Caro bollette, a Roma e nel Lazio 10mila imprese a rischio crac

di Lilli Garrone

L’ultima ricerca di Confartigianato: «Entro Natale temiamo molte chiusure importanti». Nella Regione soffrono 79mila attività con 304 mila addetti. Nella Capitale sono 10.452 quelle colpite dall’aumento del prezzo del carburante

Sempre più pesante il numero delle imprese che rischiano di chiudere a Roma e nel Lazio per il caro-bollette. L’ultima ricerca l’ha eseguita la Confartigianato e, come spiega il presidente Andrea Rotondo, «anche se i dati della nostra regione sono nella media delle altre italiane, il timore di non farcela è continuo. Entro Natale abbiamo l’effettivo rischio di molte chiusure anche importanti».

Un’occhiata allora ai numeri: nel Lazio in totale soffrono 79 mila imprese con 304 mila addetti. In particolare per le artigiane, che sono circa 95 mila, si calcolano in sofferenza circa 10 mila aziende con oltre 30 mila dipendenti. Se poi si passa a fare i conti su Roma, solo considerando le micro e piccole imprese, sono 10.452 quelle colpite dal caro carburanti per 37.274 addetti. Mentre analizzando la realtà dell’artigianato capitolino, che supera le 66.300 imprese, sono a rischio circa 7mila imprese, dove lavorano più di 25 mila cittadini. Puntando i poi riflettori su alcuni settori, come il manifatturiero o la ristorazione artigiana, su 13.000 attività ne sono a rischio chiusura più di mille, con una ricaduta occupazionale di 4.000 addetti.

Le principali attività esposte alla minaccia del lockdown energetico, secondo la ricerca, sono – ovviamente – quelle energy intensive come ceramica, vetro, cemento e carta. Ma soffrono anche i comparti manifatturieri come tessile, legno e stampa. Inoltre gli effetti del caro-energia non risparmiano neanche il settore dei servizi, in particolare commercio di prodotti alimentari, ristorazione, piscine, palestre, lavanderie e centri benessere. A questi si aggiungono poi i settori del trasporto colpiti dall’aumento del costo del gasolio: dal trasporto merci su strada ai servizi di trasloco, dai taxi al trasporto marittimo. E infine, i rischi si estendono anche alla logistica, con attività come il magazzinaggio e le attività di supporto ai trasporti che subiscono pesanti rincari delle bollette per le attività di refrigerazione di merci deperibili.

Per il momento, però, non c’è ancora la resa totale, anche se in molti pensano di chiudere. Infatti, «per evitare l’eccessivo aumento dei prezzi che potrebbe compromettere la fidelizzazione della clientela – spiega Rotondo – gli imprenditori cercano di intervenire sui diversi fattori della produzione con l’obiettivo di mantenere sempre alta la qualità del prodotto. Ma non dobbiamo dimenticare (solo per citare un paio di elementi in gioco), l’alto costo del lavoro e il continuo procrastinare gli interventi sul cuneo fiscale». E ci sono poi le richieste al Comune che «potrebbe intervenire con un’azione di sistema sulla tassazione locale (Osp e Tari), o incidere su Atac con prezzi calmierati – fa notare il presidente di Confartigianato – mentre Camera di commercio e Regione potrebbero elaborare strumenti di sostegno alla liquidità per affrontare i rincari energetici». Purtroppo il problema «mantiene una complessità sovranazionale e le misure dell’ultimo “decreto Aiuti” dovranno essere affiancate da un piano strutturale per la sicurezza energetica – aggiunge Rotondo -. È comunque positivo il rafforzamento del credito d’imposta per le imprese non energivore e, per l’autotrasporto, la previsione di un fondo da 100 milioni per mitigare gli aumenti del costo del gasolio».

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16 ottobre 2022 (modifica il 16 ottobre 2022 | 14:47)

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