Andrey Kurkov: «Invadendoci Putin ci ha uniti. Zelensky faccia i compiti, non siamo perfetti»

Lo scrittore: «Sono ucraino, scrivo in russo. Il nostro coraggio? Deriva dal fatto che sappiamo cosa significa stare sotto Mosca: Russia significa nessuna libertà. Putin è politicamente già morto, e anche fisicamente sta male»

Andrey Kurkov è uomo spiritoso, ma per nulla accomodante. Sa che a Mosca lo chiamano «traditore della cultura russa», eppure è una delle poche voci in Ucraina che non partecipa al coro acritico da tempo di guerra. Una nuova legge di Kiev condanna all’oblio la grande letteratura russa? Kurkov afferma senza esitazione: «Sono ucraino, mi sento ucraino, ma io scrivo in russo e continuerò a scrivere in russo. I miei autori preferiti sono Platonov, Gogol, Bulgakov, Knut Hamsun, Camus, Kafka».

Un francese, un asburgico, un norvegese e tre che scrivono in russo. Kurkov, davvero voi ucraini siete diversi dai russi?
«Certo. Basta vedere come abbiamo reagito all’indipendenza del 1991. Orfana del comunismo ogni repubblica sovietica è tornata alla sua matrice originaria. La Russia alla monarchia con Zar Putin. Le Repubbliche dell’Asia Centrale ai Khan che comandano su tribù rivali. L’Ucraina all’anarchia organizzata del suo modello libertario-cosacco. Qui ci sono stati leader eletti dal 1500. In Russia no. Ma il processo di indipendenza non è finito».

Cosa intende?
«Nel ‘91 l’Ucraina era divisa tra Est e Ovest: mentalità collettivista sovietica e mentalità individualista».

Ha ragione Putin allora a reclamare l’Est?
«La Russia ha pagato per mantenere questa divisione. In Crimea, il miglior souvenir erano le foto dei Romanov, in nome della nostalgia zarista. In Donbass una tv molto seguita era Nostalgia che trasmetteva film sovietici con il finale edificante. A Sumy, Kharkiv, Donbass molti vivevano lì con il corpo, ma la mente era in Russia. Consumavano informazione e cultura esclusivamente russa: tv, giornali, libri».

Quindi Putin…
«Putin è un dittatore, i suoi soldati delle locuste che divorano il Paese senza alcun diritto, ma ciò non significa che l’Ucraina sia perfetta. Se vuoi un Paese tranquillo dovresti garantirti 5 spazi coincidenti: geopolitico, monetario, legale, culturale e informativo. Gli spazi culturali e informativi dell’Ucraina sono sempre stati più piccoli di quelli geopolitici. Il Paese non è cementato da un’unica cultura».

Per questo Putin vuole riprendersene una parte.
«Arriva tardi. Dopo il collasso sovietico abbiamo vissuto fasi diverse. Prima il patriottismo etnico, poi il recupero di lingua e storia ucraina e solo negli ultimi 15 anni un patriottismo nazionale per il quale i cittadini si identificano con lo Stato anche se non sono ucraini di lingua o di etnia».

Com’è successo?
«Quando le elezioni del 2004 sono state falsificate, non importava se fossi moldavo, rumeno, polacco, ucraino o russo, ciò che contava era reagire ai brogli. La Rivoluzione arancione è stata il primo passo. Poi la Russia ha completato l’opera invadendo il Donbass nel 2014 e l’Ucraina nel 2022».

L’Ucraina si è formata grazie agli attacchi russi?
«A Sumy o Kharkiv la gente era certamente russofona prima dell’invasione, ma meno collettivista. Erano già stati conquistati dalla mentalità ucraina. Lo si vedeva dall’abbondanza dei piccoli imprenditori in contrasto con le grandi imprese del Donbass. Fra 20 anni probabilmente la mentalità ucraina sarebbe arrivata al confine russo e Mosca non sarebbe stata in grado di dire “andiamo a salvare i nostri cittadini”. La guerra ha accelerato il processo».

Lei non apprezzava Zelensky. Ha cambiato idea?
«Ha scoperto una fantastica vena da attore drammatico e adesso si starà rammaricando di aver perso tempo a fare il comico. Scherzi a parte, sta recitando benissimo la parte che qualcuno gli scrive. Le iperboli che prima ci propinava adesso sono finalmente corrette. Se prima diceva “è un’ingiustizia non essere parte dell’Ue o della Nato”, era palesemente in cattiva fede. La ragione era chiara: non eravamo pronti. Adesso no, ha ragione a dirlo perché se non entriamo nell’Europa sarà la dittatura russa a bussare alle vostre porte».

Quindi dobbiamo ignorare i difetti dell’Ucraina?
«Vanno superati per necessità politica. La corruzione ad esempio: Zelensky deve fare molto. Il Paese deve cambiare. Sei mesi, un anno, Bruxelles deve dare i tempi e Zelensky fare i compiti fino in fondo».

Da dove viene il coraggio degli ucraini?
«Sanno cosa significa stare sotto Mosca. Ci sarebbe censura, spregio dei diritti umani, si finirebbe in galera per un post su Facebook. Russia significa nessuna libertà. Puoi essere libero solo se il tuo Paese è libero».

Di Putin cosa pensa?
«Questa guerra è la sua personale agonia, politicamente è già morto e anche fisicamente sta male. Vorrebbe diventare il rifondatore dell’impero russo. Del presente non gli importa nulla, la Russia può essere distrutta, i russi morire, a lui interessa solo l’eredità storica».

1 luglio 2022 (modifica il 1 luglio 2022 | 22:13)

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, 2022-07-01 20:13:00, Lo scrittore: «Sono ucraino, scrivo in russo. Il nostro coraggio? Deriva dal fatto che sappiamo cosa significa stare sotto Mosca: Russia significa nessuna libertà. Putin è politicamente già morto, e anche fisicamente sta male», Andrea Nicastro

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