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Bufera su Schröder: «I massacri in Ucraina? Putin non c’entra»

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di Paolo Valentino

L’ex cancelliere rivendica l’amicizia con il capo del Cremlino e gli incarichi per l’industria russa. La Spd: «Lasci il partito». Kiev: «Sanzioni per lui come per gli oligarchi russi»

Dal nostro corrispondente

BERLINO – «Non farò alcun mea culpa. Non è roba per me». Scatenano un putiferio in Germania le dichiarazioni al New York Times dell’ex cancelliere socialdemocratico Gerhard Schröder, che rivendica e difende tutte le sue scelte controverse, dall’amicizia con Vladimir Putin al mantenimento degli incarichi ben remunerati al servizio dell’industria energetica russa, al rifiuto di criticare direttamente il leader del Cremlino, condannando esplicitamente l’aggressione contro l’Ucraina. È la prima volta che Schröder parla pubblicamente dall’inizio della guerra e la gravità delle sue dichiarazioni spinge perfino la copresidente della Spd, Saskia Esken, a dire che l’ex cancelliere dovrebbe lasciare il partito socialdemocratico: «Lo abbiamo più volte invitato a lasciare i suoi incarichi nelle aziende russe, ma non ha voluto seguire il nostro consiglio. Purtroppo, agisce da molti anni soltanto come un uomo d’affari. Ora dobbiamo smettere di guardare a lui come a uno statista ed ex cancelliere», ha detto Esken, secondo cui «la sua difesa di Putin dall’accusa di crimini di guerra è assurda».

«L’ordine dei massacri non è arrivato da Putin»

Nel colloquio con la corrispondente da Berlino del quotidiano americano, Schröder infatti contesta con forza che a Bucha, l’esercito russo abbia massacrato i civili, come confermato anche da testimoni internazionali, sostenendo che «la cosa va indagata». E in ogni caso, ha aggiunto, «non credo che l’ordine sia venuto da Putin, ma da un livello più basso». L’ex cancelliere rifiuta di ammettere alcun errore nella politica verso Mosca durante il suo cancellierato, che gettò le basi per una sempre più forte dipendenza della Germania dalle forniture di gas e petrolio russi, soprattutto con i due progetti del Nord Stream 1 e 2: «Negli ultimi trent’anni è stata una linea sostenuta da tutti, nessuno ha fatto obiezioni, né la Cdu, né l’industria. Ora all’improvviso fanno tutti i saputelli», dice Schröder in una chiamata di correo, che in effetti tocca il nervo scoperto dell’intero sistema-Germania.

La telefonata di Vladimir

Ma qualche problema d’immagine all’inizio deve averlo avuto anche lui, stando all’aneddoto rivelato alla giornalista: il 9 dicembre 2005, tre settimane dopo aver lasciato la cancelleria, Schröder infatti esitò quando ricevette la telefonata di Vladimir Putin, che gli offriva la presidenza del consiglio di sorveglianza del Nord Stream, il gasdotto russo tedesco che passa sotto il Mar Baltico. «Hai paura a lavorare per noi?», gli chiese Putin facendosi una risata. Pochi giorni dopo egli accettò l’incarico. L’ex cancelliere ricorda di aver «sempre rappresentato gli interessi tedeschi» e che anche «la Germania ha beneficiato dei miei legami con Putin», nel frattempo diventati di forte amicizia anche grazie all’adozione di due bambini russi da parte di Schröder e della sua ex moglie Doris, ottenuta grazie all’intercessione del presidente russo.

Se Mosca chiude i rubinetti del gas

Solo nel caso in cui Putin dovesse chiudere i rubinetti del gas e del petrolio verso l’Europa, così Schröder, egli si dimetterebbe dagli incarichi, nel frattempo moltiplicatisi con un posto nel consiglio di amministrazione di Rosneft e uno prossimo in quello di Gazprom: «Ma sono certo che non succederà. Non è mai successo neppure durante i peggiori momenti della Guerra Fredda». Una versione però contestata dal giornale Die Welt, che stamane in una ricostruzione ricorda come durante la crisi del Muro nel 1961 e quella dei missili a Cuba nel 1962 non un solo barile di petrolio o un metro cubo di gas russo arrivarono nella Repubblica Federale. Molto controverse sono anche le dichiarazioni sulla guerra, che l’ex cancelliere si limita a definire «un errore» rifiutandosi però di citare per nome Putin e prenderne le distanze, adducendo come scusa che in questo modo «perderebbe la fiducia dell’unica persona che può terminare la guerra». E aggiunge: «Anche Putin è interessato a porvi fine, ma non è così facile, occorre ancora chiarire un paio di punti». Un mese fa, Schröder era stato protagonista di un tentativo di mediazione, autorizzato dagli ucraini. Ma il suo viaggio a Mosca, dove aveva parlato per alcune ore con Putin, non ha avuto alcun seguito. L’articolo del New York Times ha avuto l’effetto di una bomba a Berlino, dove critiche feroci si sono levate all’indirizzo dell’ex cancelliere, definito «una vergogna per la Germania» dal capo dei giovani cristiano-democratici Tilman Kuban.

La posizione di Scholz

L’imbarazzo è soprattutto interno alla Spd e lambisce anche il cancelliere Scholz, che ha già problemi di suo. Il capo del governo è infatti sotto attacco per il suo atteggiamento cauto e reticente sulle forniture di armi pesanti all’Ucraina, invocate ormai pubblicamente anche dai suoi alleati verdi e liberali. Intanto, il capo dell’opposizione e leader della Cdu-Csu, Friedrich Merz, ha annunciato di voler presentare una mozione in Parlamento favorevole all’invio di carri armati e altri sistemi d’arma a Kiev, offrendo un patto di collaborazione ai partiti della maggioranza, che potrebbe spaccare la coalizione. Dopo le dichiarazioni dell’ex cancelliere, il sindaco di Kiev, Vitali Klitschko, ha chiesto che l’Occidente aggiunga il nome di Schroeder alla lista delle sanzioni, poiché «egli fa parte del sistema Putin ed è corresponsabile del massacro di donne e bambini in Ucraina».

25 aprile 2022 (modifica il 25 aprile 2022 | 16:27)

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, 2022-04-25 14:28:00, L’ex cancelliere rivendica l’amicizia con il capo del Cremlino e gli incarichi per l’industria russa. La Spd: «Lasci il partito». Kiev: «Sanzioni per lui come per gli oligarchi russi», Paolo Valentino

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