Abbiamo presentato denuncia contro la mamma che su Tiktok ha offeso i docenti, ecco perché. Educhiamo anche i genitori alluso dei nuovi media. INTERVISTA a Salvo Amato

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I be mad for plug-ins, because they are glamorous!,

Non accenna a placarsi la polemica sulla vicenda della mamma Emma che ha divulgato un video su Tiktok attaccando i docenti ed utilizzando un linguaggio “colorito” per i troppi compiti assegnati al figlio.

Un video che ha scatenato un animato dibattito sulla questione “compiti”, ma che ha aperto anche una profonda ferita tra la mamma e la categoria dei docenti. Ricordiamo che la mamma si è scusata in pubblico, partecipando ad una trasmissione televisiva, ma ciò non ha placato l’ira di alcune associazioni di docenti, tra queste “Professione insegnanti” che ha presentato querela. Ne abbiamo parlato con Salvo Amato, in rappresentanza degli iscritti.

Avete presentato denuncia? La mamma ha divulgato un video smentendo questa notizia

Sì, l’abbiamo presentata ieri.

Mi spieghi il motivo di questa scelta?

La scelta è stata dettata dalle frasi offensive rivolte alla categoria dei docenti, erano offese pubbliche e noi come associazione di categoria abbiamo l’obiettivo di tutelarla.

La mamma, però, si è scusata pubblicamente. Ha partecipato anche ad una trasmissione televisiva per farlo

Mi dispiace, ma non ci è bastato. Voglio dire qualcosa che può sembrare pretestuosa: perché non ha usato lo stesso canale? Perché non si è scusata con un video su Tiktok? Invece è andata in televisione per fare mostra di sé. Ci sono dei luoghi opportuni, quando verrà chiamata in tribunale magari si scuserà lì

Secondo te quindi lo ha fatto per aumentare la propria popolarità, più che per una vera necessità di scusarsi?

Se ci fosse stato un insegnante lì, in quella trasmissione, a ricevere le scuse forse le avremmo accettate. Così è stata una cosa senza confronto, una passerella.

Eppure da insegnanti siamo abituati a “passare” sulle marachelle dei nostri studenti, magari dopo aver ricevuto le scuse ed aver appurato che si sono resi coscienti dell’errore. Perché nel caso di una mamma è diverso?

Le modalità usate non sono tipiche delle scuse, ribadisco. Lì non c’era un faccia a faccia, era messa a riflettere con se stessa. Inoltre, ha ripreso a fare i suoi video, inveendo contro i giornali. Evidentemente è abituata ad esprimersi in quel modo. Come insegnanti abbiamo e dobbiamo avere pazienza, ma io ritengo che ogni tanto qualche reazione sia doverosa per evitare che questi episodi si ripetano. Il problema è che ogni giorno c’è qualcosa da dire contro gli insegnanti e non ci sono reazioni, ognuno continua.

Da chi ti aspettavi delle reazioni?

Da chi dovrebbe difendere la nostra categoria: il comunicato di un segretario di sindacato, il Ministro che due mesi fa ha detto che gli insegnanti saranno difesi dall’Avvocatura dello Stato. A volte bastano le parole di qualcuno di spessore, autorevole, per avere il giusto risalto mediatico.

Quello che mi ha più dato da pensare in tutta questa faccenda è stata la modalità di reazione scelta davanti ad una frustrazione: mio figlio piange per i compiti, impugno il cellulare e registro un video per un social. Avrebbe potuto fare mille altre scelte.

Ho cercato di immaginare questa mamma di fronte al Preside e alla maestra, che dice le stesse cose in presidenza, con gli stessi toni. Sono convinto al cento percento che non sarebbe accaduto.

Perché? Forse dovrei chiederlo ad un sociologo o psicologo, ma so che ti sei iscritto, nonostante la tua laurea in Informatica e sei docente ormai da anni, in Scienze della comunicazione. Magari puoi aiutarmi a capire.

Probabilmente di fronte ad una videocamera, senza guardare in faccia l’interlocutore, prendiamo coraggio e diventiamo incoscienti. Riteniamo di poter dire qualsiasi cosa, offendendo chiunque e rimanere impuniti. La mamma sicuramente non immaginava una reazione da parte degli insegnanti e avere un effetto boomerang: guarda come sono capace di lamentarmi, senza avere un riscontro negativo.

Da genitore, come hai vissuto la scelta di girare il video davanti al figlio?

Credo opportuno ricordare alla mamma che a mio modo di vedere non è stata un esempio per il figlio. Galimberti ha detto che i genitori sono diventati i sindacalisti dei figli, la mamma non ha dato un buon esempio per linguaggio e modalità: chi ha la voce più grossa ha la meglio.

Voce grossa e sparata attraverso un mezzo di comunicazione che ha fatto da amplificatore …

Sì, se l’avesse fatto nelle quattro mura di una dirigenza e poi si fosse scusata sarebbe finito lì. Ha liberato qualcosa che le è sfuggito di mano. Il video però non ritorna più nel suo cellulare.

Ci sforziamo tanto in classe di educare all’utilizzo dei nuovi media. Di mettere in guardia sui fenomeni di cyberbullismo, fenomeni quali challenge etc. Poi tornano a casa e …

Trovano la mamma che fa diversamente. La famiglia è importante, non potrai dire a tuo figlio nei prossimi anni di non usare il cellulare per fare attività di questo tipo, perché tu sei la prima che lo ha fatto.

Ieri pomeriggio ho iniziato un corso di cittadinanza digitale nel quale tutte queste cose ci entrano e si mescolano. Dalla ricerca della fonte e tutto ciò che è la “bulimia dell’informazione” e l’uso che ne facciamo. Quanto successo può essere sicuramente usato come esempio negativo di come utilizzare questi strumenti, e non riteniamo corretto, come associazione, far passare il messaggi che si può rimanere impuniti.

Ci troviamo davanti a messaggi contrastanti, forse bisognerebbe educare insieme sia figli che genitori all’uso dei social, per dare voce univoca.

Il vero problema è che viviamo in società in cui il tempo sfugge di mano e i ragazzini sono abbandonati a se stessi e all’uso distorto di questi strumenti. Figuriamoci se la scuola può essere in grado di coinvolgere le famiglie. Sarebbe una bella cosa, ci sono iniziative in ambito della Comunità europea, soprattutto per le aree a rischio. Ci sono azioni che puntano a coinvolgere genitori e figli insieme per stabilire un meccanismo di comunicazione virtuoso, ma mi risulta che non vengono adeguatamente accolte dalle famiglie.

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