Amanda Lear: «Dalí aveva 70 anni e i denti marci, ma tra noi fu incantesimo. Bowie? Iniziò a drogarsi, lo lasciai»

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di Anna Bonalume

Intervista ad Amanda Lear, pittrice, cantante, musa di Dalì, che puntò sulla voce roca e la (finta) ambiguità sessuale per diventare famosa: «Il sesso? Un piacere fugace. E non ho paura della morte. Mitterrand? Prima di incontrarlo mi dissero: “Mutande pulite, non si sa mai”»

Amanda Lear è una delle ultime dive viventi. La sua voce roca ha segnato la storia della musica disco. Conduttrice televisiva in Italia, da quarant’anni vive vicino a Saint-Rémy-de Provence, nel sud della Francia. La donna, che ammette di aver alimentato l’ambiguità sulla sua sessualità per «vendere dischi », restituisce un’immagine senza veli di una società nella quale non si riconosce più.

Perché ci ha dato appuntamento all’Hotel Meurice?

«Ho trascorso la mia infanzia qui, ogni sera venivo in questo bar con Dalí, lui prendeva la sua tisana. Quando ero una studentessa squattrinata alle Belle Arti di Parigi, alloggiavo in un piccolo albergo economico a Saint-Germain-des-Prés, La Louisiane. Poi ho iniziato a cantare, ad avere una carta American Express, e allora mi sono trasferita al terzo piano del Meurice. Salvador Dalí era furioso, mi disse: “Non riesco a dormire se sei nel mio stesso albergo, al piano di sotto, mi dà fastidio”. E io ho risposto: “Sono io che pago! Vado nell’hotel che voglio”».

Lei ha iniziato come studentessa alle Belle Arti. Cosa rappresenta per lei la pittura?

«È stato il mio primo grande amore! Sarò pittrice fino alla morte, non sono una cantante. È la mia terapia, la cosa che mi mantiene in equilibrio. Con la pittura non ho bisogno di andare dallo psicanalista, i miei colleghi vanno tutti dallo psicanalista!»

«IN UN UOMO CERCO LA FEDELTÀ. IMPOSSIBILE, MA MERAVIGLIOSO. SONO STATA MOLTO FORTUNATA NELLA VITA, NON TEMO LA MORTE»

Ha realizzato il suo sogno d’infanzia?

«Il mio sogno era diventare famosa. Forse un assassino, un’attrice di Hollywood, sapevo che un giorno sarei stata una celebrità. Ora mi rendo conto che essere famosi non serve a nulla, se non a rimorchiare gli uomini. Ma questo non basta a pagare l’affitto».

Crede nell’inferno?

«No. Ci siamo già ! Non potrebbe essere peggio, la nostra morte sarà migliore! Ma per il momento è un inferno, una lotta continua per sopravvivere, per essere in salute, per lavorare, per avere soldi. Tutte queste frustrazioni, queste delusioni, sono un inferno!»

Cosa cerca in un uomo?

«La fedeltà. È quasi impossibile, ma è così meraviglioso. E la lealtà. Sono stata molto fortunata nella mia vita, ho incontrato uomini meravigliosi, ma ora la boutique è chiusa. Continua ancora un po’, perché c’è una nuova generazione che è piuttosto gerontofila. A loro piacciono le donne più grandi e questa è una novità. Prima, quando una donna raggiungeva i 40 anni la sua vita era finita, come uno yogurt scaduto. Oggi questa scadenza viene sempre rimandata. Basta guardare Jane Fonda o Tina Turner, tutte donne che hanno superato gli 80 anni, straordinarie. E i giovani scoprono che queste donne gli offrono la loro intelligenza, la loro tenerezza».

Cosa trova negli uomini molto più giovani che la accompagnano?

«Hanno una certa ingenuità, è facile mostrare loro il mondo che li affascina. E forse ho bisogno di questo per convincermi che posso ancora essere utile. Gli americani hanno inventato la parola cougar (tardona ndr ), perché non conoscono i romanzi… Bel-Ami , Chéri, questo è sempre esistito».

«LA STORIA CON DAVID BOWIE? NON AVEVA CULTURA NÉ ISTRUZIONE PERÒ ERA CURIOSO. POI COMINCIÒ A DROGARSI E IO ME NE ANDAI…»

Le voci sulla sua sessualità hanno contribuito al suo successo, lei ha mantenuto il dubbio. Le fake news sono state una manna dal cielo per lei?

