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Chi è Jean-Luc Mélenchon, l’ex candidato all’Eliseo che ora ha un ruolo chiave

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di Stefano Montefiori

A settant’anni ha provato per la terza volta – come Marine Le Pen – di conquistare l’Eliseo. Le sue speranze erano tenute vive dal voto dei giovani: e dopo il primo turno ha chiesto ai suoi elettori di «non dare nemmeno un voto a Le Pen»

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

PARIGI — A settant’anni Jean-Luc Mélenchon ha tentato per la terza volta – come Marine Le Pen – di conquistare l’Eliseo. Per la terza volta ha fallito: ma mai come domenica 10 aprile era andato così vicino al ballottaggio, mai aveva ottenuto tanti consensi. Le sue speranze erano tenute vive dal voto dei giovani, molti dei quali hanno sostenuto il progetto di sinistra radicale di questo ex ministro socialista che ha abbandonato la moderazione della socialdemocrazia. I giovani lo hanno premiato: Mélenchon è primo nella fascia under 35. Ma non è bastato.

Se Emmanuel Macron e Marine Le Pen hanno condotto la campagna elettorale sempre in testa, Jean-Luc Mélenchon non si è rassegnato e, confortato dai sondaggi che lo davano in continua crescita, ha cercato fino all’ultimo di vincere uno dei due posti per il ballottaggio del 24 aprile. Non ci è riuscito, ma ha conquistato oltre il 20 per cento dei voti: e ha chiesto ai suoi elettori di non dare nemmeno una di quelle preferenze, al secondo turno, a Marine Le Pen.

Cinque anni fa la sua dichiarazione di voto al secondo turno era stata giudicata timida, poco chiara, un’acrobazia retorica per non prendere chiaramente posizione tra Macron e Le Pen. Stavolta, pochi minuti dopo l’inizio di un discorso commovente — «Guardate me, non ho mai abbassato le braccia, non ho mai rinunciato alla lotta, dovete fare come me!» —, il leader della sinistra radicale ha pronunciato una frase nient’affatto scontata, e che potrebbe risultare decisiva: «Non bisogna dare un solo voto a Marine Le Pen. Sono stato chiaro? Perché certe volte dico le cose ma non vengo ascoltato, e allora ricomincio da capo: Non bisogna dare un solo voto a Marine Le Pen».

Nato a Tangeri, in Marocco, nel 1951, figlio di un impiegato delle poste e di un’insegnante entrambi originari dell’Algeria francese, Jean-Luc Mélenchon è stato a sua volta impiegato delle poste, fondatore della prima radio di Tangeri, giornalista, correttore di bozze e poi insegnante di francese.

Dopo gli esordi tra i trotzkisti nel 1977 diventa membro del partito socialista, nel quale militerà per trent’anni, con un posto da ministro della Formazione professionale durante il governo Jospin, dal 2000 al 2002.

Dopo la vittoria di Nicolas Sarkozy alle presidenziali contro la compagna di partito socialista Ségolène Royal, nel 2008 Mélenchon lascia il Ps accusandolo di rappresentare la «gauche molle» e fonda il Parti de gauche, che nel 2016 diventa La France Insoumise. Mélenchon auspica l’avvento di una nuova società, meno produttivista e più attenta all’ecologia, tuona contro le diseguaglianze e il potere delle multinazionali, e fanno discutere le sue posizioni anticapitaliste che lo portano a sostenere il Venezuela di Maduro ma anche la Russia degli oligarchi di Vladimir Putin.

Dopo avere negli scorsi auspicato «la disgregazione dell’Ucraina», riprendendo la propaganda putiniana sui neonazisti a Kiev, Mélenchon ha preso le distanze da Mosca dopo l’invasione russa del 24 febbraio. Protagonista dei social media e di comizi innovativi con il ricorso agli ologrammi, Mélenchon si definisce come «una tartaruga sagace» capace di arrivare al traguardo dell’Eliseo. Non ci è riuscito; potrà aiutare Macron a rimanerci.

10 aprile 2022 (modifica il 11 aprile 2022 | 09:45)

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, 2022-04-11 14:28:00, A settant’anni ha provato per la terza volta – come Marine Le Pen – di conquistare l’Eliseo. Le sue speranze erano tenute vive dal voto dei giovani: e dopo il primo turno ha chiesto ai suoi elettori di «non dare nemmeno un voto a Le Pen», Stefano Montefiori

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