Cellulari, tablet e Pc: così negli ospedali è nata una nuova alleanza tra medici e pazienti in era Covid

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di Danilo di Diodoro

L’ isolamento imposto dalla pandemia ha reso più difficile la vita in reparto e costretto a trovare nuove formule per mantenere il contatto tra i ricoverati e i loro famigliari.

Il ricovero in ospedale rappresenta una forzata interruzione nello svolgersi della vita e allontana la persona, diventata il paziente o la paziente, dai propri riferimenti affettivi e organizzativi. Un’esperienza che pressoché inevitabilmente tende a spersonalizzare, e che capita proprio nel momento in cui lo stato di malattia richiederebbe relazioni ancora più significative. In molti ambiti ospedalieri tuttavia c’è un crescente impegno verso una maggiore attenzione alla relazione medico paziente, pur nelle difficoltà organizzative che gravano su istituzioni complesse come gli ospedali.

Umanizzazione

«Nelle realtà ospedaliere da anni si opera per l’umanizzazione, cercando di rendere più accoglienti i luoghi di cura, non solo per i degenti, ma anche per i loro familiari, con l’obiettivo di proteggerli da ansia e stress, che ostacolano la partecipazione consapevole ai percorsi di diagnosi e terapia» dice Mauro Moreno, direttore sanitario del Grande Ospedale Metropolitano Niguarda di Milano. In questi ultimi due anni, l’emergenza anche organizzativa causata dalla pandemia da Covid-19 ha spesso reso più difficili questi sforzi.

«Il Covid-19, quale condizione multi-organica, complessa e spesso critica, ha richiesto cambiamenti dirompenti, sia in termini di velocità di risposta sia nella modalità erogativa dei servizi sanitari. Nelle prime fasi dell’emergenza, le restrizioni adottate, come il divieto della presenza dei familiari, hanno richiesto alle équipe di cura un ulteriore onere, non solo organizzativo, ma anche emotivo, decisionale, etico. Ci si è dovuti muovere in un continuo equilibrio fra l’assistenza ottimale ai pazienti, la protezione dal contagio e il supporto ai familiari».

Luoghi di incontro virtuale

«Con il divieto di visita da parte dei familiari — continua Moreno — si è dovuto fare ricorso, per la comunicazione nei loro confronti, all’utilizzo di cellulari, tablet e dispositivi informatici

, che hanno permesso di sperimentare e verificare un nuovo ed efficace canale di comunicazione. Nel nostro ospedale questo sistema ha garantito quotidianamente il flusso delle informazioni cliniche da parte del medico, oltre che l’intervento telefonico dello psicologo. È stata una ritualizzazione dello spazio relazionale, che attraverso il regolare contatto telefonico ha permesso la costruzione di un luogo virtuale di incontro con il proprio congiunto».

«Non poteva essere considerata una vera e propria sostituzione dell’orario di visita, tuttavia ha cercato di garantire una maggiore vicinanza, una partecipazione attiva al percorso di cura, in una condizione di grande isolamento. In tal modo credo che sia stata garantita al paziente e ai suoi familiari una continuità di cura e relazione. Un aiuto importante per il consolidamento dell’alleanza terapeutica, con la possibilità di restare attivo anche dopo la dimissione, quale fattore protettivo. Ritengo che ora questo bagaglio esperienziale e culturale non debba essere dissipato, ma piuttosto evoluto in una nuova modalità di gestione e organizzativa aziendale».

Sperimentazioni

L’occasione della pandemia ha quindi offerto alle istituzioni ospedaliere più attente la possibilità di sperimentare nuovi approcci alla comunicazione all’interno del percorso di cura. «In effetti è stato possibile verificare sul campo che il tempo della comunicazione costituisce tempo di cura» dice ancora Mauro Moreno. «La comunicazione efficace, infatti, concorre a migliorare la compliance, la qualità della cura del paziente e contribuisce al miglioramento del risultato finale di salute, oltre che al benessere dei familiari. Inoltre, si è compreso il ruolo del dialogo nella pianificazione condivisa delle cure, quindi nell’alleanza terapeutica. È emersa chiaramente anche l’importanza di una modalità comunicativa chiara, veritiera ed empatica. Oggi si usa molto l’espressione “less is more”, che si potrebbe tradurre in “meno è di più”. Un concetto che risulta vero soprattutto in circostanze stressanti, quando l’eccesso di informazione rischia di favorire povertà di attenzione da parte di chi la riceve».

17 giugno 2022 (modifica il 17 giugno 2022 | 18:46)

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, 2022-06-17 18:45:00, L’ isolamento imposto dalla pandemia ha reso più difficile la vita in reparto e costretto a trovare nuove formule per mantenere il contatto tra i ricoverati e i loro famigliari., Danilo di Diodoro

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