Le «buone pratiche» che rinforzano il sistema

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mezzogiorno di fuoco Mezzogiorno, 25 settembre 2022 – 08:51 di Goffredo Fofi Diciamolo: a Nord come a Sud, e a Sud con più necessità viste le maggiori carenze istituzionali, le «buone pratiche», quelle di tutti noi che cerchiamo di tenere in piedi iniziative e organizzazioni, gruppi e associazioni che si occupino del prossimo in difficoltà, o che propongano attività culturali diverse e secondo diversi interessi e convenzioni, latamente o strettamente pedagogiche o semplicemente corporative, e perfino economiche, servono soltanto a tenere in piedi un sistema socialmente classista, malato, bacato. Lo Stato nuovo nato dalla fine dello Stato sociale, la logica delle privatizzazioni, l’avidità nuova e più esplicita e brutale di chi ha in mano il bandolo della matassa, cioè finanza e banche, i potenti e padroni della nuova economia e dei vecchi e nuovi e nuovissimi punti di forza del potere e della gestione del potere, ha bisogno di chi tiene «buoni» i poveri gli emarginati gli insoddisfatti i giovani gli irrequieti. Le «buone pratiche» servono al sistema economico e culturale del dominio, servono al dominio dei pochi sui milioni, su di noi. È ovvio che (parlo da attivo nelle «buone pratiche»), si devono assolutamente rispettare e anche ammirare coloro che alle «buone pratiche» si dedicano – in termini antichi: all’amore del prossimo e a una vocazione al servizio dei più deboli e dei più indifesi. Ma è anche ovvio, come già tanti anni fa ci ricordava il cattolicissimo MoVi, che non si può e non si deve accettare di vedere le buone pratiche come qualcosa di utile a un sistema di potere che emargina ed esclude. E oggi, dunque, in assenza di una sinistra degna di questo nome e di una politica tesa ad eliminare le discriminazioni e le distanze tra chi ha e chi non ha (o perfino tra chi è e conta e chi non riesce neanche decentemente a essere, figuriamoci a contare!), le buone pratiche – in sé lodevoli e necessarie e perfino, diciamo, giuste e sante – non solo non bastano, ma sono di fatto utili e perfino essenziali alla conservazione di un sistema di potere che vede allargarsi e non a restringersi la distanza tra l’avere e non avere, e dunque tra l’essere e non essere… Le distanze sono destinate ancora a crescere, credo, dopo queste elezioni, e toccherebbe insomma a quelli delle buone pratiche ragionare sui risultati allargando alla politica il loro intervento. Per i presunti «buoni» che crediamo di essere noi delle «buone pratiche» è arrivato il tempo di scelte più sensate e più forti. A tempi nuovi servono nuove analisi e nuove idee, nuove organizzazioni, e insomma una nuova scienza della «polis» e dell’azione positiva dentro la «polis»). . La newsletter del Corriere del MezzogiornoSe vuoi restare aggiornato sulle notizie della Campania iscriviti gratis alla newsletter del Corriere del Mezzogiorno. Arriva tutti i giorni direttamente nella tua casella di posta alle 12. Basta cliccare qui. 25 settembre 2022 | 08:51 © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-09-25 06:52:00, mezzogiorno di fuoco Mezzogiorno, 25 settembre 2022 – 08:51 di Goffredo Fofi Diciamolo: a Nord come a Sud, e a Sud con più necessità viste le maggiori carenze istituzionali, le «buone pratiche», quelle di tutti noi che cerchiamo di tenere in piedi iniziative e organizzazioni, gruppi e associazioni che si occupino del prossimo in difficoltà, o che propongano attività culturali diverse e secondo diversi interessi e convenzioni, latamente o strettamente pedagogiche o semplicemente corporative, e perfino economiche, servono soltanto a tenere in piedi un sistema socialmente classista, malato, bacato. Lo Stato nuovo nato dalla fine dello Stato sociale, la logica delle privatizzazioni, l’avidità nuova e più esplicita e brutale di chi ha in mano il bandolo della matassa, cioè finanza e banche, i potenti e padroni della nuova economia e dei vecchi e nuovi e nuovissimi punti di forza del potere e della gestione del potere, ha bisogno di chi tiene «buoni» i poveri gli emarginati gli insoddisfatti i giovani gli irrequieti. Le «buone pratiche» servono al sistema economico e culturale del dominio, servono al dominio dei pochi sui milioni, su di noi. È ovvio che (parlo da attivo nelle «buone pratiche»), si devono assolutamente rispettare e anche ammirare coloro che alle «buone pratiche» si dedicano – in termini antichi: all’amore del prossimo e a una vocazione al servizio dei più deboli e dei più indifesi. Ma è anche ovvio, come già tanti anni fa ci ricordava il cattolicissimo MoVi, che non si può e non si deve accettare di vedere le buone pratiche come qualcosa di utile a un sistema di potere che emargina ed esclude. E oggi, dunque, in assenza di una sinistra degna di questo nome e di una politica tesa ad eliminare le discriminazioni e le distanze tra chi ha e chi non ha (o perfino tra chi è e conta e chi non riesce neanche decentemente a essere, figuriamoci a contare!), le buone pratiche – in sé lodevoli e necessarie e perfino, diciamo, giuste e sante – non solo non bastano, ma sono di fatto utili e perfino essenziali alla conservazione di un sistema di potere che vede allargarsi e non a restringersi la distanza tra l’avere e non avere, e dunque tra l’essere e non essere… Le distanze sono destinate ancora a crescere, credo, dopo queste elezioni, e toccherebbe insomma a quelli delle buone pratiche ragionare sui risultati allargando alla politica il loro intervento. Per i presunti «buoni» che crediamo di essere noi delle «buone pratiche» è arrivato il tempo di scelte più sensate e più forti. A tempi nuovi servono nuove analisi e nuove idee, nuove organizzazioni, e insomma una nuova scienza della «polis» e dell’azione positiva dentro la «polis»). . La newsletter del Corriere del MezzogiornoSe vuoi restare aggiornato sulle notizie della Campania iscriviti gratis alla newsletter del Corriere del Mezzogiorno. Arriva tutti i giorni direttamente nella tua casella di posta alle 12. Basta cliccare qui. 25 settembre 2022 | 08:51 © RIPRODUZIONE RISERVATA ,

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