Lockdown, prof non licenziabili

Lockdown, prof non licenziabili

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La misura approvata al senato a tutela anche degli Ata assunti contro l’emergenza Covid

Marco Nobilio su Italia Oggi del 06/10/2020

I docenti e gli Ata anti-Covid non saranno licenziati in caso di lockdown: se le scuole chiuderanno, lavoreranno a distanza. E le valutazioni degli alunni di scuola primaria saranno espresse con giudizi descrittivi sia nella fase intermedia che nella fase finale. Lo prevede l’emendamento 32.9 (testo 2), prima firmataria Loredana De Petris, senatrice di Liberi e Uguali, approvato la settimana scorsa durante l’esame in senato della legge di conversione del decreto agosto.

L’emendamento sana la questione del licenziamento per giusta causa in caso di lockdown previsto per i docenti e gli Ata anti-Covid, che i dirigenti scolastici stanno assumendo per fare fronte all’emergenza sanitaria in atto. Tale previsione, peraltro, non è contenuta nel decreto agosto, ma nell’articolo 231-bis del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, al quale è stata data attuazione con l’ordinanza 83/2020 (si veda l’articolo 3, comma 2). Il testo attualmente vigente dell’articolo 231-bis dispone che: «In caso di sospensione dell’attività in presenza, i relativi contratti di lavoro si intendono risolti per giusta causa, senza diritto ad alcun indennizzo». L’emendamento approvato dal senato prevede, invece, la sostituzione di questa norma con la seguente: « In caso di sospensione delle attività didattiche in presenza a seguito dell’emergenza epidemiologica il personale di cui al periodo precedente assicura le prestazioni con le modalità del lavoro agile».

L’emendamento integra anche un’altra norma, l’articolo 32 del decreto agosto, il quale prevede l’esclusione dei docenti e degli Ata dall’applicazione delle norme sul lavoro agile. Tale esclusione si applicherà« tranne che nei casi di sospensione delle attività didattiche in presenza a seguito dell’emergenza epidemiologica». L’emendamento rimuove un vero e proprio errore contenuto nell’articolo 231-bis.

La giusta causa di licenziamento, infatti, secondo l’insegnamento della Suprema corte, costituisce la più grave delle sanzioni applicabili al lavoratore e può considerarsi legittimo solo quando la mancanza di cui il dipendente si è reso responsabile rivesta una gravità tale che qualsiasi altra sanzione risulti insufficiente a tutelare l’interesse del datore di lavoro (Cassazione 27/10/95 n. 11163, pres. Pontrandolfi, est. Giannantonio). Vale a dire nei casi in cui la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro avviene all’esito di un procedimento disciplinare. E cioè quando l’inadempimento degli obblighi di fonte contrattuale in capo al docente sono talmente gravi da far cessare totalmente e senza rimedio il necessario rapporto fiduciario tra l’amministrazione e il docente interessato. Situazione che si verifica, sempre secondo la Cassazione, solo nel caso in cui i fatti di cui si sia reso colpevole il docente risultino connotati «per il loro grave disvalore disciplinare morale e sociale» (sentenza n. 209 del 9/1/2017).

Va detto, inoltre, che il licenziamento per giusta causa preclude al licenziato anche la possibilità di stipulare ulteriori contratti di lavoro con la pubblica amministrazione, proprio in forza della cessazione del rapporto fiduciario. Caso limite: l’insegnante pedofilo condannato in via definitiva per violenza sessuale su alunni. Tant’è che le domande di partecipazione ai concorsi e, da ultimo, di inclusione nelle Gps, recano, quale requisito indefettibile dell’istante, la previa dichiarazione «di non essere stato licenziato per giusta causa o giustificato motivo soggettivo ovvero di non essere incorso nella sanzione disciplinare dell’esclusione definitiva dall’insegnamento».

Resta il fatto, però, che l’ordinanza 83/2020 dispone l’obbligo di apporre al contratto individuale di lavoro del lavoratore anti-Covid una clausola risolutiva espressa che prevede il licenziamento per giusta causa in caso di lockdown. E fino a quando la legge di conversione non sarà approvata in via definitiva e pubblicata in Gazzetta Ufficiale, le vecchie norme rimarranno in vigore.

In via meramente astratta sarebbe anche possibile che la camera non approvi la legge di conversione nello stesso testo approvato dal senato. Ma in genere ciò non avviene. La prassi, specie per i disegni di legge di conversione dei decreti -legge, prevede che le modifiche possano essere apportate solo da senato in prima lettura. Ciò perché la ristrettezza dei tempi di approvazione non consentirebbe una seconda lettura da parte del senato in caso di modifiche apportate dalla camera.

L’emendamento estende anche alla valutazione intermedia nelle scuole elementari l’obbligo di sostituire il voto numerico con il giudizio descrittivo.

La legge 41/2020 ha previsto l’abolizione del voto numerico nella scuola primaria, ma l’intervento della norma è circoscritto alla valutazione finale degli alunni, questo introduceva il rischio di un impianto normativo a doppia modalità. L’emendamento approvato elimina questa disomogeneità.

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