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«Alex non ha ucciso per legittima difesa, non vi è prova di lotta in casa e il padre tentava di fuggire»

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di Simona Lorenzetti

Il pm Aghemo ricorre contro l’assoluzione del ragazzo che uccise il papà per difendere la madre: «Il fratello Loris ha mentito e la Corte d’Assise ha travisato le prove»

«Non vi è prova di una lotta» tra Giuseppe Pompa e il figlio Alex, «ma solo del tentativo» del genitore di sottrarsi «all’aggressione». E «non vi è la prova del fatto che il padre fosse riuscito ad armarsi, ma solo del fatto che fosse riuscito a impossessarsi di uno dei coltelli impugnati» dal ragazzo, «perdendone subito il possesso per l’intervento» dell’altro figlio Loris. Insomma, per il pm Alessandro Aghemo, Alex non ha ucciso per legittima difesa. Nelle 122 pagine dei motivi d’appello, il magistrato sottolinea che i giudici della Corte d’Assise hanno «travisato» le prove, «valutandole in modo erroneo, in modo da offrire una ricostruzione dell’accaduto completamente sganciata da quanto era emerso nel dibattimento, frutto di una rivisitazione del compendio probatorio dominata da una tesi preconcetta d’innocenza dell’imputato».

Il delitto avvenne la sera del 30 aprile 2020 nella casa di famiglia a Collegno. Alex, poco più che maggiorenne, non ha mai negato le proprie responsabilità: «Mio padre voleva ammazzare me, mia madre e mio fratello. C’è stata una colluttazione e sono riuscito a prendere un coltello e mi sa che l’ho ammazzato». La scena del crimine racconterà poi che il genitore è stato colpito con 34 coltellate, 15 alla schiena, inferte con sei diversi coltelli. Al termine di un processo lungo e sofferto, la Corte d’Assise ha assolto il ragazzo (difeso dagli avvocati Claudio Strata e Giancarla Bissattini) spiegando che tra padre e figlio c’è stata una «lotta» nella quale «entrambi erano armati di coltello». «Ogni diversa conclusione — chiosava la Corte — si fonda sulla pretesa (davvero inaccettabile) che Alex restasse immobile in attesa di scoprire se il padre avrebbe davvero messo in atto le sue dichiarate intenzioni di macellare moglie e figli».

Per il pm le prove raccontano un’altra storia. Quella sera Giuseppe è senza dubbio furioso, come lo era stato in tante altre occasioni. Ossessionato dalla gelosia, aggredisce verbalmente la moglie non appena rientra a casa dal lavoro. Dopo cena la situazione degenera. Secondo il pm, le testimonianze della mamma e del fratello maggiore — unici testimoni — sono discordanti: le risposte offerte in aula sono «sintomatiche della conoscenza degli atti processuali» e depongono per «la lora scarsa genuinità». In particolare, la narrazione di Loris è segnata «da omissioni, falsità e reticenze», comportamento dettato anche dal «timore di conseguenze penali».

In aula madre e figlio avrebbero cercato di enfatizzare gli eccessi verbali del padre, anche usando espressioni come «serata infernale» e riferendosi all’uomo come a «un diavolo». Ma soprattutto non vi è prova alcuna — secondo la Procura — che Giuseppe «si stesse dirigendo in cucina per prendere un coltello», mentre sarebbe del tutto evidente la volontà dell’uomo di uscire di casa: «Venite giù», urlava ai figli come loro stessi hanno raccontato. E in egual modo non sarebbe stata provata una lotta intorno al tavolo della cucina, circostanza per altro «mai riferita» dai protagonisti. Piuttosto, la vittima cerca «di fuggire» e «offre la schiena all’aggressore» — che lo colpisce con 15 coltellate —, «trovandosi in una situazione di vulnerabilità».

Infine: «Non è stato chiarito perché Giuseppe Pompa non abbia parato i colpi, né abbia tentato di rifugiarsi in un’altra stanza. In ogni caso, se non l’ha fatto è perché gli è stato in qualche modo impedito, a meno di ritenere che stesse attendendo inerme la sua morte».

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5 aprile 2022 (modifica il 5 aprile 2022 | 14:23)

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, 2022-04-05 12:23:00, Il pm Aghemo ricorre contro l’assoluzione del ragazzo che uccise il papà per difendere la madre: «Il fratello Loris ha mentito e la Corte d’Assise ha travisato le prove» , Simona Lorenzetti

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