Il caro-bollette? Agli enti non profit costa 10 euro al giorno per ogni assistito

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di Giulio Sensi

Le organizzazioni in difficoltà per i costi energetici aumentati. A rischio chiusura centri che garantiscono servizi ad anziani, bambini, disabili. Scatta l’allarme tra grandi e piccole realtà

Fra le vittime della tempesta che si abbatte su costi energetici c’è un pezzo di Paese che non può permettersi di morire: sono le organizzazioni non profit che tengono in piedi le strutture residenziali e i centri diurni per anziani e disabili, trasportano o assistono a casa malati e persone non autosufficienti, gestiscono gli impianti dove i giovani imparano i valori dello sport e del rispetto. «I dati – racconta Luca Degani, presidente di Uneba Lombardia, l’organizzazione di categoria del settore sociosanitario, assistenziale ed educativo – parlano chiaro. Abbiamo 450 enti associati in tutta la regione e gestiamo 1000 servizi residenziali, diurni e domiciliari per anziani e disabili. Con l’aumento dei costi energetici abbiamo già avuto una crescita di 10 euro al giorno per persona assistita. Per una struttura di medie dimensioni, 120 posti letto, sono più di 400.000 euro in più all’anno. Parliamo di persone in condizioni di fragilità con il bisogno di temperature equilibrate che non possono scendere sotto i 20 gradi. Per ora stiamo sostenendo noi questi costi, ma fino a quando ci riusciremo?».

Gli allarmi si stanno moltiplicando: a Palermo il presidente del Centro di accoglienza Padre Nostro fondato da don Pino Puglisi, Maurizio Artale, ha denunciato il rischio chiusura di 20 centri che impiegano 13 dipendenti e danno servizi ai bambini, alle famiglie, agli anziani e coinvolgono i detenuti che scontano la pena con i servizi sociali. Il presidente nazionale della Uisp Tiziano Pesce denuncia come per riscaldare l’acqua delle piscine si paghi anche il 400% in più. «Le associazioni e le società sportive – afferma Pesce – sono allo stremo. Anche un bocciodromo, che ha bisogno di essere illuminato e riscaldato perché frequentato da persone spesso anziane o fragili, rappresenta per molti centri piccoli e grandi un presidio di relazioni e di vita da non abbandonare». L’aumento non tocca solo i costi di energia e gas, ma anche trasporti, personale e materiali. I mezzi della Croce Verde di Torino percorrono un milione di chilometri all’anno per soccorrere chi sta male, assistere malati, aiutare persone con disabilità.

Le convenzioni

«Su un bilancio di sei milioni di euro – racconta Mario Moiso, commercialista, volontario e presidente dell’organo di controllo di Anpas Nazionale – abbiamo nel 2022 un aumento dei costi di 300.000 euro. Quelli di carburante sono molti 65.000 euro, ma non sono gli unici. Tutto grava sulle nostre casse: materiali sanitari, abbigliamento, energia elettrica, pulizia e disinfezione delle sedi e dei mezzi, manutenzione. Resistiamo perché siamo una struttura grande, ma le associazioni più piccole rischiano di chiudere. Le convenzioni con gli enti pubblici e le aziende sanitarie funzionano ad acconto basato sui costi dell’ultimo o penultimo consuntivo, ma tutti stanno pagando energia, benzina e stipendi a prezzi attuali. Il Terzo settore sta facendo da banca per l’ente pubblico e corre il rischio di trovarlo non pronto a gestire questa situazione».

Gli allarmi si stanno moltiplicando e stanno arrivando da tutte le realtà che gestiscono servizi sanitari, sociosanitari e di protezione civile come Anpas, Misericordie e Croce Rossa e dai Centri di servizio per il volontariato. «Dobbiamo renderci conto – aggiunge Moiso – che in Italia un pezzo importante di sistema sanitario soprattutto al Nord e al Centro si basa sul Terzo settore. Alcune aziende sanitarie sono più attente e considerano già qualche incremento, ma serve più attenzione». La crisi tocca un settore che conta più di 300.000 organizzazioni, impiega 850.000 dipendenti e mobilita sei milioni di volontari.

Provvedimenti

«L’impatto – spiega il direttore del Forum nazionale del Terzo settore Maurizio Mumolo – si rovescia su tutti: sia gli enti di natura associativa sia imprenditoriali. In alcuni settori produce effetti più gravi, in altri meno, ma è un problema serio perché i servizi svolti dal Terzo settore non hanno le caratteristiche del mondo delle imprese, dal momento che non ci sono clienti su cui scaricare le spese che aumentano». Fra le misure che il governo ha iniziato ad adottare per fronteggiare la crisi dei costi energetici il Terzo settore non è compreso. «Sono rivolte alle famiglie in difficoltà e alle imprese energivore – afferma la portavoce del Forum Vanessa Pallucchi -, ma è necessario agire subito per estenderle al non profit. Serve un provvedimento ad hoc, perché la misura dello sgravio fiscale per il mondo associativo che non svolge attività commerciale ha poco senso. Va individuato un fondo dedicato a cui poter attingere». «Le norme- conclude Degani – non possono essere fatte solo per le imprese. Una proposta potrebbe essere anche un ragionamento analogo allo sgravio fiscale, con la creazione di un credito di imposta che non si giochi sul fisco, ma sui contributi previdenziali dei lavoratori. Questo per garantire i livelli essenziali di assistenza ed evitare che ci siano altri costi a carico delle famiglie che già vivono la crisi sulla loro pelle».

16 settembre 2022 (modifica il 16 settembre 2022 | 07:17)

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