il meccanismo dell’estradizione. Sa che ora come ora è l’unico posto in cui può evitare il carcere. E poco importa se in Brasile, dove nel 2019 si è registrato uno stupro ogni 8 minuti, la sua vicenda processuale viene seguita con enorme attenzione, esattamente come in Italia. Meglio là che qua, per lui. Si sa che vive rinchiuso nella villa sul mare di Guarujà, nello Stato di San Paolo, dove ha una piscina col suo nome sul fondo e un muro pieno zeppo di magliette che ripercorrono la sua carriera, iniziata e terminata nel Santos. C’è anche una foto con Pelé, che di lui un giorno disse: «La prima volta in cui l’ho visto toccare la palla, mi è venuta la pelle d’oca, ho quasi pianto, il suo dribbling è devastante, come la semplicità con cui tratta il pallone. Ricorda me stesso quando avevo la sua età». La joia antica. La sua vita è cambiata, racconta chi gli sta vicino in Brasile, basta eccessi e una quotidianità «quasi» normale, come fosse un trentottenne qualsiasi, a fianco della moglie Vivian Guglielmetti, sua connazionale ma di chiare origini italiane, che conobbe da ragazzino e che lo seguiva già nell’avventura al Milan. «L’unico errore che ho fatto è stato tradire lei» ha detto il giocatore qualche tempo fa, riferendosi all’episodio del 2013. Peraltro non il primo: nel 2009 era già stato accusato di violenza sessuale per un presunto stupro in una discoteca di Leeds ai danni di una studentessa di 18 anni, erano i tempi in cui militava in Premier al Manchester City, ma dopo l’arresto fu in seguito prosciolto. La coppia, sposata nel 2009, ha tre figli: Robson di 14 anni, Gianluca di 10 e Giulia di 6. I quadretti familiari postati su Instagram sono sempre accompagnati da versetti biblici. Un riferimento chiaro alla famiglia tradizionale, l’unica possibile secondo la concezione cristiano-evangelica alla quale è fedele l’ex calciatore, che sui social e non solo si definisce da sempre «seguace di Cristo». L’immagine che cerca di trasmettere, attraverso lo smarthpone, è quella del buon padre di famiglia. Ma forse è tardi.
15 febbraio 2022 (modifica il 15 febbraio 2022 | 13:19)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Lui vive in una villa sul mare con la moglie e i tre figli postando immagini della sua famiglia tradizionale Erano gli anni del «Toda joia toda beleza», dei gol e delle feste, degli scudetti e dei sorrisi, dei dribbling e degli eccessi, ma ora di gioia e bellezza non c’è più nemmeno l’ombra, tutto è finito, tutto è passato. Resta solo la «tristeza», per usare il titolo di una celebre canzone brasiliana degli anni Sessanta. La vita e la carriera calcistica di Robinho sono cambiate in quella notte milanese del 22 gennaio 2013, con quella storiaccia degli abusi sessuali ai danni di una ragazza di origini albanesi in un locale in zona Bicocca. La Procura di Milano, è notizia di oggi martedì 15 febbraio, ha inoltrato al ministero della Giustizia la richiesta di estradizione e il mandato d’arresto internazionale per l’ex attaccante del Milan, condannato in via definitiva il 19 gennaio scorso a 9 anni di carcere per violenza sessuale di gruppo. La sua fortuna, se vogliamo chiamarla così, è che il Brasile del suo amico Bolsonaro non consentirà l’estradizione. Una cosa è certa: il calcio gli ha voltato le spalle. Dopo gli sponsor, che l’hanno mollato da anni, uno dietro l’altro, ora sono spariti anche i compagni e gli amici. E non poteva che essere così. Troppo grave, quella sentenza. E troppo grande l’imbarazzo per chi gli stava vicino, per chi giocava con lui, per chi gli voleva bene. I ponti con la sua vecchia vita sono stati