A Pioli rubata la medaglia della vittoria. La Lega:  «Te la ridiamo di nuovo»  E si commuove per il papà

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L’allenatore del Milan si è visto rubare la medaglia durante la festa. L’appello: «Ridatemela, è l’unica che ho». La dedica dello scudetto al papà Pasquino, che non c’è più

DAL NOSTRO INVIATO

REGGIO EMILIA — Quando Stefano Pioli ha lasciato la Fiorentina, il 9 aprile del 2019, era convinto che la sua esperienza nel calcio italiano fosse arrivata ai titoli di coda. «Mi vedo all’estero», aveva detto in famiglia e agli amici più fidati. Aveva già guidato, con alterne fortune, Bologna. Lazio e Inter.

Il Milan è il regalo della vita, e del calcio, a un allenatore che ha avuto meno di quanto meritasse.

Di Stefano hanno detto: è bravo, ma non un vincente. Ora – dopo lo scudetto – tutto si ribalta.

Nel pomeriggio appiccicoso del Mapei Stadium, a trentotto chilometri da Parma, casa sua, Pioli si è preso il primo scudetto della sua vita festeggiato con un bagno di folla in mezzo al prato. «Il giorno più bello. Ringrazio il mio staff, i giocatori che mi hanno dato tutto e i nostri tifosi. Hanno detto che eravamo più forti con gli stadi vuoti e invece con la gente siamo migliori», dice con gli occhi lucidi e la voce ferma. Pioli è «on fire», il fuoco che brucia, il motivetto che fa impazzire i milanisti.

E l’allenatore, dopo aver travolto il Sassuolo, balla al ritmo dei cori e non si sottrae all’abbraccio soffocante del suo popolo, che invade il campo prima e dopo la premiazione.

Anche se nella calca succede un fatto spiacevole. «Mi hanno strappato la medaglia, è la prima che ho vinto e chiedo a chi l’ha presa di farmela riavere».

Pioli da quando il calcio ha ripreso dopo la pandemia non ha sbagliato niente, superando limiti che sembravano invalicabili, respingendo il fantasma di Rangnick e, da buon ciclista dilettante, scalando montagne sempre più alte. L’anno scorso è salito sino al secondo posto dietro l’Inter, consentendo al Diavolo di ritrovare la Champions dopo sette anni. Adesso è arrivato lo scudetto della rivincita contro chi lo aveva esonerato.

«Se non lo avessimo vinto per l’errore contro lo Spezia sarebbe stata dura da accettare. Per fortuna è andata diversamente. I momenti chiave sono stati le vittorie nel derby e all’Olimpico contro la Lazio e i tanti discorsi motivazionali di Ibrahimovic e Kjaer».

Un capolavoro tattico e psicologico. Pioli si merita questo trionfo. Alla Fiorentina aveva tenuto in piedi la squadra distrutta dal dolore per la morte di Astori, a cui l’allenatore ha dedicato uno dei suoi primi pensieri. «Quell’esperienza terribile mi ha reso migliore. Ma se ho vinto è perché mai mi sono sentito bene come al Milan. Qui mi sento apprezzato, una condizione che mi ha permesso di dare tutto e farmi dare tutto dalla squadra».

La dedica di questo capolavoro è per il papà Pasquino che non c’è più ed è un altro momento toccante della prima conferenza con lo scudetto sul petto, sussurrata più che urlata.

Al Milan non ha sbagliato niente, perfetta la sintonia con Maldini e Massara. Ibra ha dato autorevolezza, ma l’allenatore ci ha messo tutto il resto. Perché è innegabile che Inter e Napoli, ma anche la Juventus, abbiano una rosa migliore.

Nessuno però è forte come il Diavolo nella consapevolezza e nella qualità del gioco. «Fuori non ci siamo mai sbilanciati, ma a Milanello la parola scudetto l’abbiamo pronunciata sin dal primo giorno. Sono stati bravi i dirigenti a fare un mix tra giovani e esperti. Prendete Maignan, è un fenomeno…». Una squadra liquida, mai con la stessa faccia. Kessie trequartista a Empoli, tanto per fare un esempio, Tonali incursore a Verona e contro l’Atalanta, ultime trappole sulla strada del successo. Ma anche i terzini che diventano ali, i mediani che si dispongono in verticale uno davanti all’altro, l’invenzione di Kalulu centrale di difesa quando il mercato non ha portato il sostituto di Kjaer. Mosse vincenti, studiate, provate e perfezionate nel laboratorio di Milanello. Il campionato non lo ha vinto la squadra più forte, ma la migliore.

E, oltre lo scudetto, Pioli si è preso la soddisfazione di mettersi dietro grandi allenatori del passato. Solo Capello ha una media migliore. Stefano è davanti a Sacchi, Rocco, Ancelotti e Allegri, l’ultimo a vincere 11 anni fa. «Mi fa un certo effetto essere entrato nella storia. Ma so che gli esami nel calcio non finiscono mai: dal 4 luglio, quando ricominceremo, dovrò di nuovo dimostrare tutto».

Prima del suo avvento il Milan sembrava allo sbando. Ora può aprire un ciclo vincente. «L’anno prossimo in Champions da testa di serie il Milan avrà un altro impatto. Ma sono certo che anche in questa stagione, se l’avessimo affrontata qualche mese dopo, le cose sarebbero andate diversamente».

Niente è impossibile. E nessuno meglio di Pioli lo sa.

22 maggio 2022 (modifica il 22 maggio 2022 | 23:33)

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, 2022-05-23 00:05:00, L’allenatore del Milan si è visto rubare la medaglia durante la festa. L’appello: «Ridatemela, è l’unica che ho». La dedica dello scudetto al papà Pasquino, che non c’è più, Alessandro Bocci

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