L’ultimo sondaggio prima delle elezioni: balzo di FdI al 25,1%, cala il Pd. I 5 Stelle sopra la Lega

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di Nando Pagnoncelli

Carroccio al 12,5 (-0,9). Movimento al 14,5 (quasi il 20 al Sud). Il partito di Letta scivola dal 23 al 20,5. Calenda e Renzi al 6,7

L’ultimo sondaggio prima del consueto silenzio demoscopico previsto per legge nei quindici giorni antecedenti la data delle elezioni mostra alcuni cambiamenti di rilievo, a testimonianza del fatto che la campagna elettorale è entrata nel vivo e gli elettori stanno iniziando a seguirla con più attenzione rispetto a quanto avevano fatto nel mese di agosto.

Le variazioni principali riguardano l’aumento di FdI, del M5S e del Terzo polo (Azione e Italia viva) e la flessione del Pd e della Lega. Il partito guidato da Giorgia Meloni consolida il primato con il 25,1% delle preferenze, facendo registrare una crescita di 1,1% rispetto a fine agosto e di ben 5,1% rispetto a fine giugno. Il Pd con il 20,5% si conferma al secondo posto della graduatoria, ma perde il 2,5% dei consensi; a seguire il M5S che si attesta al 14,5% (+1,1% rispetto a fine agosto) e precede la Lega (12,5%, in calo di 0,9%), quindi Forza Italia, stabile all’8% e il Terzo polo con il 6,7% (in crescita di 1,7%). Tra le altre forze politiche, ad oggi supererebbero la soglia di sbarramento del 3% solamente l’alleanza Verdi, Sinistra e Reti civiche (3,4%) e Italexit (3%).

L’analisi dei flussi elettorali rispetto al voto delle europee del 2019 mostra che il consenso per FdI proviene in larga misura dalla Lega (non a caso FdI ha nettamente sorpassato il partito di Salvini nelle regioni settentrionali) e da Forza Italia, a cui si aggiunge una quota non trascurabile di elettori che si erano astenuti. Il Pd nelle ultime settimane è apparso in difficoltà, penalizzato dalla crescita del M5S e del Terzo polo e dal rischio di una limitata mobilitazione di una parte del proprio elettorato rassegnato alla sconfitta. L’aumento del M5S rappresenta una sorpresa, tenuto conto del trend negativo degli ultimi mesi: il posizionamento adottato (progressista), la scelta dei temi (difesa del reddito di cittadinanza, salario minimo e ambiente) e il profilo di Conte («avvocato del popolo») fanno breccia in una parte dell’elettorato di sinistra e degli astensionisti, soprattutto nelle regioni meridionali e insulari. Il Terzo polo attrae elettori in misura simile dal Pd, dal centrodestra (gli «orfani» del governo Draghi) e dall’astensione (rappresenta una novità). La Lega appare in sofferenza, alle prese con una doppia competizione: con gli avversari del centrosinistra e con la principale forza alleata che le ha sottratto voti ed esprime posizioni diverse su alcuni temi strategici (contesto internazionale, fisco, scostamento di bilancio).

Nel complesso, quindi, nell’attuale scenario quadripolare il centrodestra aumenta il vantaggio sul centrosinistra che oggi risulta di quasi 20 punti (46,6% a 27,2%). Come si traduce tutto ciò in seggi? Analogamente a quanto realizzato in occasione delle nostre precedenti simulazioni del nuovo Parlamento pubblicate su queste pagine, le stime sono basate su un campione di grandi dimensioni che comprende 22.000 interviste effettuate da Ipsos tra il 2 agosto e il 6 settembre. I dati sono stati ponderati allineandoli alle tendenze di voto più recenti rilevate dopo la presentazione delle candidature. Con l’estensione del diritto di voto al Senato ai 18-24enni, le stime utilizzate per la simulazione sono identiche per Camera e Senato; le differenze ottenute sono pertanto esclusivamente effetto della differente ripartizione dei territori afferenti a ciascun collegio elettorale. L’attribuzione dei seggi degli eletti all’estero tiene conto del risultato ottenuto in occasione delle elezioni precedenti (2018) corretto con i trend registrati dalle singole liste sul territorio nazionale.