tagliati da un pezzo. Al Milan, per dire, non hanno più nemmeno un numero di telefono buono. «Quello vecchio è staccato da anni» racconta chi lo ha conosciuto da vicino negli anni rossoneri. Non saprebbero nemmeno come contattarlo, per spedirgli una maglia o invitarlo a una delle tante amichevoli delle vecchie glorie che il club organizza di tanto in tanto. Persino Pato, che oltre ad essere suo connazionale ha vinto con lui uno scudetto sotto la guida di Allegri nel 2011, chiede in giro notizie sull’ex compagno e amico. «Scomparso dai radar, svanito nel nulla» raccontano gli ex compagni, che pure ammettono di non averlo più cercato. Oltre alle foto sempre molto sobrie postate sui social, in cui quel sorriso che una volta era un marchio di fabbrica ora sembra una forzatura, di lui non c’è più traccia. E’ tornato in Brasile nel 2019 e ovviamente da lì non si è più mosso, conoscendo bene il meccanismo dell’estradizione. Sa che ora come ora è l’unico posto in cui può evitare il carcere. E poco importa se in Brasile, dove nel 2019 si è registrato uno stupro ogni 8 minuti, la sua vicenda processuale viene seguita con enorme attenzione, esattamente come in Italia. Meglio là che qua, per lui. Si sa che vive rinchiuso nella villa sul mare di Guarujà, nello Stato di San Paolo, dove ha una piscina col suo nome sul fondo e un muro pieno zeppo di magliette che ripercorrono la sua carriera, iniziata e terminata nel Santos. C’è anche una foto con Pelé, che di lui un giorno disse: «La prima volta in cui l’ho visto toccare la palla, mi è venuta la pelle d’oca, ho quasi pianto, il suo dribbling è devastante, come la semplicità con cui tratta il pallone. Ricorda me stesso quando avevo la sua età». La joia antica. La sua vita è cambiata, racconta chi gli sta vicino in Brasile, basta eccessi e una quotidianità «quasi» normale, come fosse un trentottenne qualsiasi, a fianco della moglie Vivian Guglielmetti, sua connazionale ma di chiare origini italiane, che conobbe da ragazzino e che lo seguiva già nell’avventura al Milan. «L’unico errore che ho fatto è stato tradire lei» ha detto il giocatore qualche tempo fa, riferendosi all’episodio del 2013. Peraltro non il primo: nel 2009 era già stato accusato di violenza sessuale per un presunto stupro in una discoteca di Leeds ai danni di una studentessa di 18 anni, erano i tempi in cui militava in Premier al Manchester City, ma dopo l’arresto fu in seguito prosciolto. La coppia, sposata nel 2009, ha tre figli: Robson di 14 anni, Gianluca di 10 e Giulia di 6. I quadretti familiari postati su Instagram sono sempre accompagnati da versetti biblici. Un riferimento chiaro alla famiglia tradizionale, l’unica possibile secondo la concezione cristiano-evangelica alla quale è fedele l’ex calciatore, che sui social e non solo si definisce da sempre «seguace di Cristo». L’immagine che cerca di trasmettere, attraverso lo smarthpone, è quella del buon padre di famiglia. Ma forse è tardi. 15 febbraio 2022 (modifica il 15 febbraio 2022 | 13:19) © RIPRODUZIONE RISERVATA, Photo Credit: , , www.corriere.it, %%item_url %%, Sport, Sport, Sport, Leggi di più, , https://images2.corriereobjects.it/methode_image/socialshare/2022/02/15/c45a7506-8e57-11ec-a91e-e98defcaa657.jpg, Corriere.it – Homepage, Corriere.it – Notizie e approfondimenti di cronaca, politica, economia e sport con foto, immagini e video di Corriere TV. Meteo, salute, guide viaggi, Musica e giochi online , https://www.corriere.it/rss/images/logo_corriere.gif, http://xml2.corriereobjects.it/rss/homepage.xml, Carlos Passerini

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