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Baraccopoli resiste da otto mesi accanto al Palazzo di Giustizia

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di Giulio De Santis

Basterebbe una scintilla a provocare un incendio. Nell’impunità la favela ha continuato a crescere, con nuove e fatiscenti strutture, a due passi dalla cittadella giudiziaria

Da 8 mesi (e forse anche di più) vivono in una baraccopoli in via Romeo Romei, con affaccio Tribunale, nel cuore della riserva naturale di Monte Mario, uno dei polmoni verdi della Capitale. Dove basterebbe una scintilla a provocare un incendio, come, in una situazione analoga, è successo la notte del 3 ottobre 2021 al Ponte di Ferro.La situazione pericolosa della favela di Monte Mario è stata segnalata già due volte dal Corriere – il 22 agosto e il 27 ottobre scorsi – senza che sia seguito alcun intervento delle istituzioni cittadine. Né il Campidoglio, né la Polizia Locale di Roma Capitale, deputati per competenza a intervenire, hanno avviato l’iter per rimuovere tende e baracche.

E nell’indifferenza nell’impunità la favela ha continuato a crescere, con nuove e fatiscenti strutture, proprio a due passi dalla cittadella giudiziaria di Piazzale Clodio, dove ogni giorno pubblici ministeri, giudici e avvocati celebrano decine di processi per reati come l’abuso edilizio o il furto di corrente elettrica. A tentare di rendere le proprie condizioni di vita meno pericolose e miserabili, sono gli stessi accampati. Niente carte lasciate per terra, nessun apparecchio elettrico utilizzato per cucinare o scaldarsi nelle notti, molto fredde, all’interno della riserva, anche in questo periodo. Nemmeno avanzi di cibo vengono abbandonati dagli occupanti per non attirare topi o cani. Gli accampati hanno creato persino un rudimentale bagno, sempre con l’intento di mantenere il luogo in condizioni igieniche certo non accettabili, ma quanto meno senza scendere sotto la soglia della totale assenza di dignità.

Durante il giorno a fare da sentinella alla baraccopoli e agli oggetti di chi ci abita, c’è Svetlana (nome di fantasia), romena, 50 anni, anche se le rughe sul viso e la tristezza negli occhi la fanno sembrare molto più anziana. «Gli altri sono in giro – dice e poi si abbandona a un sospiro – la mia è stata una brutta vita». Madre di 4 figli e nonna di tre nipoti, è dal 2005 in Italia: «Vivo in questa baracca da 2 settimane, forse tre – racconta Svetlana – E’ stato mio marito a costruirla. C’era posto, non sapevamo più dove andare. Io non posso muovermi. Ho il diabete. Quando ho bisogno delle medicine, vado alla Caritas, lì mi trattano in modo umano. Vivo in Italia da 17 anni, ho dormito ovunque, sotto i ponti e in mezzo alla strada, so bene che questo non sarà il posto definitivo». Svetlana non ha il viso e i modi della delinquente. Ma gli altri accampati? Nella riserva naturale di Monte Mario, istituita nel 1997, sono state sbaraccate tante bidonville nel corso degli anni, tre dal 2015 a oggi. Nel 2018 in una di queste baraccopoli è stato arrestato lo stupratore di una donna di 54 anni. Le bidonville, dove trovano rifugio gli ultimi della Capitale, sono zone franche, senza legge: a pochi metri dal tempio della legge.

19 aprile 2022 (modifica il 19 aprile 2022 | 08:32)

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, 2022-04-19 06:39:00, Basterebbe una scintilla a provocare un incendio. Nell’impunità la favela ha continuato a crescere, con nuove e fatiscenti strutture, a due passi dalla cittadella giudiziaria , Giulio De Santis

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