Ebbene, a differenza di quanto emergeva a metà luglio, quando l’analisi prese in considerazione anche l’ipotesi di una competizione tra il centrodestra e il cosiddetto campo largo (l’alleanza tra centrosinistra e M5S tramontata a seguito della fine del governo Draghi) oggi si profila una solida maggioranza assoluta per il centrodestra sia alla Camera sia la Senato dove otterrebbe rispettivamente 249 e 121 seggi a fronte di 82 e 43 seggi attribuiti al centrosinistra. Inoltre, dei 147 seggi assegnati alla Camera con metodo maggioritario ben 129 (88%) andrebbero alla coalizione vincente (62 su 73 al Senato, pari all’85%). I seggi contendibili, ossia quelli in cui la distanza tra i primi due candidati risulta inferiore al 5%, sarebbero 28 alla Camera e 14 al Senato.

Sulla base di queste stime, a due settimane dal voto appare difficile prefigurare un rovesciamento dei rapporti di forza tra i competitori, tuttavia non possiamo escludere cambiamenti a livello di singoli partiti, alla luce dell’attitudine di una larga parte dei cittadini a decidere il proprio voto a ridosso delle elezioni. A questo proposito appare interessante quantificare la quota di elettori indecisi e astensionisti e descriverne il profilo socio-demografico. Attualmente i primi rappresentano il 10,1% dell’intero elettorato e l’indecisione è più presente tra le donne (11,2%), tra i più giovani (13,6%), tra i laureati (12,7%) e i diplomati (11,6%), tra gli studenti (22,7%) e tra le persone di condizioni economiche medio alte (12,1%). L’astensione è oggi stimata al 33,4%: se venisse confermata, si tratterebbe del valore più elevato nell’Italia repubblicana in una consultazione legislativa, in aumento di oltre 6% rispetto al dato delle elezioni del 2018, quando l’affluenza fu pari al 72,9%. L’astensionismo ha motivazioni diverse, riconducibili all’età (connessa spesso alle condizione di salute), al livello di istruzione, alle condizioni economiche e occupazionali, alla zona di residenza e al rapporto con la politica: infatti, la diserzione delle urne risulta più diffusa tra le persone meno giovani (40,3%), nelle regioni del centro sud (36%) e in quelle del sud e isole (39,2%), tra i cittadini con licenza elementare o media (42,1%), tra coloro che vivono in condizioni economiche basse (47,3%) o medio basse (40,8%), tra i disoccupati (48,5), le casalinghe (38,4%) e i pensionati (39,6%) e, considerando le persone che hanno un’occupazione, tra gli artigiani e i commercianti (33,6%). Ma il picco più elevato (70%) si registra tra i cittadini che non si riconoscono nell’asse destra-sinistra e rivendicano una distanza dalla politica, da cui non si sentono rappresentati.

L’area grigia dell’astensione e dell’indecisione rappresenta quindi un bacino di elettorato potenziale molto ampio e contendibile, ma i partiti devono fare i conti con lo scetticismo, la disillusione e il senso di esclusione e di marginalità sociale che alberga nei segmenti sociali sopra descritti.

Va infine osservato che la crescente mobilità elettorale di cui abbiamo spesso parlato si esprime anche attraverso la propensione, molto diffusa, a considerare più partiti: basti pensare che il 51% degli interpellati dichiara di prendere in considerazione oltre al partito indicato anche un’altra forza politica dando luogo ad una forte competizione soprattutto tra elettorati contigui, ad esempio il 51% degli attuali elettori della Lega non esclude di votare per Fratelli d’Italia, come pure il 37% degli elettori di Meloni voterebbe per la Lega; e sul fronte opposto il 25% degli elettori del Pd potrebbe optare per l’alleanza tra Verdi Si e Reti civiche e il 18% per il M5S; e tra i pentastellati il 19% potrebbe votare dem.

Insomma, l’esito finale della competizione non sembra in discussione, ma le scelte di voto per i partiti sono fluide. Ce n’è abbastanza per ribadire che i sondaggi non sono un oracolo ma una fotografia, che richiama sempre di più l’immagine del fixing della Borsa: vale oggi ma domani è già superato.

8 settembre 2022 (modifica il 9 settembre 2022 | 07:08)

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, 2022-09-09 05:09:00, Carroccio al 12,5 (-0,9). Movimento al 14,5 (quasi il 20 al Sud). Il partito di Letta scivola dal 23 al 20,5. Calenda e Renzi al 6,7, Nando Pagnoncelli

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