«Oggi siamo invasi dalle fake news, ma allora non ce n’erano molte. Quarant’anni fa, la vita sessuale, il “né uomo né donna” erano molto intriganti, si cominciava a scoprire tutto questo, in effetti questo pettegolezzo mi è servito molto. All’epoca tutte le belle ragazze modelle erano cantanti, appena una ragazza era bella poteva lanciare un disco! Quindi non è stato facile smarcarsi. Più si parlava di Amanda Lear, più i giornali uscivano con scoop sulla mia sessualità. L’ho imparato da Salvador Dalí: l’anima del business è la pubblicità!»

Dalí le disse: « La donna pittrice è buona solo a scarabocchiare fiori e bambini che piangono! Nessuna donna ha mai dipinto la Cappella Sistina! » Che cosa le è piaciuto di lui?

«Fisicamente era un bel dibattito. Io uscivo con giovani chitarristi, mentre lui aveva 70 anni e l’alito pesante, i denti marci, eppure non avevo mai incontrato un uomo così affascinante. Mi portò a pranzo al ristorante Lasserre a Parigi. Una volta, alla fine del pasto, recitò una poesia di Garcia Lorca. Nessuno mi aveva mai fatto una cosa del genere! Dimenticavo che fosse vecchio. Non mi ha mai raccontato la stessa storia due volte! Mi parlava del suo tempo, dei surrealisti, di Hitchcock, di Frank Sinatra. Ero sotto il suo incantesimo!»

Perché ha detto che la sua storia con David Bowie è stata un errore?

«È stato un malinteso. Marianne Faithfull me lo presentò a Londra, lui aveva l’influenza. Aveva i capelli rossi, era pallido, i suoi denti non erano granché, ma era affascinante. Mi ha detto che si era innamorato di me e io gli ho risposto: “No, ti sei innamorato della mia foto! “. Mi aveva vista sulla copertina dell’album dei Roxy Music. Era l’immagine della donna dominatrice, l’ideale di Hitchcock, ma io non ero così. Bowie non aveva finito la scuola, non aveva cultura e istruzione, ma io gli parlavo del cinema tedesco, di Fritz Lang, di Metropolis, e lui voleva vedere tutto, comprava libri, avevamo una relazione intellettuale e sessuale. È stato anche il mio primo contatto con il mondo del lavoro, perché mi ha detto: “Amanda, devi cantare!”. Mi ha messa sotto contratto, mi ha pagato le lezioni di canto, di ballo, l’affitto. Ho aspettato due anni e ho chiesto al suo manager: “E io?”. Ma mi rispondeva sempre: “Dopo, dopo…”. Poi Bowie ha incominciato a drogarsi e io me ne sono andata. Gli devo questo primo impulso dell’inizio».

Si capisce che gli incontri con alcune personalità sono stati importanti per la sua carriera…

«Gli incontri con Dalí, Bowie, Fellini, Berlusconi sono stati tutti casuali. Ma la cosa va avanti. L’altro giorno ero al Café de Flore a Parigi e ho visto un uomo seduto da solo, vestito in modo semplice: era Tim Burton. Il destino! Più le persone sono famose e importanti, più sono semplici. Quando ho interpretato Qu’est-il arrivé à Bette Davis et Joan Crawford? con Michel Fau, nel 2021, Brigitte ed Emmanuel Macron sono venuti a vedermi, poi mi hanno invitato a cena, sono stati molto gentili. Oggi, invece, ci sono queste piccole star, le influencer su TikTok, che si vantano tanto».

«INCONTRAI MITTERRAND E CHIESI ALLA SCRITTRICE FRANÇOISE SAGAN COME VESTIRMI. E LEI: “MUTANDE PULITE, NON SI SA MAI”»

Prima di Macron, lei ha incontrato Mitterrand…

«Mi scrisse una lettera per incontrarmi quando Berlusconi lanciò La Cinq in Francia. Non avevo mai incontrato un presidente della Repubblica, non sapevo come vestirmi. Dovevo indossare un abito, un cappello? Ho chiamato Françoise Sagan, che mi ha detto: “Vai come sei. Ricordatati di indossare delle mutande pulite, non si sa mai!”. Mi ritrovo seduta da sola davanti a lui. Parliamo di televisione e di altre cose. Quando me ne sono andata, alcuni giornalisti mi hanno chiesto cosa fosse successo, ma non era successo nulla. Allora mi hanno domandato: “Ma se ti avesse proposto qualcosa?”. E io ho risposto: “In quel caso, si chiudono gli occhi e si pensa alla Repubblica!”».

Lei è stata una pioniera sulle questioni riguardanti la sessualità e la condizione LGBT. Cosa pensa delle evoluzioni della società?

«Stiamo tornando indietro su tutte le conquiste, come l’aborto. Pensavamo di esserci evoluti, ma ora stiamo tornando all’epoca in cui tutto era proibito. Parlo come una vecchia, ma ho conosciuto un’epoca molto libertaria. Non era tutto proibito, non indossavamo nemmeno le cinture di sicurezza in auto, potevamo fumare in aereo, facevamo l’amore e non dovevamo proteggerci, non c’era il terrorismo. Mi dispiace per i giovani, che sono costretti a stare sempre attenti, ad avere paura».

Sono passati cinque anni dal caso Weinstein. Cosa pensa del movimento #MeToo?

«Sono felice che la gente abbia il coraggio di parlarne, perché tutti sapevano quello che accadeva nel mondo dello spettacolo, ma nessuno diceva niente. Ma perché si è aspettato così tanto? Perché una ragazza oggi dice “quarant’anni fa lui mi ha messo le mani sul culo”? Non capisco! Se qualcuno mi mette le mani sul culo, la sera stessa vado dalla polizia! Sono un po’ scioccata che questo emerga dopo così tanti anni, così faticosamente».

Oggi si discute molto della separazione tra sesso e genere. Che cos’è l’identità?

«È semplicemente una parola. Siamo esseri umani. Il genere è un modo per imprigionare le persone in una categoria. Siete eterosessuali, omosessuali, bisessuali, transessuali, non mi interessa. Credo che queste categorie scompariranno, per far posto alla parola “sessuali”. Ma sarà un processo lungo».

Che cos’è il sesso?

«È igiene, come mangiare un buon pasto. È farsi piacere, un piacere fugace. Non ci vedo una dimensione spirituale, o di comunione tra due esseri. L’importante è trascorrere un bel momento e se si può farne a meno, meglio ancora».

Le donne hanno ottenuto un posto migliore nella società?

«Salvador Dalí mi diceva: “Vedrai, tra qualche anno andremo verso una società matriarcale. Le donne domineranno, prenderanno il sopravvento”. Penso che questo possa accadere, ma dobbiamo evitare la vendetta. Oggi ci sono donne aggressive che vorrebbero quasi uccidere gli uomini. Ma l’uguaglianza è ovviamente auspicabile. Le donne possono essere più riflessive e più calme degli uomini quando si tratta di prendere decisioni politiche importanti. Ci sono uomini molto irruenti che iniziano una guerra troppo facilmente».

Cosa ne pensa della nuova primo ministro francese?

«Ha saputo tener testa in Parlamento. I membri di “La France insoumise” e il loro leader Jean-Luc Mélenchon sono stati maleducati, l’hanno attaccata, insultata. Sapevamo benissimo che sarebbe andata così, ma lei è riuscita a non perdere la calma. Non ha reagito come in Italia con un “ vaffanculo”. È difficile per una donna in politica, perché si viene giudicate in base al modo di vestire, all’aspetto. Non si usa lo stesso linguaggio sessista nei confronti degli uomini».

«In Francia ci piace bruciare i nostri idoli », scrive nel suo libro Délires (Le Cherche midi) . Lei è stata bruciata?

«L’essere umano ha bisogno di sminuire gli altri. Guardiamo le star e ci facciamo dei complessi perché sembrano perfette. Per vendicarci, dobbiamo distruggerle. Da un lato ammiriamo queste persone, dall’altro ne siamo gelosi. Siamo contenti di mostrare le foto di Isabelle Adjani e dire “ah però, è ingrassata”… Questo ci rassicura: non esiste un idolo perfetto fino alla morte».

Ha paura della morte?

«No, al contrario. Sono favorevole. Ho realizzato i miei sogni, ho avuto una vita molto bella, ogni mattina ringrazio di essere viva, ringrazio per questo buon cappuccino, ringrazio per aver incontrato una persona interessante. Non so cosa potrei chiedere di più».

Le piacerebbe essere immortale?

«Sarebbe la peggiore delle punizioni».

© Le Point © RIPRODUZIONE RISERVATA

20 agosto 2022 (modifica il 20 agosto 2022 | 14:39)

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, 2022-08-20 12:39:00, Intervista ad Amanda Lear, pittrice, cantante, musa di Dalì, che puntò sulla voce roca e la (finta) ambiguità sessuale per diventare famosa: «Il sesso? Un piacere fugace. E non ho paura della morte. Mitterrand? Prima di incontrarlo mi dissero: “Mutande pulite, non si sa mai”», Anna Bonalume

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